Corsi di formazione in Sicilia. Francantonio Genovese.
Corsi di formazione in Sicilia. Francantonio Genovese
Quest’uomo è riuscito a piazzare la moglie, due nipoti e tre cognati
nei corsi di formazione in Sicilia (e non è il solo). Si chiama
Francantonio Genovese, deputato del Pd. Ma come lui sono tanti i
politici isolani che hanno interessi in un settore che vale quasi mezzo
miliardo di euro l’anno. Di soldi pubblici.
Corsi di formazione in Sicilia. Francantonio Genovese
Tag: clientelismo fondi formazione professionale Francantonio Genovese panorama in edicola regione Sicilia
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Con «quella faccia un po’ così e quell’espressione un po’ così»
Francantonio Genovese potrebbe ingannare. Sembra un bonario curato di
provincia, invece è l’uomo più potente della Sicilia peloritana, quella
che guarda in faccia il continente. Ex sindaco di Messina, poi
segretario regionale del Pd, adesso parlamentare nazionale, è figlio
d’arte: suo padre Luigi fu senatore della Dc per sei volte. Anche se il
pezzo da novanta della famiglia è l’indimenticato zio Nino Gullotti,
otto volte ministro: uno che, racconta il giornalista Giampaolo Pansa,
«possedeva il 41 per cento delle tessere democristiane di Sicilia». Una
dote elettorale passata di generazione in generazione fino ad arrivare
al nipote Francantonio. Che oggi, mezzo secolo dopo il periodo d’oro
dello zio Nino, perpetua il motto dei Genovese: la famiglia prima di
ogni cosa.
Non ha dimenticato nessuno, Francantonio: la moglie,
tre cognati, due nipoti. Tutti attaccati alla florida mammella della
formazione professionale isolana: con quattro società che nell’ultimo
anno hanno incassato quasi 2 milioni di euro di contributi pubblici.
Galassia familiare a cui andrebbero aggiunte, in virtù di curiosi
intrecci, pure società gestite da imprenditori amici.
Le
malelingue insinuano che questi corsi non creano lavoro? Infamità,
urlerebbe l’ormai mitologico Cetto La Qualunque: e la famiglia Genovese
ne è la prova.
Anzi, una prova: perché il ramo pullula di
mogli, figli e parenti. Cateno De Luca, deputato regionale del gruppo
misto, la butta lì: «Per me, almeno il 70 per cento dei colleghi ha
interessi nel settore, clientelari, economici o tutti e due». L’ennesima
farsa della regione che il New York Times definisce «la Grecia
d’Italia» è la gestione arcifamilistica di uno strumento nato per creare
occupazione. Quest’anno sull’avviamento professionale in salsa
siciliana pioveranno 455 milioni di euro. Che serviranno, in larga
misura, per pagare gli 8.612 dipendenti. Pino Apprendi, consigliere
regionale del Pd, lo definisce un «bancomat clientelare»: «Tranne poche
mosche bianche, dietro quasi tutti gli enti ci sono politici, partiti,
parlamentari, ex parlamentari o aspiranti tali: gli stessi che in questi
anni hanno gonfiato gli organici a dismisura».
In questo
proficuo settore dominus incontrastato della Sicilia orientale è proprio
Francantonio Genovese. «Minuto, mite, calvo, occhiali: uguale identico
al celebre Mister Magoo dei cartoon» l’ha definito Gian Antonio Stella,
giornalista del Corriere della sera, nel suo Avanti popolo. Il deputato
del Pd ha interessi ovunque: telecomunicazioni, immobiliare, consulenza,
alberghi, ristorazione. Ed è consigliere in alcune società del gruppo
Franza, che, tra le altre cose, gestisce i traghetti che collegano
Messina a Villa San Giovanni. Per questo i maligni concittadini l’hanno
rinominato «Franzantonio».
La formazione, invece, è un affare
che Genovese divide solo con i congiunti. Lui stesso, indirettamente,
controlla un ente: è proprietario e amministratore delegato della Gefin,
che a sua volta detiene il 47 per cento della Training service di
Barcellona Pozzo di Gotto, sempre nel Messinese. Il 46 per cento è
invece, tramite l’immobiliare di famiglia Geimm, in mano a Franco
Rinaldi: cognato di Genovese e deputato regionale del Pd. Il quadretto è
completato dal nipote di «Mister Magoo»: Marco Lampuri, pure lui, come
Rinaldi, socio di minoranza della Geimm, e dunque della Training
service. Che, nell’ultimo anno, per i suoi corsi ha incassato oltre 604
mila euro di contributi.
Non si penserà però che Genovese sia
un rude maschilista: uno di quelli contrari all’emancipazione femminile.
La moglie, Chiara Schirò, siede nel consiglio direttivo dell’Esofop.
Come del resto la cognata, Giovanna Schirò. Con l’ultima gragnuola di
aiuti, il loro ente non ha avuto fortuna. Si era aggiudicato 443 mila
euro per lo «sviluppo occupazionale». Ma il bando, 140 milioni in
totale, è stato revocato a novembre del 2011 dopo le osservazioni della
Corte dei conti che ha scoperto, per esempio, che un’azienda voleva
formare «esperti in finanza» nella bottega di un lattoniere.
Un’altra cognata di Genovese, Elena Schirò, guida invece la Libera
università mediterranea di naturopatia (Lumen): quest’anno ha avuto più
di 1 milione di euro. Infine c’è la Nt Soft. È dell’ennesimo nipote:
Salvatore Davì. Nel 2012 ha avuto quasi 300 mila euro. Vista la selva di
enti e parenti, occorre sintetizzare: sette esponenti dei Genovese, a
partire dall’onorevole capofamiglia, gestiscono quattro enti che hanno
preso quasi 2 milioni di soldi pubblici nell’ultimo anno.
A
onor del vero, la galassia di Mister Magoo non si esaurirebbe in queste
partecipazioni. In Sicilia molte società sono storicamente considerate
«vicine» ad altrettanti numerosi eletti. Come l’Aram di Messina, che ha
avuto 3,4 milioni. È guidata da Elio Sauta: ex consigliere comunale del
Pd a Messina e amico di vecchia data di Genovese. Così tanto da sedere
accanto alla moglie e alla cognata del politico nel consiglio
dell’Esofop. L’Aram però è bipartisan: ci lavora, per dirne una, anche
Veronica Marinese, figlia di Azio, deputato regionale del Pdl. E sempre
rimanendo in città: il direttore generale dell’Ancol, 2,8 milioni di
appannaggio, è Daniela D’Urso, moglie di Peppino Buzzanca, attuale
sindaco di Messina.
Poco distante dal capoluogo c’è la perla
dello Ionio: Taormina. Qui impera incontrastato il Cufti, finanziato con
2 milioni. La direttrice del centro è Fina Maltese, moglie di Carmelo
Briguglio, parlamentare del Fli. Mentre la direttrice dei corsi è la di
lei figlia, Claudia Viola. Al Cufti lavorano pure Vincenzo Maltese e
Maria Catalano, cognati di Briguglio.
Altro ente ad alta
densità parentale è l’Anfe. Vincenza Dentino, consorte del consigliere
regionale del Pid, Nino Dina, è in forza alla sede di Palermo. Come
Castrenze Papania, fratello di Nino, senatore del Pd, ex assessore
siciliano alla Formazione e grande referente del settore nell’area
occidentale. Nella sede di Catania, invece, ha lavorato fino al 2009
Saveria Grosso, moglie del governatore Raffaele Lombardo. L’Anfe negli
ultimi due anni ha incassato 33,8 milioni di euro. Grazie ai quali ha
organizzato corsi, fra le altre cose, per formare artigiani della
cartapesta, lavoratori di piccoli oggetti delle tradizioni popolari,
guide naturalistiche subacquee. E persino esperti nell’avvistamento di
incendi: davvero imprescindibili, visto che in zona ci sono appena 7.133
forestali dediti alla causa.
Serve davvero questo profluvio di
figure lavorative? Purtroppo no: in Sicilia la disoccupazione giovanile
sfiora il 30 per cento, benché la sola Ue dal 2003 al 2010 abbia
finanziato corsi per 1,5 miliardi di euro. La Corte dei conti ha
rincarato: il 30 per cento degli allievi (retribuiti in media 500 euro
al mese) si ritira anzitempo, appena un corsista su 10 ottiene lavoro
grazie alla specializzazione acquisita, ogni partecipante costa 9.391
euro.
Numeri che non fanno demordere i politici isolani: loro
nell’avviamento professionale continuano a credere. Lo dimostra il caso
dello Ial: l’ente più grande, 36 milioni di contributi all’anno. Lo
scorso ottobre, dopo vicissitudini varie, viene ceduto. A vendere è la
Cisl, che ne detiene le quote. Gli acquirenti sono professionisti
accomunati dalla militanza nell’ex Margherita. Il nuovo presidente è
dunque il commercialista Salvatore Raspante, di Alcamo, concittadino e
buon amico del senatore Papania. Anche il direttore generale è un
fidatissimo dell’esponente del Pd: Massimiliano Ciccia, il suo ex
segretario particolare.
Anche gli altri associati sono di
provata fede partitica. Come Gigi Restivo, stretto collaboratore di
Benedetto Adragna, ex influente cislino e ora questore di Palazzo
Madama. Il senatore del Pd, del resto, nello Ial aveva già un piede,
anzi due: quelli del figlio Dario, che lavora nella sede agrigentina. Un
altro consigliere è Michele Fiore, membro della direzione siciliana del
Pd ed ex collega all’Enel di Giuseppe Lupo, segretario regionale del
partito. Pure lui con un passato da responsabile della Cisl di Palermo.
Il terzo associato è Antonino Maniaci, che siede nella commissione
regionale di garanzia dei democratici.
L’ultimo ingresso nello
Ial c’è stato poche settimane fa: all’unanimità viene chiamato Francesco
Gallo, già responsabile del Pd nella provincia di Messina e assessore
alla Cultura al comune tra il 2005 al 2007. E chi l’aveva issato lassù?
Proprio Genovese, all’epoca sindaco della città. Così, come nel gioco
dell’oca, si ritorna alla casella di partenza: nella formazione
siciliana, tutte le strade portano a Mister Magoo.
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