sabato 2 febbraio 2019

Quel giudice che abbona anni ai carnefici!

Risultati immagini per Mario Lucio D’Andria
Oggi ho cercato il nome del giudice, che fregiandosi del potere conferitogli, ha ritenuto che 5 anni di reclusione fossero equi, “giusti” , per alleviare il dolore di una madre che ha visto, o meglio “sentito” morire il figlio di 20 anni...morire dilaniato dalle sofferenze, in una casa piena di gente senza scrupoli, senza pietà per la vita umana.
Ebbene, il nome di questo giudice, Mario Lucio D’Andria, è noto alla sorella di Cucchi, fu proprio lui, sempre in nome del popolo italiano , nel 2014 ad assolvere i carnefici di Stefano, fortunatamente dopo anni di lotte la verità ha stravolto totalmente il suo giudizio.
Il suo nome è noto ai parenti dell’infermiera, Maricica, uccisa nel 2010 alla fermata metro Anagnina, nel nome del popolo italiano, il giudice D’Andria, nel 2012, sentenziò che 8 anni sarebbero bastati come pena al giovane assassino romano, la vita dell’infermiera, romena, valeva appena 8 anni di reclusione, peccato che ne abbia scontati in prigione solo 4, ed ora è a piede libero.
Ho letto della morte di Francesca Moretti, anche in quegli atti compare il suo nome, ad oggi non si sa chi abbia avvelenato Francesca.
Il suo nome compare negli atti della morte di Carlo Macro, giovane ucciso con due colpi di cacciavite al cuore, da un pazzo indiano, mentre si era appartato per urinare, 14 anni, la pena inflitta.
Nel processo per la morte di Vannini, Il giudice a latere, che ha affiancato D’Andria,è Giancarlo De Cataldo, intercettato in conversazioni con il braccio destro di “Massimo Carminati”, tale Salvatore Buzzi, nel vortice di Mafia Capitale.
Ecco chi è il giudice “super partes”, il “deus ex machina”, come si può avere ancora fiducia nella giustizia???

TROVA I LADRI IN CASA E SPARA IN ARIA: GIUDICE RIESCE UGUALMENTE A CONDANNARLO


L’uomo non ha mirato ai banditi ma è stato giudicato «inaffidabile». Il Tar gli dà ragione
Lui, il signor Arduino, pensava di essersi comportato secondo buon senso. Ci teneva a non fare male a nessuno: neanche ai ladri.
Ma d’altronde non poteva stare lì, senza fare niente, mentre quei due gli entravano in casa, dove con lui c’era sua moglie, nella villa spersa nel niente tra le campagne modenesi. Così ha preso il fucile e ha sparato in aria: sul lato opposto, per essere ben sicuro di non colpire nessuno. I ladri sono scappati. E la cosa sembrava finita lì. Eppure il signor Arduino si è ritrovato nel mirino dello Stato.
La sua storia merita di essere raccontata, nel momento in cui la legge sulla legittima difesa si avvia verso l’approvazione definitiva: ed è una legge che consentirà di fare fuoco sui ladri che entrano nelle case senza rischiare l’accusa di omicidio. Arduino non è stato incriminato, anche perché a causa delle sue due schioppettate non è moto nessuno, e nessuno è rimasto ferito. Ma i carabinieri del suo paese e il prefetto di Modena lo hanno accusato di essere diventato «inaffidabile». Sono andati a casa, gli hanno sequestrato fucili e munizioni, il prefetto gli ha revocato la licenza di caccia. E c’è voluta una sentenza del Tar dell’Emilia Romagna, depositata nei giorni scorsi, per ridargli la doppietta, le munizioni e soprattutto la serena certezza di non avere fatto nulla di sbagliato.
Tutto accade il 3 gennaio dello scorso anno vicino a Serramazzoni, sulle pendici dell’Appennino, una trentina di chilometri a sud di Modena. «In zona agricola distante da altri centri abitati», ricorda la sentenza. Sono le otto di sera, Arduino è da solo in casa con la moglie quando sente dei rumori dal pian terreno e si rende contro che i ladri gli stanno entrando in casa. Prende dall’armadio uno dei suoi fucili, lo carica a pallini e spara un paio di colpi. I ladri se la danno a gambe. Due mesi dopo arrivano i carabinieri e portano via tutto, scrivendo che Arduino «si è reso responsabile di spari di arma da fuoco in ragione di un tentativo di furto dimostrando una scarsa affidabilità in materia di detenzione di armi», benché gli stessi carabinieri riportino che il signore «precisava che i colpi venivano esplosi in totale sicurezza all’interno della proprietà privata». Il 28 agosto la Prefettura notifica il divieto di detenere armi, munizioni ed esplosivi presso la propria abitazione».
Ma Arduino non ci sta a passare per un «giustiziere della notte» e con il suo avvocato Antonio Bana ricorre al Tar. «Il mio istinto – dice – è stato quello di andare sulla terrazza, che si trova dal lato opposto rispetto alla finestra, e dopo aver urlato nella direzione della persona ho sparato due colpi in alto con cartucce da passeri nr.11 con l’intenzione di spaventare i malviventi». Risultato raggiunto. Nel suo ricorso, ma senza fare polemiche, Arduino fa presente che i carabinieri, chiamati dalla nipote, sono arrivati sul posto solo 40 minuti dopo. Se i ladri fossero riusciti a entrare in casa, insomma, avrebbero avuto tutto il tempo di finire il lavoro.

venerdì 1 febbraio 2019

Gli immigrati e gli alberghi

Da dove viene una delle storie più ripetute riguardo i richiedenti asilo e i loro alloggi in Italia: e soprattutto, è vera?

Migranti sulla scogliera di Ventimiglia, 15 giugno 2015 (AP Photo/Massimo Pinca)
Da mesi circolano storie e notizie sul fatto che persone richiedenti asilo e rifugiate, accolte di diritto in Italia, conducano una vita confortevole in hotel “di lusso” ricevendo una paga quotidiana, mentre “gli italiani sono senza lavoro”. Si tratta di affermazioni false o nel migliore dei casi incomplete, nate dalle dichiarazioni di alcuni politici e rilanciate da testate inaffidabili, che eppure fanno ormai parte del dibattito sui migranti.
Qualche esempio
All’inizio di marzo il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, ha pubblicato sulla propria pagina Facebook un post in cui diceva:
«Vi piacerebbe fare qualche giorno di vacanza in montagna? Se siete “presunti profughi”, potete! In Trentino, sul Monte Bondone, i gestori di un hotel (sulle piste da sci, con palestra e solarium) vi aspettano. Il signor Luca infatti dice “siamo in grado di ospitare 50 persone, abbiamo 26 stanze e 20 appartamenti grandi… saremmo in grado di fornire loro anche i pasti, dando a disposizione il personale”. Che cuore d’oro… chi paga? Voi».
Sui social network e nei dibattiti televisivi, Salvini insiste molto su questo argomento: parla cioè di centinaia di persone alloggiate come fossero in vacanza in alberghi di lusso a spese dei contribuenti.
Salvini
Queste cose sono state riprese e enfatizzate anche in diversi servizi televisivi e da alcuni giornali di destra, con notizie che raccontavano come alcune persone appena sbarcate si fossero ad esempio rifiutate di alloggiare in alcune strutture perché «la collocazione era stata ritenuta troppo lontana dalle grandi città» o perché mancavano servizi come wi-fi e tv. Quest’ultimo esempio in particolare fa riferimento a quanto accaduto in Toscana all’inizio di maggio, quando alcune persone richiedenti asilo si sono effettivamente rifiutate di scendere dall’autobus che le aveva portate fino a lì e prendere posto nella struttura che le avrebbe dovute ospitare. Precisa però il Corriere:
Inizialmente i volontari hanno raccontato che i profughi non volevano l’albergo perché non c’erano alcuni servizi come wi-fi e tv, ma la questura ha chiarito che il rifiuto era legato a motivi religiosi e perché in quell’albergo c’erano anche ospiti delle donne.
Un altro esempio: l’Hotel Royal di Cattolica citato lo scorso novembre da Salvini e descritto come un 3 stelle con piscina e spiaggia si chiama in realtà Royal Sands Children’s, non ha la piscina e è stato donato da una famiglia di Cattolica all’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi. Dal settembre del 2001 la struttura è gestita da una coppia che fa parte dell’associazione e che è responsabile anche di una “casa famiglia” che accoglie persone con vari problemi: fa dunque parte del sistema di accoglienza pianificato dallo Stato italiano.
“Hotel di lusso”
Il sistema di accoglienza in Italia è articolato e complicato, e non è molto chiaro a quali strutture faccia direttamente riferimento Salvini quando parla di “hotel di lusso”. Sul sito del ministero dell’Interno si dice:
«i cittadini stranieri entrati in modo irregolare in Italia sono accolti nei centri per l’immigrazione dove ricevono assistenza, vengono identificati e trattenuti in vista dell’espulsione oppure, nel caso di richiedenti protezione internazionale, per le procedure di accertamento dei relativi requisiti».
Queste strutture si dividono in: centri di primo soccorso e accoglienza (Cpsa), centri di accoglienza (Cda), centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) e centri di identificazione ed espulsione (Cie).
I Cpsa accolgono i migranti al momento del loro arrivo in Italia. Qui vengono fornite le prime cure mediche necessarie, vengono fotosegnalati, possono richiedere la protezione internazionale e poi, a seconda della loro condizione, vengono trasferiti nelle altre tipologie di centri. I centri di accoglienza (Cda), dice il ministero, «garantiscono prima accoglienza allo straniero rintracciato sul territorio nazionale per il tempo necessario alla sua identificazione e all’accertamento sulla regolarità della sua permanenza in Italia». Chi richiede la protezione internazionale viene invece inviato nei centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara), per l’identificazione e l’avvio delle procedure necessarie. Chi non fa richiesta di protezione internazionale o non ne ha i requisiti viene trattenuto infine nei centri di identificazione ed espulsione (Cie). Va precisato che queste stesse strutture, per le quali è fissata per legge una durata massima di permanenza, vengono invece utilizzate anche come centri di accoglienza di lunga durata.
Parallelamente a queste strutture ci sono i centri del cosiddetto Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) per i richiedenti asilo, rifugiati e destinatari di protezione sussidiaria. Lo Sprar è stato istituito nel 2002 in seguito a un accordo stipulato dal ministero dell’Interno, dall’ANCI e dall’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (UNHCR), che hanno cercato di mettere ordine nei programmi di accoglienza in precedenza gestiti a livello locale. Il ministero dell’Interno emana periodicamente un bando per l’assegnazione dei posti, gli enti locali interessati – con le organizzazioni del terzo settore selezionate a livello locale – partecipano al bando e i progetti vengono approvati se “idonei” in base a una serie di parametri piuttosto rigidi. In pratica, enti locali e associazioni mettono a disposizione dei posti letto e lo Stato sceglie di quali usufruire attraverso un bando, che tiene conto dei costi e di altri criteri. Secondo i dati del ministero dell’Interno i posti finanziati per gli anni 2014-2016 sono 20.744: tra questi rientrano anche, tra le varie strutture, alcuni alberghi. Nella grandissima parte dei casi, stando alle informazioni disponibili, si tratta di strutture distanti dagli hotel in cui si passano le vacanze (tanto che i loro gestori hanno deciso di destinarle allo Sprar invece che al pubblico): ma vengono considerate comunque tra le migliori e più adeguate sistemazioni che lo Stato oggi possa mettere a disposizione di chi richiede asilo e protezione.
C’è infine un ultimo tipo di centri. Nel tempo sono nate infatti altre strutture per l’accoglienza in contesti “straordinari” che hanno assunto via via nomi differenti: ci sono stati i centri Ena per far fronte alla cosiddetta “emergenza nord-Africa” nel 2011 o, in anni più recenti, i Cas (Centri di accoglienza straordinari). Di volta in volta si è dato mandato alle prefetture di trovare strutture per l’accoglienza: palestre, alberghi, appartamenti, B&B e altri posti sparsi in tutta Italia e gestiti da cooperative, associazioni e soggetti del terzo settore.
Queste strutture “informali”, nate a fronte di un’emergenza, vengono messe a disposizione per un’accoglienza che si limita a garantire il vitto e l’alloggio e sono state molto criticate: ma non perché si tratti di strutture lussuose, bensì in molti casi per il motivo opposto. Nonostante queste strutture siano state “attivate” per un’accoglienza di emergenza, e dunque si presume di breve durata, diventano in molti casi posti in cui i richiedenti asilo trascorrono settimane senza che siano garantiti loro servizi fondamentali, come quello per esempio dell’assistenza sanitaria e legale. In molti casi, poi, si tratta di strutture inadeguate: il Tropicana, un vecchio night club a Ragusa, ne è un esempio. In questo video di Al Jazeera si vede chiaramente che non si tratta di un albergo di lusso.
I centri per l’accoglienza sono finanziati attraverso il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo (FNPSA), un fondo ordinario che prevede specifiche risorse iscritte nel bilancio di previsione del ministero dell’Interno, donazioni di privati e enti e le assegnazioni annuali dei fondi europei. Attualmente per ogni richiedente asilo vengono versati in media 35 euro al giorno. Lo Sprar costa la stessa cifra dei Cas e dei Cara: 35 euro per ospite. Non si tratta di un importo fisso, né definito per legge, e può variare da regione a regione in base al costo della vita e all’affitto delle strutture: in ogni caso si tratta di denaro che non viene versato direttamente agli ospiti ma che viene corrisposto ai gestori di tutti i centri. Questo denaro serve a coprire le spese per il vitto, l’alloggio, la pulizia, la manutenzione, in alcuni casi la formazione degli operatori e così via: quindi è anche con questo denaro che vengono pagate le persone che lavorano nei centri, per esempio i dipendenti delle imprese di pulizie. Da questa parte solo una piccola somma viene data ai migranti per le spese quotidiane: si tratta del cosiddetto pocket money e consiste, in media, in 2,50 euro al giorno a persona.

Senatori che paghiamo anche da morti: ecco l’elenco completo censurato dalla Stampa italiana



Una volta ultimato il mandato presidenziale, il senatore a vita ha il diritto di ricevere il cosiddetto “assegno di fine mandato”. Gli eredi di Giulio Andreotti, ad esempio, hanno presentato la domanda al Senato per avere la liquidazione da Senatore a vita, nonostante gli importi siano alti, sono calcolati su criteri molto simili a quelli dei comuni lavoratori.
Sia Andreotti che tutti gli altri senatori a vita, hanno ricevuto gli assegni di fine mandato dagli anni 50 ad oggi. Fino ad oggi sono 34 ad essere stati incassati dagli eredi alla morte del senatore. Gli eredi dei senatori dell’anno 2010 hanno ricevuto il cosiddetto “pagamento agli eredi di persona deceduta” ben 901.818,23 euro. In questo caso, nel 2010 era deceduto solo il senatore Cossiga.
Tra gli altri Senatori a vita che sono deceduti nella storia della Repubblica italiana, troviamo Leo Valiani con 17 anni di attività, Norberto Bobbio 20 anni, Eugenio Montale 14 anni, Giuseppe Saragat 17 anni, Giovanni Gronchi 16 anni e Rita Levi Montalcini con 11 anni di attività. Tra quelli con un’attività più breve si ricordano Arturo Toscanini che dopo un solo giorno si è dimesso, Trilussa con un’attività di 20 giorni, Mario Luzi e Vittorio Valletta della durata di 4 mesi e 9 mesi rispettivamente.
Inoltre, il secondo comma dell’articolo 59 della Costituzione indica che il Presidente della Repubblica ha il diritto di nominare come senatori a vita, 5 cittadini che si sono impegnati per la Patria nel campo sociale, artistico, letterario e scientifico. Ad esempio, il presidente Giorgio Napolitano, durante il suo primo mandato ha nominato un solo senatore a vita scegliendo Mario Monti che a sua volta ne ha nominati quattro. Tra questi, Lorenzo Piano, Elena Cattaneo, Claudio Abbado e Carlo Rubbia durante il suo secondo mandato. Il presidente Sergio Mattarella ha scelto di nominare come senatore a vita Liliana Segre, reduce dell’Olocausto e nominata senatrice italiana a vita lo scorso 19 gennaio 2018.
La donna è sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti e ne è la testimone.
Ma quanto ci costano i senatori a vita?
I senatori che vengono nominati dal Presidente della Repubblica ci costano 21.850 euro al mese o 276.639 all’anno per ognuno. L’indennità parlamentare è di 5.219 euro al mese, alla cifra si aggiunge una diaria fissa di 129 euro e una variabile di 3.370. Ma non solo, a queste cifre vengono aggiunti i rimborsi delle spese per l’esercizio del mandato che è pari a 4.180 euro e un rimborso spese forfettario di 1.650. Pensate che sia finita qui? Vi sbagliate. Al totale di queste cifre vengono aggiunti anche i rimborsi delle spese per ragioni di servizio pari a 108 euro, un rimborso di 195 euro per la dotazione di strumenti informatici, l’assicurazione RC di 312 euro e la polizza a vita di 221 euro. Poi si aggiungono anche altre voci di spesa come i treni, gli aerei, le autostrade ecc che arrivano ad un totale di 1.651 euro al mese.

Usa, diffusi online i nomi di 300 preti pedofili: l'iniziativa di tutte le diocesi del Texas

Usa, diffusi online i nomi di 300 preti pedofili: l'iniziativa di tutte le diocesi del Texas

Usa, diffusi online i nomi di 300 preti pedofili: l'iniziativa di tutte le diocesi del Texas
(lapresse)
Abusi sessuali di cui i prelati sarebbero responsabili a partire dagli anni '50
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CITTÀ DEL VATICANO. Sono in tutto 286 i sacerdoti (172 già deceduti) che in Texas sono stati accusati di aver abusato sessualmente di minori a partire dal 1950. I loro nomi sono stati resi noti dai responsabili della Chiesa cattolica. Un numero che rappresenta una delle più grandi liste di nomi mai pubblicate dopo il rapporto del Grand Jury della Pennsylvania che parlava di oltre 300 sacerdoti abusatori di più di mille minori. In tutto le diocesi che hanno fornito i nomi in Texas sono quattordici: la quindicesima, Fort Worth, aveva già fornito i dati sulla situazione lo scorso ottobre.

A pochi giorni dall’apertura in Vaticano di un summit sulla pedofilia, l’operazione statunitense cerca la trasparenza dopo che altre diocesi hanno fatto lo stesso, e con loro anche alcuni ordini religiosi fra i quali i gesuiti.



“I vescovi del Texas hanno deciso di rilasciare i nomi dei sacerdoti in questo momento perché è corretto e giusto, con l’obiettivo di offrire speranza a coloro che hanno sofferto”, ha detto il cardinale Daniel DiNardo, arcivescovo della diocesi di Galveston-Houston e presidente della Conferenza episcopale Usa.

Recentemente il comitato che in Vaticano organizza l’incontro sulla pedofilia ha inviato una lettera in cui esorta tutti i capi delle Chiese a seguire l’esempio di Francesco e a incontrare personalmente le vittime degli abusi, prima del vertice di Roma. “Il primo passo deve essere riconoscere la verità su ciò che è accaduto”, si legge nella lettera. Gli incontri personali sono un modo concreto per “assicurare che al raduno, le vittime di abusi del clero siano al primo posto nella mente di tutti”.

Responsabilità e trasparenza saranno al centro del confronto con il Papa, “mentre i partecipanti lavoreranno insieme per rispondere a questa grave sfida”.

Istat, un italiano su dieci ha subito un reato

Rapina a mano armata


Roma, 1 feb – Altro che Belpaese dove il sì suona, come scriveva Dante. Altro che terra del sole e del mare. L’Italia e gli italiani sono sempre più vittime dei delinquenti. Lo certifica nero su bianco uno studio dell’Istat che ha preso in esame il numero dei cittadini che nel biennio 2015-2016 sono rimaste vittime di reati nei dodici mesi precedenti. Il risultato è da far cadere le braccia, perché in totale il 10,2 per cento degli italiani ha dovuto fare i conti con il crimine: il 3,7 per cento con i furti (dai borseggi agli scippi), l’1,6 con reati ancor più violenti come aggressioni e rapine, lo 0.9 con le minacce.
Chi ha commesso i reati? Secondo le vittime, in attesa, sempre che sia possibile, che le forze dell’ordine ricostruiscano gli episodi, il 56,8 per cento delle aggressioni è fatta da connazionali contro il 31,2 di stranieri (che costituiscono meno del 9 per cento della popolazione totale), il 6,1 per cento di bande miste e un 5,9 non sa riconoscere la provenienza dei delinquenti. Dati che parlano ancor più con idiomi stranieri per le rapine: il 54,7 è commesso, sempre secondo le ricostruzioni delle vittime, da non italiani. Senza considerare che il 13,1 è vittima di rapine da gruppi composti da italiani e stranieri. Negli scippi va ancora peggio: il 58,9 per cento è opera di stranieri, il 31,6 non viene identificato, solo il 9,2 è perpetrato da italiani. E attenzione: nei reati contro le persone, la multi-vittimizzazione (ovvero subire lo stesso reato più volte) è pari al 23,6 per cento.
Dunque lo choc, per molti, è destinato purtroppo a rimaterializzarsi. La delinquenza occupa sempre maggiori spazi anche nel campo delle nuove tecnologie: circa il 5 per cento degli italiani ha subito truffe informatiche e clonazione delle carte bancarie. Il phishing ha riguardato il 7,7 per cento delle persone, le quali hanno risposto a email false in cui si chiedevano credenziali; l’11,8 di coloro che comprano on line ha finito per essere vittima di una truffa. Le frodi legate legate a contratti e forniture di servizi hanno coinvolto il 2 per cento delle famiglie. Sempre tra i reati in ambito domestico, largo spazio a quelli relativi ai veicoli (10,7 per cento) e all’abitazione (5,6). Rispetto alla precedente indagine (del 2008-2009) si registra un consistente incremento dei reati informatici, di scippi e rapine (quasi raddoppiate le denunce), di furti in abitazione e di ingressi abusivi e, per quanto riguarda i veicoli, di furti di bicicletta e di moto. Diminuiscono, invece, i furti di oggetti personali e di automobili e ciclomotori.

Dove si verificano i reati?

Ma dove avvengono i reati? Dipende. Secondo i dati Istat, il rischio di subire reati è maggiore nel Nord-est e al Centro per quanto riguarda scippi, furti di oggetti personali e borseggi. Sempre al Centro sono le maggiori probabilità di ricevere aggressioni e minacce e subire i reati contro la famiglia, seguito ancora dal Nord-est. In Emilia Romagna, Toscana e Veneto sono più frequenti i furti nell’abitazione. Emilia Romagna e Lazio peggiorano nettamente per i reati violenti (da 0,5 per cento a 2,2 e da 1,5 a 3) mentre migliora la Campania (da 2,1 per cento a 0,6). Quest’ultima regione mostra segni di miglioramento anche per i reati contro la proprietà individuale (da 5,8 per cento a 3,6), così come la Puglia dove scippi, furti di oggetti personali e borseggi calano da 3,4 per cento a 1,5. Gli stessi reati diminuiscono anche in Piemonte (da 5,1 per cento a 2,5). Come prevedibile, nelle aree metropolitane si registra la maggiore frequenza di reati individuali: scippi e borseggi in primis.
Il 36,4 per cento delle aggressioni e il 21,2 delle rapine sono commessi di notte, dopo le 21 o nelle prime ore del mattino. E la possibilità di ritrovare i propri beni? Non fateci troppo affidamento nonostante gli sforzi degli investigatori. Meno del 15 per cento dei derubati riesce a recuperare totalmente o parzialmente i beni sottratti, principalmente le auto. Qualcuno avrà ancora il coraggio di parlare di semplice percezione emotiva, quando viene affermato che la sicurezza, negli ultimi anni, anche grazie ai modesti investimenti a disposizione delle forze dell’ordine, è andata a picco?

Entro in chiesa. Mi metto a recitare il rosario in latino. Mi si avvicina un signore. Dice: "Fossi in te eviterei"... - di Aldo Maria Valli




Entro in chiesa. Mi metto a recitare il rosario in latino. Mi si avvicina un signore.

Dice:

– Fossi in te eviterei.

Lo guardo. Chiedo:

– E lei chi è?

– Un prete.

– Un prete?

– Sì.

– E perché non è vestito da prete?

– Oh! Non si usa più. Dobbiamo accogliere…

– E lei non può accogliere vestito da prete?

– Ti piace scherzare, eh?

– Non sto scherzando!

– Comunque, non starai mica recitando il rosario contro gli immigrati, come hanno fatto in Polonia…

– Veramente lo sto recitando per le anime del purgatorio.

– Purgatorio?

– Sì, perché?

– Sei sicuro che esista?

– Che cosa?

– Il purgatorio.

– Certo che sì!

– Mah, io non sarei così sicuro.

– In che senso?

– Retaggio medievale… Il Dio giudice, il castigo. Poca misericordia. Chi siamo noi per giudicare?… E, comunque, perché in latino?

– Perché mi piace.

– E perché ti piace?

– Perché mi fa sentire più vicino a Dio.

– Uhm…

– Che c’è?

– Non sarei così sicuro.

– Di che?

– Che il latino avvicini a Dio.

– Ma non è il latino in sé. È il latino in quanto lingua del sacro.

– Sacro?

– Sì.

– Uhm…

– Che c’è adesso?

– Non sarei così sicuro.

– Di che?

– Di quel che dici sul sacro.

– Ovvero?

– Il sacro… idea vecchia. Non c’è bisogno di stare in un luogo o di esprimersi in un certo modo.

– Vabbé, come vuole. Posso continuare a recitare il rosario?

– Fai, fai. Per quanto…

– Che c’è ancora?

– Sei sicuro?

– Di che?

– Delle parole che dici.

– Certo che sono sicuro!

– Anche quando dici il «Padre nostro»?

– Ma certo!

– Uhm…

– Che c’è?

– Ma all’epoca mica c’era il registratore. Come fai a essere sicuro?…

– Senta, vorrei recitare il mio rosario.

– Comunque, fossi in te…

– Che c’è?

– Lo direi a bassa voce.

– Ma perché?

– Magari poi ti prendono per polacco…

– Ma per favore! Vuole lasciarmi in pace?

– Pace?

– Sì, in pace, grazie.

– Uhm…

– Che c’è adesso?

– Un vero cristiano è sempre inquieto…

– Senta amico… Ho poco tempo e vorrei finire.

– Ah, il tempo! Non sai che è superiore allo spazio?

– Ma che dice?

– Non lo dico io…

– Va bene, come vuole. Ora però vorrei recitare il rosario.

– In latino?

– Sì, gliel’ho già spiegato.

– Mah! Sai, non vorrei…

– Che cosa?

– Che poi ti prendessero per tradizionalista. Oltre che polacco…

– Guardi, non me ne importa niente, mi prendano pure per ciò che vogliono.

– Contento tu…

– Certo, contento io.

– Anche se…

– Che cosa?

– In nome della parresia…

– Embé?

– Io dovrei… ecco dovrei denunciarti in quanto tradizionalista.

– Ma che dice?

– Comunque sarò misericordioso…

– E?…

– E ti do un consiglio d’amico: meglio non stare in ginocchio.

– E perché?

– In ginocchio sta il fariseo, l’ipocrita…

– Ma che dice?

– Eh! Le prescrizioni…

– Ma che prescrizioni!? Sto in ginocchio perché ci voglio stare! È devozione!

– Devozionalismo, direi…

– Ma mi faccia il piacere!

– Comunque, amico, parli piano. Non dia scandalo…

– Ah! Questa è bella! Io darei scandalo…

– Certo, con queste pratiche del passato. Mentre tutto cambia. Cogliere i segni dei tempi! Ci vuole discernimento!

– Ecco, bravo, discerna. Io intanto dico il rosario.

– E così tu ti senti a posto, eh?

– Non mi sento a posto. Mi sento meglio.

– Sì, con quella faccia da peperoncino all’aceto!

– Ma come si permette?

– Gioiosi, noi dobbiamo essere gioiosi! E invece voi profeti di sventura…

– Profeta di sventura sarà lei!

– Ah, ecco la tipica aggressività del tradizionalista!

– Io non sono aggressivo. Sono solo stanco delle sue assurdità!

– Ah! Ecco il duro di cuore…

– Lei è pazzo!

– Non lo sa che il cristiano è missionario di misericordia?

– Ma se ne vada!

– Uomo della gioia! Ecco il cristiano! Non intollerante e fondamentalista…

– Io non sono intollerante! E sono fondamentalista solo nel senso che ho a cuore le cose fondamentali! E voglio solo recitare il mio rosario!

– Qui manca il discernimento, è chiaro…

– Lei è davvero incredibile…

– Ecco il cristiano da salotto…

– Ma che salotto e salotto!

– Sì, da salotto: chiuso, rigorista…

– Io non sono chiuso! Lo divento quando incontro gente come lei!

– Già già… Volete passare per credenti e pensate solo a voi stessi… Sepolcri imbiancati…

– Signore aiutami!

– Che fa?

– Prego il Signore! Che mi aiuti. Che mi dia la forza! Che mi trattenga!

– Da che cosa?

– Dal mandarla… a quel paese!

L’uomo sorride e mi fa l’occhiolino. Poi dice:

– Bravo! Esame superato.

– Come? Non capisco?

– Hai superato la prova a cui ti ho sottoposto. Noi ogni tanto lo facciamo.

– Voi…?

– Sì, noi dell’SVF.

– SVF?

– Servizio Valutazione Fede. Facciamo domande e valutiamo. Ma adesso continua pure a pregare, e scusami per il disturbo.

Non so come replicare. Sono senza parole. Mi limito a sussurrare:

– Bene, grazie.

L’uomo sorride. Il suo volto ora mi sembra luminoso. Dice:

– Ah! Dimenticavo: ecco qua… l’attestato.

E mi allunga un’immaginetta. Raffigura l’arcangelo Michele difensore della fede. Con tanto di spada.

Mi volto per ringraziarlo. Ma è sparito.

Aldo Maria Valli

Fonte:

www.aldomariavalli.it/…/servizio-valuta…



Mi cha el
È vero! Il suo stile effettivamente ricorda quello di Guareschi


Mi cha el
Bellissimo

Acchiappaladri
Bellissimo!!!! Non so perché ma mi fa un po' venire in mente Guareschi. Bravo dr. Valli: sta ogni giorno migliorando nella sua comprensione del disastro di Fede oggi presente là dove ci aspettavamo che la Fede fosse promossa, fatta crescere e difesa e con la sua buona penna condivide col pubblico questa sua comprensione.

Peccato che questi piccoli capolavori non vengano trasmessi dal datore di … Espandi