mercoledì 14 marzo 2018

COME SONO BELLI I BRIGATISTI DI VIA FANI, 40 ANNI DOPO!











I BRIGATISTI DI VIA FANI, 40 ANNI DOPO

di Mario Adinolfi




Dei responsabili della strage di via Fani, quattordici brigatisti rossi che il 16 marzo 1978 uccisero sparando novantuno colpi (quarantacinque a bersaglio) i cinque uomini della scorta di Aldo Moro, nessuno è in carcere. Barbara Balzerani scrive garrula sui social: "Chi mi ospita oltreconfine per i fasti del quarantennale?". Scrive proprio così, testuale. Ha 69 anni, non si è mai pentita né dissociata ed è libera da dodici anni. Era la compagna del capo delle Brigate Rosse, Mario Moretti, colui che prendeva ordini dai servizi segreti di mezzo mondo presso la finta scuola di lingue Hyperion di Parigi: Moretti è l'ideatore della strage e il principale responsabile dell'uccisione di Moro. Arrestato nel 1981, è in semilibertà dal 1997, ha avuto una figlia.







Adriana Faranda era anche lei in via Fani, celebrerà il quarantennale dando un'intervista televisiva, fa la fotografa, è stata condannata all'ergastolo nel 1983 e liberata nel 1994. Alessio Casimirri riesce a non farsi neanche un giorno di carcere mai in tutta la sua vita, fugge all'estero e tutti sanno dove si trova, in Nicaragua: ha aperto lì il ristorante Magica Roma. L'Italia ha chiesto invano la sua estradizione. Alvaro Lojacono, anche lui come tutti condannato all'ergastolo, riesce a prendere la cittadinanza svizzera, per via Fani non ha fatto un giorno di carcere, ne ha fatti 11 in Svizzera per l'omicidio del giudice Girolamo Tartaglione. Rita Algranati, la moglie di Casimirri, è riuscita a restare latitante per oltre un quarto di secolo, è stata presa al Cairo nel 2004 e sta scontando il suo ergastolo. Germano Maccari è stato preso nel 1993 ed è morto in carcere nel 2001. Bruno Seghetti è stato condannato all'ergastolo nel 1983 e ha ottenuto la semilibertà nel 1995.




Fin qui i presenti in via Fani che non hanno materialmente sparato ma hanno svolto varie decisive funzioni nella strage. Gli assassini materiali dei cinque agenti di scorta di Aldo Moro (Giulio Rivera, Francesco Zizzi, Raffaele Iozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci) vanno rintracciati nel gruppo di fuoco delle Brigate Rosse composto da quattro persone. Raffaele Fiore, mai pentito e mai dissociato, condannato all'ergastolo nel 1983 è in semilibertà dal 1997, nonostante sia stato riconosciuto come omicida seriale oltre che in via Fani anche del giornalista Casalegno e dell'avvocato Croce. Valerio Morucci, compagno di Adriana Faranda, condannato all'ergastolo nel 1983, si dissocia nel 1985 ed è libero dal 1994. Prospero Gallinari è morto nel 2013 (e ai suoi funerali si sono ritrovati molti componenti del gruppo stragista di via Fani qui elencati e hanno cantato tutti in coro l'Internazionale). Infine Franco Bonisoli, che sparò più di tutti in via Fani compresi una serie di colpi di grazia alla testa dei feriti e che eliminò il più "pericoloso" avversario dei brigatisti, il caposcorta di Moro maresciallo Oreste Leonardi, è stato condannato all'ergastolo nel 1983, è libero dal 2001 ed ha collaborato anche con la diocesi di Milano. Tra l'altro, è il terrorista che ha gambizzato Indro Montanelli.




Insomma, come avete capito i brigatisti rossi di via Fani li incontriamo tutti per le strade delle nostre città. Danno interviste, scrivono libri, davvero come scrive la disgraziata Balzerani potrebbero organizzare questo famoso "happening" per il quaratennale della strage di via Fani, hanno per amici giornalisti e scrittori che contano, si portano bene in società, potrebbero chiamare al party anche gli altri stragisti, quelli condannati per la strage di Bologna, certo sono "neri" ma Francesca Mambro e Giusva Fioravanti ormai lavorano con i radicali di Nessuno Tocchi Caino, quindi sono sdoganati. Sono amici di Adriano Sofri e di tutta la banda lottacontinuista degli omicidi di Luigi Calabresi ed è tutto uno splendido démi-monde di assassini, mandanti materiali e morali, complici di assassini che se ci pensate bene ancora governa dai piani alti la società italiana.




Lo spiegavano bene i parenti delle vittime di via Fani già dopo un'altra giornata per loro dolorosissima, quella del trentennale, dieci anni fa, dove anche allora a fare da protagonista fu una proiezione tutta dedicata a dar lustro ai terroristi senza neanche ricordare i nomi dei morti. Scrissero allora i parenti: "Tale proiezione ci ha riportato indietro di trent'anni, a quel terribile giorno in cui le nostre vite si fermarono insieme a quelle dei nostri cari, ci ha inorridito vedere un terrorista accanto alla lapide che ricorda l'eccidio, ci ha disgustato sentirlo parlare di Brigate Rosse proprio in quel luogo di 'memoria storica' per la Nazione tutta. Silenziosamente sino ad oggi, in quanto educati dai nostri caduti nel rispetto delle Istituzioni e nel credo cristiano, abbiamo taciuto sui vari accadimenti degli ultimi tempi. Abbiamo silenziosamente osservato Sergio D'Elia, ex terrorista di Prima linea, essere eletto segretario di presidenza della Camera dei deputati, abbiamo fissato l'ex terrorista Susanna Ronconi essere nominata alla Consulta nazionale delle tossicodipenze, abbiamo assistito l'ex brigatista Barbara Balzerani, nè dissociata nè pentita, ottenere la libertà condizionata nonostante il parere negativo espresso da noi familiari al Magistrato di Sorveglianza (parere che data la nostra discrezionalità non è mai stato dato in pasto alla stampa), ed ora, infine, siamo costretti ad assistere all'esaltazione mediatica dell'ex BR Franceschini proprio sul luogo in cui vennero uccisi gli uomini della scorta di Moro (come purtroppo vengono ormai ricordati i cinque agenti, precipitati nel limbo della dimenticanza comune). Abbiamo avuto sempre la massima discrezione, nel rispetto dei valori e delle Istituzioni, assistendo in cristiano silenzio al ritorno, in primo piano, degli ex terroristi. Li abbiamo guardati presentare libri, tenere convegni, salire in cattedra, entrare a far parte delle Istituzioni stesse, assistere, infine, all'ennesima loro 'escalation mediatica' in puro stile al-qaediano sul proprio ricordo di quegli anni, come se quella stagione avesse avuto per protagonisti, agli occhi dei telespettatori, i soli componenti della lotta armata.




Con sdegno, rammarico e commozione i familiari della Strage di via Fani".




Cara Barbara Balzerani, cari brigatisti rossi, per i prossimi due mesi sparite. Non fatevi più vedere. Rifiutate le interviste. Non dite niente. Avete già fatto troppo. Ora, zitti.




Ora, almeno, zitti. Fate finta che vi dispiaccia e lasciate celebrare agli italiani il quarantennale dell'inizio della vostra fine. Perché sul sangue dei lavoratori martiri delle forze dell'ordine massacrati a via Fani questo avete costruito: la vostra fine storica, politica, militare e umana.




Per la vigliaccheria che avete dimostrato contro gli uomini della scorta di Aldo Moro, colpiti a freddo quattordici contro cinque, avrete sempre tutto il mio disprezzo.




(quella che ride abbracciata a Erri De Luca, in foto, è Barbara Balzerani)

Via Fani, la bella vita dei brigatisti rossi mai pentiti: spiagge, ristoranti e libertà
di LUCA MAURELLI
Mario Moretti, sei ergastoli, vive a Torino, aiuta gli altri detenuti a stare in cella ma soprattutto aiuta sè stesso a uscirne la mattina, avendo strappato da tempo il regime di semilibertà grazie a un comportamento ligio e gentile. In via Mario Fani, trentasette anni fa, quando furono uccisi cinque agenti e rapito Aldo Moro, Moretti si era mostrato appena appena più ruvido: lui era l’ideologo, il regista sul campo, l’esecutore materiale. Arrestato a Milano il 4 aprile 1981, dopo nove anni di clandestinità, Moretti nel 1987 ammise pubblicamente il fallimento della lotta armata pur senza mai dissociarsi né collaborare con gli inquirenti; anzi, quando nel luglio del 1997 ottennne la semilibertà, i giudici sottolinearono che il brigatista rosso “continua ad avere un atteggiamento altero” e “solo a tratti” ha dato la sensazione di “provare compassione” per il dolore causato alle vittime.
Anche Valerio Morucci, 37 anni fa, era in Via Fani, considerato il numero due di quello squadrone della morte che aveva dagli undici ai diciannove elementi: venne arrestato nel 1979 e condannato a diversi ergastoli, oggi è libero ma non è che sia poi così pentito. Nel 1985, durante il processo d’appello per il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, si dissociò ufficialmente dalla lotta armata. Fu scarcerato nel 1994. Attualmente vive a Roma, dove lavora come consulente informatico. Nel 2008, giusto per farsi un’idea sul pentimento di questo ex Br, un articolo del quotidiano francese Le Monde titolò: «Valerio Morucci, brigatista “senza rimorsi”».
Raffaele Fiore, invece, in via Fani, oltre a sparare e a uccidere, insieme a Mario Moretti estrasse dall’auto Aldo Moro e lo trasferì sulla Fiat 132 blu pronta a partire per il covo di via Montalcini. Dopo svariati omicidi, concluse la sua carriera criminale il 19 marzo 1979 quando venne catturato a Torino e condannato all’ergastolo. Non si è mai pentito e dal 1997 gode della libertà condizionale, confermata nel 2007.
Franco Bonisoli fu invece quello che uccise, in strada, l’unico agente che riuscì a reagire: il 1º ottobre 1978 fu condannato all’ergastolo nel processo romano Moro-Uno, nel 1983 si dissociò e attualmente fruisce di un regime di semilibertà.

I brigatisti rossi da via Fani alla Svizzera e al Nicaragua
Ma la lista dei brigatisti che a vario titolo sono stati indicati come membri del commando di via Fani sarebbe lunga: ci sarebbe Alvaro Lojacono, cittadinanza italiana e svizzera, coinvolto anche nell’omicidio di Mikis Mantakas, autore anche dell’omicidio del giudice Tartaglione, che in Svizzera ha scontato solo 11 anni ed è uscito per buona condotta., nonostante una condanna della giustizia italiana all’ergastolo ed è da anni libero. Su Alessio Casimirri (nella foto in alto), latitante in Nicaragua e titolare a Managua prima del ristorante Magica Roma e poi della La cueva del Buzo (il covo del sub), perfino il Pd, oggi, s’è mosso per chiedere iniziative del governo sul fronte dell’estradizione. Ma non servirà a nulla. E gli altri? Qualcuno è morto, come Prospero Gallinari, tanti sono liberi, Annalaura Braghetti, l’affittuaria della prigione di via Montalcini, si occupa di informatica, Adriana Faranda fa la fotografa, l’ideologo delle Br Renato Curcio, che non ebbe però un ruolo diretto in via Fani perché già in carcere, tiene lezioni all’università come intellettuale.

Le cinque vittime dimenticate
E le cinque vittime vittime della strage? Neanche un strada intitolata, una fiction Rai, un’ospitata dei parenti al Quirinale, un selfie con Renzi, un dibattito pubblico. Eppure quei cinque agenti della scorta erano eroi veri: il maresciallo dei CC Oreste Leonardi, alla guida della Fiat 130 di Moro, la guardia di Ps Raffaele Iozzino, l’unico che riuscì a reagire uscendo dall’auto e sparando contro uno dei brigatisti, l’appuntato dei CC Domenico Ricci, la guardia di PS Giulio Rivera e il vice-brigadiere di PS Francesco Zizzi. Poco o nulla si sa di loro e se ne parla nelle scuole, in tv, nelle università. Sarà per questo che i familiari delle vittime, assetati ancora di verità, a distanza di 37 anni chiedono di barattare notizie con sconti di pena, pur di sapere qualcosa. L’Associazione dei familiari sta mettendo a punto, con la consulenza dell’avvocato che le rappresenta, Valter Biscotti una proposta di legge che ripropone, in una chiave che tiene conto della realtà italiana, il modello adottato in Sud Africa definito “verità contro impunità”. Ma i brigatisti “poco pentiti” ci staranno?





I BRIGATISTI DI VIA FANI,40 ANNI DOPO.



Dei responsabili della strage di via Fani, quattordici brigatisti rossi che il 16 marzo 1978 uccisero sparando novantuno colpi (quarantacinque a bersaglio) i cinque uomini della scorta di Aldo Moro, nessuno è in carcere. Barbara Balzerani scrive garrula sui social: “Chi mi ospita oltreconfine per i fasti del quarantennale?”. Scrive proprio così, testuale. Ha 69 anni, non si è mai pentita né dissociata ed è libera da dodici anni. Era la compagna del capo delle Brigate Rosse, Mario Moretti, colui che prendeva ordini dai servizi segreti di mezzo mondo presso la finta scuola di lingue Hyperion di Parigi: Moretti è l’ideatore della strage e il principale responsabile dell’uccisione di Moro. Arrestato nel 1981, è in semilibertà dal 1997, ha avuto una figlia.
Adriana Faranda era anche lei in via Fani, celebrerà il quarantennale dando un’intervista televisiva, fa la fotografa, è stata condannata all’ergastolo nel 1983 e liberata nel 1994. Alessio Casimirri riesce a non farsi neanche un giorno di carcere mai in tutta la sua vita, fugge all’estero e tutti sanno dove si trova, in Nicaragua: ha aperto lì il ristorante Magica Roma. L’Italia ha chiesto invano la sua estradizione. Alvaro Lojacono, anche lui come tutti condannato all’ergastolo, riesce a prendere la cittadinanza svizzera, per via Fani non ha fatto un giorno di carcere, ne ha fatti 11 in Svizzera per l’omicidio del giudice Girolamo Tartaglione. Rita Algranati, la moglie di Casimirri, è riuscita a restare latitante per oltre un quarto di secolo, è stata presa al Cairo nel 2004 e sta scontando il suo ergastolo. Germano Maccari è stato preso nel 1993 ed è morto in carcere nel 2001. Bruno Seghetti è stato condannato all’ergastolo nel 1983 e ha ottenuto la semilibertà nel 1995.
Fin qui i presenti in via Fani che non hanno materialmente sparato ma hanno svolto varie decisive funzioni nella strage. Gli assassini materiali dei cinque agenti di scorta di Aldo Moro (Giulio Rivera, Francesco Zizzi, Raffaele Iozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci) vanno rintracciati nel gruppo di fuoco delle Brigate Rosse composto da quattro persone. Raffaele Fiore, mai pentito e mai dissociato, condannato all’ergastolo nel 1983 è in semilibertà dal 1997, nonostante sia stato riconosciuto come omicida seriale oltre che in via Fani anche del giornalista Casalegno e dell’avvocato Croce. Valerio Morucci, compagno di Adriana Faranda, condannato all’ergastolo nel 1983, si dissocia nel 1985 ed è libero dal 1994. Prospero Gallinari è morto nel 2013 (e ai suoi funerali si sono ritrovati molti componenti del gruppo stragista di via Fani qui elencati e hanno cantato tutti in coro l’Internazionale). Infine Franco Bonisoli, che sparò più di tutti in via Fani compresi una serie di colpi di grazia alla testa dei feriti e che eliminò il più “pericoloso” avversario dei brigatisti, il caposcorta di Moro maresciallo Oreste Leonardi, è stato condannato all’ergastolo nel 1983, è libero dal 2001 ed ha collaborato anche con la diocesi di Milano. Tra l’altro, è il terrorista che ha gambizzato Indro Montanelli.
Insomma, come avete capito i brigatisti rossi di via Fani li incontriamo tutti per le strade delle nostre città. Danno interviste, scrivono libri, davvero come scrive la disgraziata Balzerani potrebbero organizzare questo famoso “happening” per il quaratennale della strage di via Fani, hanno per amici giornalisti e scrittori che contano, si portano bene in società, potrebbero chiamare al party anche gli altri stragisti, quelli condannati per la strage di Bologna, certo sono “neri” ma Francesca Mambro e Giusva Fioravanti ormai lavorano con i radicali di Nessuno Tocchi Caino, quindi sono sdoganati. Sono amici di Adriano Sofri e di tutta la banda lottacontinuista degli omicidi di Luigi Calabresi ed è tutto uno splendido démi-monde di assassini, mandanti materiali e morali, complici di assassini che se ci pensate bene ancora governa dai piani alti la società italiana.
Lo spiegavano bene i parenti delle vittime di via Fani già dopo un’altra giornata per loro dolorosissima, quella del trentennale, dieci anni fa, dove anche allora a fare da protagonista fu una proiezione tutta dedicata a dar lustro ai terroristi senza neanche ricordare i nomi dei morti. Scrissero allora i parenti: “Tale proiezione ci ha riportato indietro di trent’anni, a quel terribile giorno in cui le nostre vite si fermarono insieme a quelle dei nostri cari, ci ha inorridito vedere un terrorista accanto alla lapide che ricorda l’eccidio, ci ha disgustato sentirlo parlare di Brigate Rosse proprio in quel luogo di ‘memoria storica’ per la Nazione tutta. Silenziosamente sino ad oggi, in quanto educati dai nostri caduti nel rispetto delle Istituzioni e nel credo cristiano, abbiamo taciuto sui vari accadimenti degli ultimi tempi. Abbiamo silenziosamente osservato Sergio D’Elia, ex terrorista di Prima linea, essere eletto segretario di presidenza della Camera dei deputati, abbiamo fissato l’ex terrorista Susanna Ronconi essere nominata alla Consulta nazionale delle tossicodipenze, abbiamo assistito l’ex brigatista Barbara Balzerani, nè dissociata nè pentita, ottenere la libertà condizionata nonostante il parere negativo espresso da noi familiari al Magistrato di Sorveglianza (parere che data la nostra discrezionalità non è mai stato dato in pasto alla stampa), ed ora, infine, siamo costretti ad assistere all’esaltazione mediatica dell’ex BR Franceschini proprio sul luogo in cui vennero uccisi gli uomini della scorta di Moro (come purtroppo vengono ormai ricordati i cinque agenti, precipitati nel limbo della dimenticanza comune). Abbiamo avuto sempre la massima discrezione, nel rispetto dei valori e delle Istituzioni, assistendo in cristiano silenzio al ritorno, in primo piano, degli ex terroristi. Li abbiamo guardati presentare libri, tenere convegni, salire in cattedra, entrare a far parte delle Istituzioni stesse, assistere, infine, all’ennesima loro ‘escalation mediatica’ in puro stile al-qaediano sul proprio ricordo di quegli anni, come se quella stagione avesse avuto per protagonisti, agli occhi dei telespettatori, i soli componenti della lotta armata.
Con sdegno, rammarico e commozione i familiari della Strage di via Fani”.
Cara Barbara Balzerani, cari brigatisti rossi, per i prossimi due mesi sparite. Non fatevi più vedere. Rifiutate le interviste. Non dite niente. Avete già fatto troppo. Ora, zitti.
Ora, almeno, zitti. Fate finta che vi dispiaccia e lasciate celebrare agli italiani il quarantennale dell’inizio della vostra fine. Perché sul sangue dei lavoratori martiri delle forze dell’ordine massacrati a via Fani questo avete costruito: la vostra fine storica, politica, militare e umana.
Per la vigliaccheria che avete dimostrato contro gli uomini della scorta di Aldo Moro, colpiti a freddo quattordici contro cinque, avrete sempre tutto il mio disprezzo
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