giovedì 24 gennaio 2019

Franco CFA, neocolonialismo, e dinaro oro di Gheddafi: le vere ragioni della guerra in Libia?






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Franco CFA

Sebbene se ne parlasse da anni (si vedano per esempio gli articoli di Nicoletta Forcheri[1] e l’intervista di Byoblu a Mohamed Konare[2]), solo in questi giorni la questione del franco CFA (cioè la moneta di scambio che nelle ex colonie francesi viene impiegata in circa l’80% degli affari) ha monopolizzato i media mainstream e il web dividendo, come al solito, l’opinione pubblica in due fazioni.
Gli interventi televisivi del vicepremier Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Giorgia Meloni hanno fatto scoppiare un vero e proprio caso diplomatico con la Francia.
Come ha fatto notare la Meloni, però, mancava un tassello importante per chiarire meglio i retroscena sul neocolonialismo francese, ossia la campagna contro la Libia e l’uccisione di Gheddafi di cui parlavo già nel 2012 in Governo Globale[3] (tematica in Italia trattata anche da altri giornalisti e ricercatori, tra cui Marcello Pamio[4] e Paolo Sensini nei libri Libia. Da colonia italiana a colonia globale e Libia da colonia italiana a colonia globale).

Le vere ragioni della guerra in Libia

Soldi, potere, energia: sarebbe state queste le vere ragioni che hanno mosso l’Occidente a dichiarare guerra a Gheddafi, dando inizio a un disastro che ha trascinato nel caos la Libia e fatto esplodere il problema dell’immigrazione. In un’intervista concessa a Laurent Valdiguié e pubblicata sul «Journal du Dimanche», Gheddafi aveva profetizzato che, in caso di crollo del suo regime, la Libia sarebbe implosa e i migranti avrebbero invaso l’Europa[5].
Il Colonnello si era illuso di poter attuare una riforma, che avrebbe avuto degli effetti devastanti sull’economia statunitense ed europea. Il suo atto di hýbris doveva essere talmente grave da fare dimenticare la collaborazione con gli altri Paesi europei, Francia in primis.

Francia e Gheddafi: prima armato, poi scaricato

Primo Paese occidentale ad accogliere il leader libico, la Francia aveva onorato l’evento con ricevimenti ufficiali e ben due incontri a tu per tu con Sarkozy, all’epoca deciso a diventare il «principale sponsor del ritorno della Libia nel novero dei Paesi frequentabili e a far approfittare le imprese francesi dei rapporti privilegiati instaurati con Tripoli»[6].
In Italia, abbiamo fatto un gran parlare della “personalizzazione” del rapporto tra Berlusconi e Gheddafi, ma ci siamo dimenticati della tenda beduina personale di Gheddafi installata nel giardino dell’Hotel de Marigny, della residenza degli ospiti d’onore dell’Eliseo, dei dispositivi di sicurezza eccezionali, della visita privata a Versailles, della battuta di caccia.
Ci siamo dimenticati, in particolare, dell’accordo da 10 miliardi di euro, stipulato per la «cooperazione nel settore dell’energia nucleare a uso civile», ma soprattutto per i negoziati esclusivi con la Francia per l’acquisto di equipaggiamento militare: l’acquisto dalla Francia di 14 caccia Rafale e 35 elicotteri da combattimento francese, per un valore di 5,4 miliardi di euro; per non parlare dell’acquisto di 21 aerei di linea della Airbus, per altri 3,2 miliardi di euro.
La Francia prima ha armato Gheddafi e poi lo ha scaricato (sul presunto finanziamento in nero di Gheddafi di 50 milioni di euro alla prima campagna presidenziale di Sarkozy si veda l’inchiesta di Mediapart[7]). Perché?

Il dinaro oro e le rivelazioni di Sidney Blumenthal

Gheddafi aveva proposto di creare una moneta unica africana, il dinaro oro, in sostituzione del franco CFA di cui si sta parlando tanto in questi giorni.
Il dinaro oro sarebbe stato una moneta dal valore indicato dalla quantità d’oro, non legata a un ipotetico valore come le banconote. La sua introduzione avrebbe riscritto l’assetto monetario del continente africano scalzando progressivamente il franco CFA e danneggiando pesantemente gli interessi di Parigi.
Grazie al Foia (Freedom Of Information Act) parte della corrispondenza dell’allora Segretario di Stato Hillary Clinton è stata pubblicata sul sito del Dipartimento di Stato. La mail del 4 aprile 2011 inviata da Sidney Blumenthal[8], dirigente della Clinton Foundation e storico consigliere dei Clinton, alla Clinton conferma  infatti quanto scritto finora sul dinaro oro[9]:
Francia e Inghilterra hanno voluto la guerra per mettere le mani sul mercato libico ed estromettere l’Italia, sino ad allora partner privilegiato.
Nella mail in particolare viene riferito che Sarkozy intendeva aumentare la propria influenza in Nord-Africa e porre fine ai piani di Gheddafi di sostituirsi alla Francia come potenza dominante nell’Africa francofona[10]. Blumenthal riassume come segue le motivazioni di Sarkozy dietro l’intervento in Libia:
  1. ottenere una quota maggiore della produzione di petrolio della Libia (a danno dell’Italia)
  2. aumentare l’influenza della Francia in Nord Africa
  3. migliorare la posizione politica interna di Sarkozy
  4. rilanciare la posizione di potenza mondiale della Francia.
  5. rispondere alla preoccupazione dei suoi consiglieri circa i piani di Gheddafi per soppiantare la Francia come potenza dominante nell’Africa francofona[11].

In conclusione…

Il dinaro oro avrebbe rischiato di mettere al bando e di svalutare il dollaro americano e l’euro, divenendo la moneta più apprezzata nel mondo africano e arabo per gli scambi commerciali[12].
Nel progetto del Colonnello c’era anche l’idea di utilizzare la nuova valuta per i pagamenti delle risorse energetiche, prima tra tutte il petrolio. In sintesi, il dinaro oro avrebbe sovvertito gli interessi francesi e globali… E ciò, evidentemente, non poteva essere concesso.

Andate a rileggere la storia: Tutti i leader africani contrari al franco coloniale sono stati destituiti o ammazzati… Proprio non vi rendete conto che c’è qualcosa che non quadra…? …Forse Di Maio e Di Battista non sono proprio due cretini…

“Gli ‘esperti’ dicono che le 15 ex colonie francesi abbiano liberamente scelto di aderire al Franco CFA perché ne traggono vantaggio e, soprattutto, che possano uscirne in qualsiasi momento. Eppure…
– 1963: Sylvanus Olympio, primo presidente eletto del Togo, si rifiutò di sottoscrivere il patto monetario con la Francia. Il 10 gennaio 1963 ordinò di iniziare a stampare una moneta nazionale e tre giorni dopo fu rovesciato e assassinato in un golpe condotto da ex militari dell’esercito coloniale francese.
– 1968: Modioba Keita, primo presidente della repubblica del Mali, annunciò l’uscita dal franco coloniale CFA denunciandolo come trappola economica per il suo Paese, rimase vittima di un colpo di Stato, guidato anche qui da un ex legionario francese”.
Così il deputato M5S e sottosegretario agli Affari Esteri Manlio Di Stefano in un post pubblicato sulla sua pagina Facebook.
A Olympio e Keita si aggiungono i seguenti leader:
“- 1987: l’eroe panafricanista Thomas Sankara, primo presidente del Burkina Faso indipendente, venne ucciso in un golpe sostenuto dalla Francia dopo aver proclamato la necessità di liberarsi dal gioco neocoloniale del franco CFA.
– 2011: il presidente della Costa d’Avorio, Laurent Gbagbo, propose di salvare l’economia del Paese abbandonando il franco FCA in favore del Mir, Moneta ivoriana di resistenza: pochi mesi dopo la Francia bombardò il palazzo presidenziale e le forze speciali francesi fecero prigioniero Gbagbo.
– 2011: Muhammar Gheddafi progettava di rimpiazzare il franco CFA con una nuova valuta pan-africana basata sul dinaro libico e sostenuta dalle ingenti riserve auree di Tripoli. La Libia viene bombardata dalla Francia e Gheddafi ucciso. Una e-mail del 2 aprile 2011 ricevuta dall’allora segretario di Stato americano Hillary Clinton da un suo stretto collaboratore spiegava che questa era la motivazione principale dell’attacco militare francese”.
“Traete voi le dovute conclusioni,”


In Africa c’è una polveriera che tutti sottovalutano. In Europa c’è un paese, quello di Macron, che tutti sopravvalutano. Laggiù 14 ex colonie costrette alla fame e all’analfabetismo; quassù l’arroganza della grandeur francese che sfrutta i popoli per rapinarne le materie prime a basso costo.
Benvenuti sulla terra e sgranate gli occhi. Nel terzo millennio c’è ancora il colonialismo. Lo strumento è una moneta, il franco CFA, e oggi alle 17 sarà utile sentire con le proprie orecchie presso la sala del Refettorio della Camera, in via del Seminario, come Giorgia Meloni svergognerà Emanuel Macron: il razzismo sta a Parigi.
14 paesi – Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau, Mali, Niger, Senegal, Togo, Camerun, Ciad, Gabon, Guinea Equatoriale, Repubblica Centrafricana e Repubblica del Congo – sono soggiogati dalla moneta imposta dalla Francia. Che pratica il signoraggio.
Oro e diamanti, petrolio e gas, uranio e cobalto, cotone e rame, piombo e carbone e tante altre materie prime vengono esportate: il 50 per cento della produzione viene intascato da Parigi. Le classi dirigenti locali fanno affari con i francesi e i loro popoli muoiono di fame.
Giovanbattista Fazzolari, senatore di Fratelli d’Italia e presidente della sezione Africa occidentale dell’Unione Interparlamentare, ha scavato a fondo e oggi se ne parlerà direttamente con i rappresentanti dei movimenti panafricanisti che vogliono liberarsi della schiavitu’. L’ultimo che ci provò si chiamava Gheddafi, voleva la moneta panafricana, fu fatto fuori con quella guerra partita dall’Eliseo.
Ai confini dell’area del franco CFA ci sono Ghana e Nigeria, ex colonie inglesi, che ovviamente non ce l’hanno. Hanno il Pil nettamente superiore, mentre il tasso di analfabetismo è devastante nelle ex colonie francesi.
Recentemente anche i grillini ne hanno parlato ma per cinque minuti in tv. Con superficialità. Chi intende dare battaglia vera è proprio Giorgia Meloni, che vuole denunciare Macron per come sfrutta gli africani mentre il mondo tace.
Fratelli d’Italia è stato il primo partito in assoluto a denunciare il meccanismo con cui la Francia umilia l’Africa. Ed è assurdo e inaccettabile che una nazione della UE continui a battere per proprio conto moneta in giro per il mondo, soprattutto se questa pratica provoca immigrazione di giovani africani verso il Continente. Anche perché l’Italia è la nazione maggiormente esposta a questi flussi migratori, e in più di una occasione il Capo di Stato francese si è persino permesso il lusso di bacchettarci ogni qualvolta il Governo ha preso posizioni contro l’immigrazione, come quella di chiudere i porti alle navi delle Ong cariche di giovanotti provenienti dal Continente Nero.
Macron si è spinto a fare la morale al Governo italiano (arrivando a definirlo addirittura “vomitevole”), ma nessuno può dimenticare  i respingimenti a Ventimiglia da parte delle forze dell’ordine transalpine, per non parlare poi dello scandalo dello “sversamento” di migranti al confine col Piemonte fatto dalla polizia francese.
E’ una battaglia – quella che il convegno di oggi punta a far diventare una priorità politica – che serve ad aiutarli davvero a casa loro e a non mortificare più quei popoli sottraendo denaro e risorse con una moneta criminale.

Due omosessuali presentano in chiesa il loro figlio!!

Due omosessuali deridono insegnamento cattolico in parrocchia "Cattolica"

Due omosessuali hanno fatto una presentazione di sette minuti di fronte alla parrocchia Santa Giovanna d'Arco (Minneapolis) prima della Santa messa di domenica 20 gennaio.

Hanno presentato un bambino fecondato in-vitro, nato da un utero in affitto e hanno tessuto le lodi di una parrocchia così accogliente. Alla fine della loro presentazione di sette minuti hanno ricevuto una standing ovation.

Il diacono inglese sposato Nick Donnelly ha scritto su Twitter (23 gennaio): “Io non ho figli perché non abbiamo accettato la fertilizzazione in-vitro (IVF) in quanto immorale, rispettando l'insegnamento della Chiesa".

Ha aggiunto: “Immagini come mi sento vedendo due omosessuali mettere in mostra il loro bambino concepito in vitro e con utero surrogato prima della Santa Messa. E la congregazione era tutta eccitata."


1Corinzi 6:9-11

9 O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né adùlteri, 10 né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio.
11 E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio!

Venezuela, ma non sono d a ccordo completamente ...

Viva sempre l’America! Il Venezuela aveva più petrolio dei sauditi. Una banda di socialisti lo ha ridotto alla fame, non hanno più neanche la carta igienica. Grandissimo Trump che ha appena riconosciuto Juan Guaido presidente al posto di Maduro. Tutti che si mobilitano per la causa perenna e perennemente indegna della “liberazione” della Palestina, per la quale non c’è mai carenza di idioti fanatici, di articoli di giornale, di dichiarazioni politiche. Del Venezuela nessuno parla. Quella gente sta “soltanto” lottando non contro Israele, ma per la democrazia, i diritti umani, la possibilità di nutrire i loro figli e di curarli. Perché curarsene? Fuggono non da Israele, ma “soltanto” da un regime di sinistra esaltato dai pundit di mezzo mondo, dagli attorazzi di Hollywood, dai laburisti come Corbyn, dalle ong, dai funzionari delle Nazioni Unite, dai Nobel come Stiglitz, dai Vattimo, dai Ken Loach e quanti altri dovranno chiedere scusa. Arrivano immagini di donne che combattono per un pezzo di burro, di milioni che si svegliano affamati, di epidemie, di madri che vendono i capelli per mangiare, di bambini che vagano per le strade, di morti sepolti in sacchi di plastica, di violenza endemica, di acqua che scarseggia, di vecchi sdentati che frugano nei bidoni della spazzatura, di ospedali senza barelle e antibiotici, di medici che operano alla luce di un telefonino, di donne che partoriscono fuori dagli ospedali. Chiunque in Venezuela sarebbe felice di frugare nei bidoni italiani: sarebbero considerati delle prelibatezze. Nessuna guerra è stata la causa di questa sciagura. Il Venezuela ha fatto tutto da sé. In nome del socialismo. Volevano sconfiggere la disuguaglianza. Ci sono riusciti: ora i venezuelani sono tutti poveri. Una delle peggiori catastrofi autoinflitte del secolo. Oggi in Venezuela ci si potrebbe girare un sequel di “Hunger Games”.

Viveva in casa Ater con 110mila euro in cucina: rom denunciato

Aveva realizzato un buco nel pavimento della sua abitazione per nasconderci dentro i proventi delle attività illecite come lo spaccio di sostanze stupefacenti.
Un rom 56enne, residente in una casa popolare nel quartiere Fontanelle, è stato denunciato per ricettazione e omessa denuncia di cose provenienti da delitto.
L'uomo, che viveva in una casa di proprietà dell'Ater, non si è mai fatto mancare nulla. E tutto ciò ha scatenato l'interesse delle forze dell'ordine che hanno organizzato un blitz nell'appartamento. Come riporta il Messaggero, l'uomo teneva in casa un bilancino di precisione e tutto il materiale necessario per il confezionamento di sostanze stupefacenti. Ma non è tutto. Nel corso della perquisizione, i carabinieri della Compagnia di Pescara hanno trovato anche 110mila euro in contanti nascosti in una intercapedine sotto i mobili della cucina.
"È la prima volta che succede un fatto del genere", ha commentato il commissario dell'Ater, Antonio Linari. "Ora spetta all'autorità giudiziaria effettuare le opportune verifiche e di conseguenza poi a noi attivare le procedure per la decadenza del diritto all'alloggio da parte della persona in questione".

Risorse: Firenze, la Fortezza da Basso liberata dai pusher. Per arrestarli necessari agenti sotto copertura (video)




Oltre 200 episodi di spaccio, più di 2 mesi di indagini, 26 arresti. Sono alcuni dei numeri dell’operazione “Bat24”, con cui la polizia di Firenze ha smantellato la centrale di spaccio dei giardini Fortezza da Basso, un luogo in cui i pusher erano attivi in pieno giorno, come evidenziato dai filmati delle telecamere appositamente installate nella zona e attive 24 ore al giorno. E dove, comunque, è stato necessario l’impiego di agenti sotto copertura, che si sono finti tossicodipendenti, per riuscire a concretizzare gli arresti.

Le denunce dei cittadini e la 21enne morta di overdose

Da tempo la zona intorno alla Fortezza da Basso era al centro di esposti di cittadini e comitati di quartiere che denunciavano il continuo ed interrotto spaccio a cielo aperto. Lo scorso 23 settembre una studentessa di 21 anni aveva perso la vita dopo aver acquistato una dose letale di eroina proprio in quel parco, in cui circolavano anche hashish e marijuana. Le indagini, partite a fine ottobre, si sono concluse sabato, quando alcuni trafficanti di droga si sono ritrovati in un parcheggio sulla A1 e gli agenti, che avevano monitorato tutti i loro spostamenti, li hanno circondati e arrestati. I poliziotti, appostati dentro due furgoni, sono entrati in azione non appena fornitori e clienti hanno concluso la loro trattativa. La Polizia ha sequestrato oltre mezzo chilo di eroina e arrestato 4 persone di origine nigeriana solo nel corso di questo singolo episodio.

I pusher diventati padroni della Fortezza da Basso

Grazie a questa complessa indagine, la Polizia di Stato in poco più di due mesi è riuscita ad identificare più di una ventina di pusher, per lo più cittadini nigeriani e marocchini di età compresa tra i 20 e i 42 anni. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il gruppo aveva occupato da tempo l’intera area verde del parco ed alcune zone limitrofe (in particolare le vicine fermate dalla tramvia), mettendo in atto «uno stabile e continuativo smercio di sostanze stupefacenti in strada». Sempre sulla base di quanto emerso, gli spacciatori, muovendosi frequentemente in bicicletta, avevano finito per presidiare il territorio sfruttando le caratteristiche del parco, che si presta sia a riparare da occhi indiscreti le cessioni della droga, sia a nasconderla tra foglie, piante, dossi o all’interno di cestini dei rifiuti.

L’azione determinante degli agenti sotto copertura

A questo si aggiunge la circostanza che non era facile sorprendere i pusher con la droga addosso: le dosi di eroina, ad esempio, venivano spesso nascoste in bocca dagli spacciatori per poter ingoiare tempestivamente la sostanza in caso di controlli delle forze dell’ordine. Le indagini hanno fatto inoltre emergere come gli spacciatori si erano dati un’organizzazione, aiutandosi l’un l’altro nell’attività di spaccio. Ogni pusher infatti si avvaleva degli altri membri del gruppo per effettuare le singole cessioni, che spesso avvenivano in concorso tra chi, di volta in volta, nascondeva e recuperava la sostanza occultata, chi la cedeva, chi prendeva il denaro

Tom Sankara colonialismo e FCA

L'immagine può contenere: 1 personaTom Sankara è stato un rivoluzionario socialista, pan-Africanista che è diventato il presidente del Burkina Faso.
È durato solo quattro anni, perché è stato ucciso in un colpo di stato militare.
In quei quattro brevi anni:
- ha venduto la flotta di governo delle auto Mercedes e ha fatto la Renault 5 (l'auto più economica venduta in Burkina Faso in quel periodo) l'auto di servizio ufficiale dei ministri.
- ha ridotto gli stipendi pubblici, compreso il suo, e ha vietato l'uso degli autisti di governo e dei biglietti aerei di prima classe.
- ha vaccinato 2.5 milioni di bambini contro la meningite, la febbre gialla e il morbillo in poche settimane.
- ha avviato una campagna di alfabetizzazione a livello nazionale, aumentando il tasso di alfabetizzazione dal 13 % nel 1983 al 73 % nel 1987.
- ha ridistribuito terra dai padroni di casa feudali e l'ha data direttamente ai contadini.
- ha piantato oltre 10 milioni di alberi per mantenere il suolo e fermare la crescente desertificazione del sahel.
- ha costruito strade e una ferrovia per legare la nazione insieme, senza aiuti stranieri.
- ha nominato donne ad alte posizioni governative, le ha incoraggiate a lavorare, le ha reclutate nei militari, e ha concesso il congedo di gravidanza durante l'istruzione.
- ha bandito le mutilazioni genitali femminili, i matrimoni forzati e la poligamia a sostegno dei diritti delle donne
- si è opposto agli aiuti esteri, dicendo che " Colui che ti nutre, ti controlla."
- ha chiesto un fronte unito delle nazioni africane per ripudiare il loro debito estero. Ha sostenuto che i poveri e sfruttati non avevano l'obbligo di ripagare i soldi ai ricchi e sfruttare.
- ha convertito il negozio di rifornimenti dell'esercito in un supermercato di proprietà statale aperto a tutti (il primo supermercato del paese).
- si è rifiutato di usare l'aria condizionata nel suo ufficio sulla base del fatto che tale lusso non era disponibile a nessuno ma una manciata di burkinabes.
- ha abbassato il suo stipendio a 450 dollari al mese e ha limitato i suoi averi ad una macchina, quattro moto, tre chitarre, un frigo e un freezer rotto.
- quando gli chiesero perché non voleva il suo ritratto appeso nei luoghi pubblici, come era la norma per altri leader africani, sankara rispose " ci sono sette milioni di Thomas Sankaras."

Castelnuovo di Porto: ma quale deportazione, era un business che valeva 450mila euro l’anno





Tutti adesso parlano di deportazione. Si accusa il governo di avere adottato metodi disumani. Si scrive di un drammatico smantellamento. Si dipinge il Cara di Castelnuovo di Porto come una residenza di lusso. I residenti non la pensano così e raccontano una realtà che oscilla tra degrado e illegalità. Il sindaco Riccardo Travaglini – vicino al Pd – tuona contro la chiusura del Cara di Castelnuovo di Porto e contro il trasferimento dei migranti, che è ripreso in giornata. Dopo i 30 immigrati partiti ieri, oggi ne saranno trasferiti 75. Naturalmente a protestare ci sono anche i lavoratori della cooperativa che gestisce il centro, preoccupati perché rischiano il posto di lavoro.

Il business dell’accoglienza

Il punto è proprio questo, accusano i consiglieri di minoranza (gli esponenti della lista civica di minoranza, Insieme per Castelnuovo), i quali raccontano di un delibera votata all’unanimità in cui si esprimeva preoccupazione per il sovraffollamento della struttura. In alcune stanze i migranti dormivano in sette: come si fa a dipingere il Cara di Castelnuovo come una struttura modello? “Ma come – sostengono i consiglieri di opposizione criticando il sindaco Travaglini – ora che è stato accontentato scatta l’indignazione e si appresta a manifestare. Il Cara è costato in dieci anni 12 milioni di euro di affitto, denari delle nostre tasse…”. I consiglieri sollevano inoltre il tema, riportato dal Messaggero, del contributo che il Comune riceve dal Viminale per la presenza del Cara: si parla di più di 450mila euro all’anno, soldi privi di vincolo di destinazione. Insomma un “regalo” che Travaglini non vorrebbe perdere, di qui la sollecita adozione dello slogan “restiamo umani” e l’accostamento ardito tra i pullman che portano via i migranti e i treni che partivano per i lager nazisti.