mercoledì 24 aprile 2013

LATINA, COMMERCIANTE AGGREDITA E DERUBATA: IL LADRO TORNA A DERIDERLA


LATINA, COMMERCIANTE AGGREDITA E
DERUBATA: IL LADRO TORNA A DERIDERLA

Scrivo questa lettera sfogo non in qualità di imprenditrice ma di mamma e di cittadina, che ha a cuore famiglia e la città dove lavora.

I fatti: venerdì pomeriggio un ragazzo romeno si aggira per gli scaffali del negozio di via Diaz, prova diversi capi d’abbigliamento fin quando mia figlia, Simona, gli chiede gentilmente se può essergli utile. Questi reagisce in malo modo e le getta addosso il vestiario che stava provando, rovinato per via dell’antitaccheggio strappato e fatto sparire.

Nasce un’animata discussione tra i due, poi il ragazzo afferra alcune magliette e scappa, mia figlia lo rincorre e lo raggiunge fuori dal negozio e lì il ragazzo colpisce con un violento pugno mia figlia che cade sull’asfalto svenuta. Poi arrivano dei ragazzi che lo bloccano e lo consegnano alla Polizia.

Ma la gravità maggiore dei fatti secondo me, arriva dopo l’arresto del ragazzo.

La procura ne chiede i domiciliari, il gip gli infligge soltanto l’obbligo di firma, fino al giorno dell’eventuale processo in programma a fine maggio. La delusione per questa palese ingiustizia si consolida il giorno dopo quando il ragazzo con i suoi amici si ritrova sotto i portici di via Diaz, di fronte al nostro negozio a bighellonare con l’intento di sbeffeggiare chi ha aggredito appena due giorni prima.

Se questa è la punizione per chi trasgredisce che senso hanno le leggi?

Se chi punisce sa perfettamente che la pena non arriverà mai se non attraverso una semplice forma di rimbrotto, non siamo forse davanti a uno stimolo a delinquere?

La domanda che adesso vorrei porre al gip è: se lui avesse una figlia che rincasando sorprendesse i ladri e questi per fuggire la colpissero violentemente, come si comporterebbe?».
LATINA, COMMERCIANTE AGGREDITA E
DERUBATA: IL LADRO TORNA A DERIDERLA 

Scrivo questa lettera sfogo non in qualità di imprenditrice ma di mamma e di cittadina, che ha a cuore famiglia e la città dove lavora.

 I fatti: venerdì pomeriggio un ragazzo romeno si aggira per gli scaffali del negozio di via Diaz, prova diversi capi d’abbigliamento fin quando mia figlia, Simona, gli chiede gentilmente se può essergli utile. Questi reagisce in malo modo e le getta addosso il vestiario che stava provando, rovinato per via dell’antitaccheggio strappato e fatto sparire. 

Nasce un’animata discussione tra i due, poi il ragazzo afferra alcune magliette e scappa, mia figlia lo rincorre e lo raggiunge fuori dal negozio e lì il ragazzo colpisce con un violento pugno mia figlia che cade sull’asfalto svenuta. Poi arrivano dei ragazzi che lo bloccano e lo consegnano alla Polizia. 

Ma la gravità maggiore dei fatti secondo me, arriva dopo l’arresto del ragazzo. 

La procura ne chiede i domiciliari, il gip gli infligge soltanto l’obbligo di firma, fino al giorno dell’eventuale processo in programma a fine maggio. La delusione per questa palese ingiustizia si consolida il giorno dopo quando il ragazzo con i suoi amici si ritrova sotto i portici di via Diaz, di fronte al nostro negozio a bighellonare con l’intento di sbeffeggiare chi ha aggredito appena due giorni prima. 

Se questa è la punizione per chi trasgredisce che senso hanno le leggi? 

Se chi punisce sa perfettamente che la pena non arriverà mai se non attraverso una semplice forma di rimbrotto, non siamo forse davanti a uno stimolo a delinquere? 

La domanda che adesso vorrei porre al gip è: se lui avesse una figlia che rincasando sorprendesse i ladri e questi per fuggire la colpissero violentemente, come si comporterebbe?».

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