giovedì 24 gennaio 2019

Castelnuovo di Porto: ma quale deportazione, era un business che valeva 450mila euro l’anno





Tutti adesso parlano di deportazione. Si accusa il governo di avere adottato metodi disumani. Si scrive di un drammatico smantellamento. Si dipinge il Cara di Castelnuovo di Porto come una residenza di lusso. I residenti non la pensano così e raccontano una realtà che oscilla tra degrado e illegalità. Il sindaco Riccardo Travaglini – vicino al Pd – tuona contro la chiusura del Cara di Castelnuovo di Porto e contro il trasferimento dei migranti, che è ripreso in giornata. Dopo i 30 immigrati partiti ieri, oggi ne saranno trasferiti 75. Naturalmente a protestare ci sono anche i lavoratori della cooperativa che gestisce il centro, preoccupati perché rischiano il posto di lavoro.

Il business dell’accoglienza

Il punto è proprio questo, accusano i consiglieri di minoranza (gli esponenti della lista civica di minoranza, Insieme per Castelnuovo), i quali raccontano di un delibera votata all’unanimità in cui si esprimeva preoccupazione per il sovraffollamento della struttura. In alcune stanze i migranti dormivano in sette: come si fa a dipingere il Cara di Castelnuovo come una struttura modello? “Ma come – sostengono i consiglieri di opposizione criticando il sindaco Travaglini – ora che è stato accontentato scatta l’indignazione e si appresta a manifestare. Il Cara è costato in dieci anni 12 milioni di euro di affitto, denari delle nostre tasse…”. I consiglieri sollevano inoltre il tema, riportato dal Messaggero, del contributo che il Comune riceve dal Viminale per la presenza del Cara: si parla di più di 450mila euro all’anno, soldi privi di vincolo di destinazione. Insomma un “regalo” che Travaglini non vorrebbe perdere, di qui la sollecita adozione dello slogan “restiamo umani” e l’accostamento ardito tra i pullman che portano via i migranti e i treni che partivano per i lager nazisti.

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