L’uomo, M.F.A., sostiene di essere
uno dei principali telefonisti del caso Orlandi e di aver assistito in
prima persona al sequestro della cittadina vaticana. Nel corso di cinque
lunghi interrogatori che potrebbero portare alla sua incriminazione ha
rivelato che il rapimento della giovane sarebbe stato orchestrato “dal nucleo di intelligence di cui facevo parte per esercitare pressioni sulla Santa Sede“.
Un gruppo che vedeva tra i principali membri proprio Enrico “Renatino” De Pedis,
lo storico capo della banda della Magliana, che stando al racconto del
testimone quel 22 giugno si trovava proprio sulla scena del rapimento.
Il telefonista avrebbe incontrato Emanuela più e più volte in quelle
settimane, almeno fino al dicembre dello stesso anno, quando la giovane
fu portata all’estero.
L’uomo, ex collegiale appassionato di cinema, è partito dal principio, da come il caso di Emanuela Orlandi e quello di Mirella Gregori, anche lei sparita a Roma all’età di 15 anni il 7 maggio 1983, siano collegati. Scrive il Corriere della Sera:L’uomo ha spiegato che fu contattato da ecclesiastici che «in virtù della mia creatività mi proposero di collaborare con sacerdoti un po’ peccatori per creare situazioni da usare contro certi paesi dell’Est». Il gruppo sarebbe intervenuto come «una lobby di controspionaggio», nell’ambito di presunti contrasti tra opposte fazioni vaticane, con foto e intimidazioni su temi caldi come «la gestione dello Ior, la revisione del codice di diritto canonico, i finanziamenti a Solidarnosc, le nomine».Cosa successe alle due giovani? Il telefonista non sembra avere dubbi: Mirella Gregori “si innamorò di un nostro operatore, andò all’estero e tornò una sola volta a Roma, nel 1994, per incontrare sua madre in un caravan in corso d’Italia“, anche se la sorella della giovane ha già prontamente smentito tali dichiarazioni, sostenendo che se fosse successo davvero lei l’avrebbe saputo.
Emanuela Orlandi, invece, sarebbe stata trasferita nei sobborghi di Parigi nel dicembre 1983. Da quel momento anche lui non ha più avuto sue notizie. In merito al periodo in cui la giovane sarebbe rimasta nella capitale, il telefonista ha rivelato:
La ragazza non subì violenze, visse in due appartamenti e in due camper, le procurammo un pianoforte e la rassicuravamo dicendole che la famiglia era al corrente. L’idea era di liberarla presto, il tempo di avere in mano la denuncia di scomparsa per esercitare pressioni, ma il piano fallì soprattutto per l’appello del Papa all’Angelus, il 3 luglio, che diede risalto mondiale al caso.Se quanto dichiarato dall’uomo fosse vero, la svolta sarebbe davvero vicina, lo scandalo sarebbe di quelli impossibili da mettere a tacere. La Procura di Roma, però, si sta muovendo con estrema cautela e sta lavorando senza sosta per trovare riscontri alle rivelazioni del telefonista e per valutare la sua credibilità.
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