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Notizie
Paolo Roat a IO STO CON I BAMBINI STRAPPATI
No comment... Che è meglio!!! Per favore siate cortesi anche se vi prudono le mani.
va.news-republic.com
(Fotogramma)
Pubblicato il: 09/07/2019 11:28 I carabinieri della sezione di polizia
giudiziaria della Procura della Repubblica di Bari hanno eseguito una
misura
Milena Brendolise ha condiviso un post nel gruppo: Sostenitori delle Forze dell'Ordine.
🔴
FINANZIAMENTI RUSSI ALLA LEGA? E DEI SOLDI DEL PCUS E DEL KGB NE
VOGLIAMO PARLARE? E SULL'ASSASSINIO DI FALCONE E BORSELLINO MANTENIAMO
IL SILENZIO?
C'è un libro nero che parla della peggiore mafia italiana, ma questo libro non verrà mai spinto nei salotti della TV e nonostante sia scritto molto bene e con dettagli precisi oltre che dimostrabili non otterrà mai il successo di uno dei libri di Saviano.
Un libro scomodo alla sinistra. E come tutto ciò che è scomodo alla sinistra, come del resto capita anche a me in questo periodo, viene censurato. Il libro di cui parlo torna sull'indagine che il magistrato ucciso a Capaci stava svolgendo su un enorme fiume di denaro che da Mosca arrivava al Pci. Dell'inchiesta però non si parlo più. Tutto fu messo a tacere e nella storia d'Italia comparve un'altra buco enorme di vuoto assoluto, di verità taciute e mai scritte.
C'è un libro nero che parla della peggiore mafia italiana, ma questo libro non verrà mai spinto nei salotti della TV e nonostante sia scritto molto bene e con dettagli precisi oltre che dimostrabili non otterrà mai il successo di uno dei libri di Saviano.
Un libro scomodo alla sinistra. E come tutto ciò che è scomodo alla sinistra, come del resto capita anche a me in questo periodo, viene censurato. Il libro di cui parlo torna sull'indagine che il magistrato ucciso a Capaci stava svolgendo su un enorme fiume di denaro che da Mosca arrivava al Pci. Dell'inchiesta però non si parlo più. Tutto fu messo a tacere e nella storia d'Italia comparve un'altra buco enorme di vuoto assoluto, di verità taciute e mai scritte.
«Chi ha
ammazzato il povero Ivan?», titolava un giornale russo dando la notizia
della strage di Capaci e della morte di Giovanni (Ivan in russo) Falcone
avvenuta il 23 maggio del 1992.
«Chi ha ammazzato il povero Ivan» è anche il verso di una filastrocca popolare russa simile a «Maramao perché sei morto?». Il significato era ironico, ma in Russia tutti avevano capito chi aveva veramente ammazzato il povero Giovanni Falcone, ma soprattutto il perché lo avevano ammazzato.
Giovanni Falcone era molto popolare presso l'opinione pubblica russa ancora stordita dalla fine della dittatura comunista e dell'Unione Sovietica. Lo era diventato ancora di più quando aveva stretto un rapporto di ferro con il procuratore generale russo Valentin Stepankov. Falcone era così diventato per i russi non soltanto l'alleato, ma anche il maestro di Stepankov.
Il viaggio di Falcone a Mosca non ebbe mai luogo: la strage avvenne poche settimane prima della data concordata. Si realizzava così la cinica massima di Stalin: «Dove c'è uomo, c'è problema. Niente più uomo, niente più problema». Quando fu ucciso, Falcone non aveva più poteri da procuratore, era il periodo in cui fu confinato dietro la scrivania di Direttore degli affari penali in via Arenula a Roma.
Francesco Cossiga raccontò che l'ambasciatore russo Anatolij Adamiscin era venuto direttamente fino a Roma a trovarlo, era agitatissimo e le sue parole furono esattamente questa: "Si può sapere a che gioco giocano gli italiani? Perché nessuno interviene?"
Il presidente della Repubblica Cossiga apprese così da Adamiscin che fra il 1991 e l'inizio del 1992, la Repubblica Russa ex Sovietica era stata letteralmente dissanguata dall'esportazione del tesoro del Pcus, dei fondi segreti del Kgb e di molti patrimoni occulti della nomenklatura sovietica. Cossiga disse che Adamiscin gli parlò della più devastante operazione criminale-finanziaria di tutti i tempi. Secondo l'ambasciatore, il tesoro di Mosca era stato fatto affluire in Italia attraverso canali finanziari già usati per il trasferimento di "aiuti ai partiti fratelli" e alle loro aziende.
Cossiga in quel tempo parlò con il presidente del Consiglio Giulio Andreotti, che era allora in corsa per il Quirinale, benché l'assassinio del suo proconsole siciliano Salvo Lima avvenuta il 12 marzo di quell'anno, l'avesse ormai azzoppato.
Andreotti rispose a Cossiga con queste parole: "Sì, bisogna fare qualcosa. Ma non sono io la persona adatta: se tiro in ballo il Pcus e il Kgb potrei solo irritare i comunisti, mentre i loro voti mi sono indispensabili". Poi dopo una breve riflessione - "Ho un'idea" - aggiunse Andreotti - "chiama Giovanni Falcone e chiedigli di dare una mano con discrezione. Gli fornirò la copertura diplomatica".
Cossiga convocò così il giudice Giovanni Falcone e gli fece una proposta che, se non era indecente, era almeno stravagante, visto che Falcone non aveva più il potere giudiziario di indagare.
Cossiga spiego il problema con queste parole a Falcone: "Dobbiamo far capire ai russi che prendiamo sul serio il problema. Sono sicuri che dietro il trasferimento di fondi ci siano entità potenti che vanno oltre la vecchia filiera dei finanziamenti del Pcus al Pci".
Falcone accettò e come suo solito si gettò a capofitto nell'inchiesta che aveva a un capolinea Mosca e all'altro Palermo e Roma. Cercò Stepankov, che lo raggiunse a Roma. I due si piacquero molto.
Claudio Martelli, che era stato ministro di Grazia e giustizia all'epoca della strage di Capaci, alla presentazione del libro "Oro da Mosca" di Valerio Riva e Francesco Bigazzi (Mondadori, 1999) - cui parteciparono lo stesso Valentin Stepankov e Giulio Andreotti - rievocò lo stato d'animo di Falcone: "Un giorno venne in ufficio da me. Era molto eccitato perché aveva avuto un'eccellente impressione di Stepankov (un uomo di prim'ordine) e poi per la materia evidentemente incandescente di cui si stava occupando".
Nota: credetemi che il termine "incandescente" è un aggettivo appropriato visto che si stava smuovendo un vespaio.
Tre giorni dopo la strage di Capaci, il quotidiano russo Izvestia (Notizie, già organo dei soviet dal 1917) pubblicò un articolo subito ripreso dal Corriere della Sera in cui si leggeva che "l'omicidio del magistrato Giovanni Falcone era probabilmente connesso con quel che stava avvenendo in Russia, visto che era stato incaricato di coordinare le indagini sul riciclaggio dei fondi del Pcus in Italia, su invito dell'ex presidente Cossiga".
Scriveva Izvestia su Falcone: "quel giudice lavorava in coordinazione con la brigata speciale che si occupa della medesima indagine a Mosca sui fondi trafugati dal Pcus e portati all'estero prima del crollo del regime comunista".
Il quotidiano Izvestia asseriva che l'Italia faceva parte di un ristrettissimo numero di Paesi in cui i soldi del partito e dello Stato sovietico scorrevano a fiumi e che solo negli anni Settanta, sei milioni di dollari erano stati trasferiti annualmente dal Politburo come aiuto fraterno al PCI. La cosa più probabile è che i soldi del partito e dello Stato fossero pompati nelle strutture occulte italiane oltre che reinvestiti o meglio riciclati nel settore immobiliare. Basterebbe dare un'occhiata e fare una visita catastale sulle proprietà immobiliari di Bersani per scoprire le migliaia di immobili che risultano intestate a suo nome. Fatti evidenziati in un'inchiesta giornalistica di Libero del 2012 ai tempi in cui alla direzione del giornale c'era lo stimato Belpietro. Inchiesta che lo trasformò in un nomade giornalistico che passo di redazione in redazione e sempre assoggettato a beghe di ogni tipo. L'inchiesta è l'articolo che vi allego di Franco Bechis stranamente fu messa subito a tacere e la Magistratura italiana non si interessò mai di quel fiume di denaro e delle migliaia di immobili del PCI poi passate come intestazione ai galoppini del PD.
Per maggiori informazioni leggere qui: https://www.liberoquotidiano.it/…/elenco-immobili-di-bersan…
Ricordiamo però una frase celebre ed estremamente veritiera dello stesso Cossiga: "In Italia non importa quanti voti hai, se possiedi la magistratura, governi!"
L'Italia era il paese particolare per eccellenza, non è stata scelta a caso dalla Russia visti anche gli enormi investimenti del Partito comunista, le strutture della mafia molto sviluppate, la posizione radicata e di forza dei comunisti locali in tutte le istituzioni e nella magistratura stessa, i solidi contatti che si erano stabiliti da tempo creando una vera e propria associazione di stampo mafioso sulla quale la magistratura non ha indagato MAI. Tutto ciò prometteva grandi profitti agli investitori.
Già alla fine del 1991 il procuratore generale della Russia, Valentin Stepankov, aveva incontrato Falcone a Roma. E da allora i due si scrivevano costantemente, concordavano incontri di persona e pianificavano azioni comuni dei giudici italiani e russi...ma la faccenda oltre che "incandescente" come abbiamo visto si trasformò presto in una faccenda assai pericolosa.
Nello stesso articolo del quotidiano Izvestia si sosteneva inoltre che i miliardi trafugati e portati in Italia potessero essere riciclati soprattutto attraverso canali mafiosi dallo stesso PCI.
#Nota: Vien da chiedersi se le stesse metodiche non siano state utilizzate dopo dal nuovo PD dato che le facce che circolavano negli anni sono sempre state le stese.
Dirà nel 1999 Stepankov alla presentazione del libro "Oro da Mosca":
"Ho avuto due incontri con Falcone. Gli ho raccontato dei metodi utilizzati per il trasferimento dei soldi in Italia e lui mi rispose che il presidente della Repubblica gli aveva chiesto di scoprire che fine facevano questi soldi. Quando sono tornato in Russia, lo invitai ufficialmente, ma dopo il telegramma di conferma, abbiamo saputo della sua tragica morte".
La divisione dei compiti fra Stepankov e Falcone era dunquechiara: il primo si occupava di indagare su quel che succedeva alla valuta in uscita e Falcone cercava i punti d'arrivo che stranamente lo portavano sempre in Via delle Botteghe Oscure a Roma dove c'era la storica sede del PCI.
Lo shock che investì il Parlamento italiano per la strage di Capaci e le inchieste pericolose di Falcone fecero saltare anche Cossiga e portanono all'elezione accelerata di un presidente istituzionale, Oscar Luigi Scalfaro.
Andreotti era stato invitato cordialmente a dimettersi e gli era succeduto al governo Giuliano Amato, il quale, partecipando il 28 luglio alla trasmissione di Alberto La Volpe Lezioni di mafia, disse una frase che raggelò il sangue nelle vene:
"Una cosa è certa: Cosa Nostra non è soltanto italiana. E poi: "Non c'è più bisogno di infiltrare il Kgb, che forse infiltrava noi. Dobbiamo usare l'intelligence per avere più occhi ed orecchie dentro la mafia".
Paolo Cirino Pomicino fu un altro personaggio divenuto scomodo. Lo stesso politico pubblicò nel 2000 il libro "Strettamente Riservato" (Mondadori) in cui scrisse:
"Giovanni Falcone avrebbe dovuto incontrare a Mosca il procuratore Valentin Stepankov, che indagava sull'uscita dalla Russia di somme ingenti di denaro nelle disponibilità del Pcus. Stepankov ha detto che dopo la morte di Falcone, nessuno gli ha mai più chiesto nulla. Come mai Falcone svolgeva indagini non più di sua competenza? Tutte le conoscenze che Falcone aveva sui flussi di denaro sporco passarono allora a Paolo Borsellino che, a sua volta, secondo l'annuncio dato da Scotti e Martelli in tv, avrebbe dovuto assumere la guida della Procura nazionale antimafia. Fu la sua condanna a morte. Due mesi dopo Borsellino saltò in aria alla stessa maniera di Falcone".
Sto parlando dello stesso Paolo Cirino Pomicino che abbiamo sentito spesso pronunciare dalla bocca di Di Maio come personaggio scandaloso nella questione vitalizi e pensioni d'oro. Lui, Cirino, uno che per la questione vitalizi e pensioni d'oro vale come il due di denari quando in tavola c'è coppe.
Ma i comunisti non dimenticano mai i nemici, presto o tardi te la fanno sempre pagare sia che si travestano da PD o da M5S. Vedi infatti che la questione vitalizi e pensioni d'oro ha toccato tutti, tranne gli amici dei sindacati, i sindacati stessi dove con il sistema retributivo si elargiscono pensioni stratosferiche sulle quali nessuno fiata perché di regola sono tutti ex PCI o di rifondazione comunista.
Tornando a quei tempi, vorrei sottolineare che il 18 giugno del 1992 Vincenzo Scotti era l'allora Ministro dell'Interno. Cito "La Repubblica":
"La decisione di uccidere Giovanni Falcone e l'organizzazione dell'attentato non sono stati soltanto opera della mafia siciliana".
Il direttore dell'agenzia spagnola Efe, Nemesio Rodriguez, scrisse una lunga nota in cui riferiva che il ministro degli Interni italiano "si è detto convinto che il motivo dell'assassinio di Falcone va molto al di là dei confini nazionali...".
Lo storico Giancarlo Lehner, racconta un retroscena che definire inquietante è poco. Disse di aver progettato un libro sulla morte di Falcone e che la notizia era stata pubblicata da un settimanale. Riguardava una precisa telefonata di Giulio Andreotti in cui gli disse: "Mi venga a trovare. Forse posso fornirle dei documenti".
Lehner andò nello studio di piazza San Lorenzo in Lucina ed Andreotti gli disse di aver personalmente fornito a Falcone la copertura diplomatica per lavorare con Stepankov e la sua squadra di investigatori sul riciclaggio del tesoro sovietico in Italia poi aggiunse: "Al ministero degli Esteri ci sono tutti i dispacci che davano la necessaria copertura diplomatica a Falcone. Posso farglieli avere come prova documentale di quel che cerca".
Lehner ringraziò e attese. Ma Andreotti lo richiamò di nuovo nel suo studio e gli disse queste testuali parole: "Se posso darle un consiglio, lasci perdere il suo libro sulla morte di Falcone".
Lehner rimase sbalordito ma Andreotti gli fornì una spiegazione:
"Alla Farnesina, dove non si è mai perso neanche un francobollo, mi hanno detto che i documenti della missione di Falcone non si trovano più. È impossibile. Devo concludere che sono stati eliminati da una entità più forte di noi".
Il Procuratore Nazionale Antimafia Piero Grasso disse il 27 ottobre 2009, davanti alla Commissione Antimafia:
"Resta il sospetto che l'attentato non sia stato opera solo di Cosa nostra".
Morto Falcone e ucciso Paolo Borsellino, che aveva ereditato l'inchiesta del suo amico, tutto si fermò. La memoria nell'opinione pubblica di quel che era successo fu rapidamente resettata e oggi pochi ricordano questi fatti, anzi nessuno ne parla più.
In verità nessuno ha scoperto, o voluto scoprire, a quanto ammontasse il tesoro sovietico arrivato in Italia e che molto probabilmente modificò la storia del nostro Paese. Stepankov confermó che l'inchiesta avviata con grande slancio fu abbandonata. Diventò obbligatorio da allora negare che la morte di Falcone e Borsellino fosse probabilmente collegata alla storia del tesoro russo inghiottito in Italia dalla sinistra.
Fu così scelta, per dare un senso alle stragi di Capaci e via D'Amelio, eseguite con una regia e con strumenti che non appartengono all'identità della mafia siciliana, la sacra versione semi-teologica di una mafia che si comporta come un anti-Stato e che quindi colpisce i «simboli» dello Stato, cosa che la mafia in realtà non si è mai sognata di fare. Un quadretto creato ad hoc dalla stessa magistratura nei maxi processi a Totò Riina disegnato come artefice di quanto accaduto. Ma forse Totò Riina fu solo un povero disgraziato gettato in pasto alla gogna mediatica come l'assassino di Falcone, colui che aveva organizzato la strage di Capaci. Pensate un po' uno come Totò Riina, che a stento sapeva spiegarsi in italiano, ma forse era il personaggio giusto proprio per quello.
Resta dunque aperta la questione: chi ha deciso la morte del povero Giovanni Falcone e poi di Paolo Borsellino, la cui agenda rossa sparì dalla scena del delitto?
Chi fece sparire tutta la documentazione alla Farnesina?
Non preoccupatevi, non pensateci, oggi dovete preoccuparvi di più delle fantasiose invenzioni del PD sui finanziamenti alla Lega da parte della Russia di Putin.
Oggi per assurdo è diventato questo il vero scandalo italiano mentre invece la magistratura chiude gli occhi volutamente su personaggi come Bersani che continuano ancora oggi ad essere titolari per conto del PD di migliaia di immobili che se messi insieme valgono come una finanziaria, cioè miliardi. Come sempre il PD è alla ricerca della pagliuzza nell'occhio altrui, non badando però che ha una trave conficcata nel proprio.
Il vero problema a mio avviso è un altro però. Temono fortemente il cambiamento. Temono soprattutto una riforma della magistratura e il risveglio degli italiani. Perché se perdono il controllo della magistratura, hanno finito per sempre. Per l'omicidio non c'è prescrizione, le indagini si possono riaprire quando si vuole e l'ergastolo per tanti maledetti cani che hanno dilaniato questa Italia, potrebbe essere più vicino di quanto pensano. Ma tutto ciò dipende dagli italiani. Dipende da loro il desiderio di ripulire questo paese dalla feccia del PD e da una sinistra che nel tempo ha superato di gran lunga per modi e metodi la mafia stessa.
Ecco perché temono fortemente Salvini, ecco perché temono la Lega e i Leghisti, ecco perché siamo, sono e sarete sempre nel mirino. Ma è anche vero che la gente ha imparato a conoscerli nel tempo quelli del PD. Oggi dopo gli scandali del CSM, dopo che personaggi come Zingaretti e la Kyenge qualche giorno fa sono finiti indagati per Ischia; dopo l'enorme scandalo che li sta travolgendo per le vergognose attività connesse al PD sui bambini strappati alle famiglie in Val D'Enza, e poi e poi ancora, perché non si finisce mai di scoprire il marcio che li contraddistingue....gli italiani hanno imparato a riconoscerli e oggi sanno puntare il dito sui veri nemici di questa Italia. I veri nemici di questa nostra patria sono loro!
«Chi ha ammazzato il povero Ivan» è anche il verso di una filastrocca popolare russa simile a «Maramao perché sei morto?». Il significato era ironico, ma in Russia tutti avevano capito chi aveva veramente ammazzato il povero Giovanni Falcone, ma soprattutto il perché lo avevano ammazzato.
Giovanni Falcone era molto popolare presso l'opinione pubblica russa ancora stordita dalla fine della dittatura comunista e dell'Unione Sovietica. Lo era diventato ancora di più quando aveva stretto un rapporto di ferro con il procuratore generale russo Valentin Stepankov. Falcone era così diventato per i russi non soltanto l'alleato, ma anche il maestro di Stepankov.
Il viaggio di Falcone a Mosca non ebbe mai luogo: la strage avvenne poche settimane prima della data concordata. Si realizzava così la cinica massima di Stalin: «Dove c'è uomo, c'è problema. Niente più uomo, niente più problema». Quando fu ucciso, Falcone non aveva più poteri da procuratore, era il periodo in cui fu confinato dietro la scrivania di Direttore degli affari penali in via Arenula a Roma.
Francesco Cossiga raccontò che l'ambasciatore russo Anatolij Adamiscin era venuto direttamente fino a Roma a trovarlo, era agitatissimo e le sue parole furono esattamente questa: "Si può sapere a che gioco giocano gli italiani? Perché nessuno interviene?"
Il presidente della Repubblica Cossiga apprese così da Adamiscin che fra il 1991 e l'inizio del 1992, la Repubblica Russa ex Sovietica era stata letteralmente dissanguata dall'esportazione del tesoro del Pcus, dei fondi segreti del Kgb e di molti patrimoni occulti della nomenklatura sovietica. Cossiga disse che Adamiscin gli parlò della più devastante operazione criminale-finanziaria di tutti i tempi. Secondo l'ambasciatore, il tesoro di Mosca era stato fatto affluire in Italia attraverso canali finanziari già usati per il trasferimento di "aiuti ai partiti fratelli" e alle loro aziende.
Cossiga in quel tempo parlò con il presidente del Consiglio Giulio Andreotti, che era allora in corsa per il Quirinale, benché l'assassinio del suo proconsole siciliano Salvo Lima avvenuta il 12 marzo di quell'anno, l'avesse ormai azzoppato.
Andreotti rispose a Cossiga con queste parole: "Sì, bisogna fare qualcosa. Ma non sono io la persona adatta: se tiro in ballo il Pcus e il Kgb potrei solo irritare i comunisti, mentre i loro voti mi sono indispensabili". Poi dopo una breve riflessione - "Ho un'idea" - aggiunse Andreotti - "chiama Giovanni Falcone e chiedigli di dare una mano con discrezione. Gli fornirò la copertura diplomatica".
Cossiga convocò così il giudice Giovanni Falcone e gli fece una proposta che, se non era indecente, era almeno stravagante, visto che Falcone non aveva più il potere giudiziario di indagare.
Cossiga spiego il problema con queste parole a Falcone: "Dobbiamo far capire ai russi che prendiamo sul serio il problema. Sono sicuri che dietro il trasferimento di fondi ci siano entità potenti che vanno oltre la vecchia filiera dei finanziamenti del Pcus al Pci".
Falcone accettò e come suo solito si gettò a capofitto nell'inchiesta che aveva a un capolinea Mosca e all'altro Palermo e Roma. Cercò Stepankov, che lo raggiunse a Roma. I due si piacquero molto.
Claudio Martelli, che era stato ministro di Grazia e giustizia all'epoca della strage di Capaci, alla presentazione del libro "Oro da Mosca" di Valerio Riva e Francesco Bigazzi (Mondadori, 1999) - cui parteciparono lo stesso Valentin Stepankov e Giulio Andreotti - rievocò lo stato d'animo di Falcone: "Un giorno venne in ufficio da me. Era molto eccitato perché aveva avuto un'eccellente impressione di Stepankov (un uomo di prim'ordine) e poi per la materia evidentemente incandescente di cui si stava occupando".
Nota: credetemi che il termine "incandescente" è un aggettivo appropriato visto che si stava smuovendo un vespaio.
Tre giorni dopo la strage di Capaci, il quotidiano russo Izvestia (Notizie, già organo dei soviet dal 1917) pubblicò un articolo subito ripreso dal Corriere della Sera in cui si leggeva che "l'omicidio del magistrato Giovanni Falcone era probabilmente connesso con quel che stava avvenendo in Russia, visto che era stato incaricato di coordinare le indagini sul riciclaggio dei fondi del Pcus in Italia, su invito dell'ex presidente Cossiga".
Scriveva Izvestia su Falcone: "quel giudice lavorava in coordinazione con la brigata speciale che si occupa della medesima indagine a Mosca sui fondi trafugati dal Pcus e portati all'estero prima del crollo del regime comunista".
Il quotidiano Izvestia asseriva che l'Italia faceva parte di un ristrettissimo numero di Paesi in cui i soldi del partito e dello Stato sovietico scorrevano a fiumi e che solo negli anni Settanta, sei milioni di dollari erano stati trasferiti annualmente dal Politburo come aiuto fraterno al PCI. La cosa più probabile è che i soldi del partito e dello Stato fossero pompati nelle strutture occulte italiane oltre che reinvestiti o meglio riciclati nel settore immobiliare. Basterebbe dare un'occhiata e fare una visita catastale sulle proprietà immobiliari di Bersani per scoprire le migliaia di immobili che risultano intestate a suo nome. Fatti evidenziati in un'inchiesta giornalistica di Libero del 2012 ai tempi in cui alla direzione del giornale c'era lo stimato Belpietro. Inchiesta che lo trasformò in un nomade giornalistico che passo di redazione in redazione e sempre assoggettato a beghe di ogni tipo. L'inchiesta è l'articolo che vi allego di Franco Bechis stranamente fu messa subito a tacere e la Magistratura italiana non si interessò mai di quel fiume di denaro e delle migliaia di immobili del PCI poi passate come intestazione ai galoppini del PD.
Per maggiori informazioni leggere qui: https://www.liberoquotidiano.it/…/elenco-immobili-di-bersan…
Ricordiamo però una frase celebre ed estremamente veritiera dello stesso Cossiga: "In Italia non importa quanti voti hai, se possiedi la magistratura, governi!"
L'Italia era il paese particolare per eccellenza, non è stata scelta a caso dalla Russia visti anche gli enormi investimenti del Partito comunista, le strutture della mafia molto sviluppate, la posizione radicata e di forza dei comunisti locali in tutte le istituzioni e nella magistratura stessa, i solidi contatti che si erano stabiliti da tempo creando una vera e propria associazione di stampo mafioso sulla quale la magistratura non ha indagato MAI. Tutto ciò prometteva grandi profitti agli investitori.
Già alla fine del 1991 il procuratore generale della Russia, Valentin Stepankov, aveva incontrato Falcone a Roma. E da allora i due si scrivevano costantemente, concordavano incontri di persona e pianificavano azioni comuni dei giudici italiani e russi...ma la faccenda oltre che "incandescente" come abbiamo visto si trasformò presto in una faccenda assai pericolosa.
Nello stesso articolo del quotidiano Izvestia si sosteneva inoltre che i miliardi trafugati e portati in Italia potessero essere riciclati soprattutto attraverso canali mafiosi dallo stesso PCI.
#Nota: Vien da chiedersi se le stesse metodiche non siano state utilizzate dopo dal nuovo PD dato che le facce che circolavano negli anni sono sempre state le stese.
Dirà nel 1999 Stepankov alla presentazione del libro "Oro da Mosca":
"Ho avuto due incontri con Falcone. Gli ho raccontato dei metodi utilizzati per il trasferimento dei soldi in Italia e lui mi rispose che il presidente della Repubblica gli aveva chiesto di scoprire che fine facevano questi soldi. Quando sono tornato in Russia, lo invitai ufficialmente, ma dopo il telegramma di conferma, abbiamo saputo della sua tragica morte".
La divisione dei compiti fra Stepankov e Falcone era dunquechiara: il primo si occupava di indagare su quel che succedeva alla valuta in uscita e Falcone cercava i punti d'arrivo che stranamente lo portavano sempre in Via delle Botteghe Oscure a Roma dove c'era la storica sede del PCI.
Lo shock che investì il Parlamento italiano per la strage di Capaci e le inchieste pericolose di Falcone fecero saltare anche Cossiga e portanono all'elezione accelerata di un presidente istituzionale, Oscar Luigi Scalfaro.
Andreotti era stato invitato cordialmente a dimettersi e gli era succeduto al governo Giuliano Amato, il quale, partecipando il 28 luglio alla trasmissione di Alberto La Volpe Lezioni di mafia, disse una frase che raggelò il sangue nelle vene:
"Una cosa è certa: Cosa Nostra non è soltanto italiana. E poi: "Non c'è più bisogno di infiltrare il Kgb, che forse infiltrava noi. Dobbiamo usare l'intelligence per avere più occhi ed orecchie dentro la mafia".
Paolo Cirino Pomicino fu un altro personaggio divenuto scomodo. Lo stesso politico pubblicò nel 2000 il libro "Strettamente Riservato" (Mondadori) in cui scrisse:
"Giovanni Falcone avrebbe dovuto incontrare a Mosca il procuratore Valentin Stepankov, che indagava sull'uscita dalla Russia di somme ingenti di denaro nelle disponibilità del Pcus. Stepankov ha detto che dopo la morte di Falcone, nessuno gli ha mai più chiesto nulla. Come mai Falcone svolgeva indagini non più di sua competenza? Tutte le conoscenze che Falcone aveva sui flussi di denaro sporco passarono allora a Paolo Borsellino che, a sua volta, secondo l'annuncio dato da Scotti e Martelli in tv, avrebbe dovuto assumere la guida della Procura nazionale antimafia. Fu la sua condanna a morte. Due mesi dopo Borsellino saltò in aria alla stessa maniera di Falcone".
Sto parlando dello stesso Paolo Cirino Pomicino che abbiamo sentito spesso pronunciare dalla bocca di Di Maio come personaggio scandaloso nella questione vitalizi e pensioni d'oro. Lui, Cirino, uno che per la questione vitalizi e pensioni d'oro vale come il due di denari quando in tavola c'è coppe.
Ma i comunisti non dimenticano mai i nemici, presto o tardi te la fanno sempre pagare sia che si travestano da PD o da M5S. Vedi infatti che la questione vitalizi e pensioni d'oro ha toccato tutti, tranne gli amici dei sindacati, i sindacati stessi dove con il sistema retributivo si elargiscono pensioni stratosferiche sulle quali nessuno fiata perché di regola sono tutti ex PCI o di rifondazione comunista.
Tornando a quei tempi, vorrei sottolineare che il 18 giugno del 1992 Vincenzo Scotti era l'allora Ministro dell'Interno. Cito "La Repubblica":
"La decisione di uccidere Giovanni Falcone e l'organizzazione dell'attentato non sono stati soltanto opera della mafia siciliana".
Il direttore dell'agenzia spagnola Efe, Nemesio Rodriguez, scrisse una lunga nota in cui riferiva che il ministro degli Interni italiano "si è detto convinto che il motivo dell'assassinio di Falcone va molto al di là dei confini nazionali...".
Lo storico Giancarlo Lehner, racconta un retroscena che definire inquietante è poco. Disse di aver progettato un libro sulla morte di Falcone e che la notizia era stata pubblicata da un settimanale. Riguardava una precisa telefonata di Giulio Andreotti in cui gli disse: "Mi venga a trovare. Forse posso fornirle dei documenti".
Lehner andò nello studio di piazza San Lorenzo in Lucina ed Andreotti gli disse di aver personalmente fornito a Falcone la copertura diplomatica per lavorare con Stepankov e la sua squadra di investigatori sul riciclaggio del tesoro sovietico in Italia poi aggiunse: "Al ministero degli Esteri ci sono tutti i dispacci che davano la necessaria copertura diplomatica a Falcone. Posso farglieli avere come prova documentale di quel che cerca".
Lehner ringraziò e attese. Ma Andreotti lo richiamò di nuovo nel suo studio e gli disse queste testuali parole: "Se posso darle un consiglio, lasci perdere il suo libro sulla morte di Falcone".
Lehner rimase sbalordito ma Andreotti gli fornì una spiegazione:
"Alla Farnesina, dove non si è mai perso neanche un francobollo, mi hanno detto che i documenti della missione di Falcone non si trovano più. È impossibile. Devo concludere che sono stati eliminati da una entità più forte di noi".
Il Procuratore Nazionale Antimafia Piero Grasso disse il 27 ottobre 2009, davanti alla Commissione Antimafia:
"Resta il sospetto che l'attentato non sia stato opera solo di Cosa nostra".
Morto Falcone e ucciso Paolo Borsellino, che aveva ereditato l'inchiesta del suo amico, tutto si fermò. La memoria nell'opinione pubblica di quel che era successo fu rapidamente resettata e oggi pochi ricordano questi fatti, anzi nessuno ne parla più.
In verità nessuno ha scoperto, o voluto scoprire, a quanto ammontasse il tesoro sovietico arrivato in Italia e che molto probabilmente modificò la storia del nostro Paese. Stepankov confermó che l'inchiesta avviata con grande slancio fu abbandonata. Diventò obbligatorio da allora negare che la morte di Falcone e Borsellino fosse probabilmente collegata alla storia del tesoro russo inghiottito in Italia dalla sinistra.
Fu così scelta, per dare un senso alle stragi di Capaci e via D'Amelio, eseguite con una regia e con strumenti che non appartengono all'identità della mafia siciliana, la sacra versione semi-teologica di una mafia che si comporta come un anti-Stato e che quindi colpisce i «simboli» dello Stato, cosa che la mafia in realtà non si è mai sognata di fare. Un quadretto creato ad hoc dalla stessa magistratura nei maxi processi a Totò Riina disegnato come artefice di quanto accaduto. Ma forse Totò Riina fu solo un povero disgraziato gettato in pasto alla gogna mediatica come l'assassino di Falcone, colui che aveva organizzato la strage di Capaci. Pensate un po' uno come Totò Riina, che a stento sapeva spiegarsi in italiano, ma forse era il personaggio giusto proprio per quello.
Resta dunque aperta la questione: chi ha deciso la morte del povero Giovanni Falcone e poi di Paolo Borsellino, la cui agenda rossa sparì dalla scena del delitto?
Chi fece sparire tutta la documentazione alla Farnesina?
Non preoccupatevi, non pensateci, oggi dovete preoccuparvi di più delle fantasiose invenzioni del PD sui finanziamenti alla Lega da parte della Russia di Putin.
Oggi per assurdo è diventato questo il vero scandalo italiano mentre invece la magistratura chiude gli occhi volutamente su personaggi come Bersani che continuano ancora oggi ad essere titolari per conto del PD di migliaia di immobili che se messi insieme valgono come una finanziaria, cioè miliardi. Come sempre il PD è alla ricerca della pagliuzza nell'occhio altrui, non badando però che ha una trave conficcata nel proprio.
Il vero problema a mio avviso è un altro però. Temono fortemente il cambiamento. Temono soprattutto una riforma della magistratura e il risveglio degli italiani. Perché se perdono il controllo della magistratura, hanno finito per sempre. Per l'omicidio non c'è prescrizione, le indagini si possono riaprire quando si vuole e l'ergastolo per tanti maledetti cani che hanno dilaniato questa Italia, potrebbe essere più vicino di quanto pensano. Ma tutto ciò dipende dagli italiani. Dipende da loro il desiderio di ripulire questo paese dalla feccia del PD e da una sinistra che nel tempo ha superato di gran lunga per modi e metodi la mafia stessa.
Ecco perché temono fortemente Salvini, ecco perché temono la Lega e i Leghisti, ecco perché siamo, sono e sarete sempre nel mirino. Ma è anche vero che la gente ha imparato a conoscerli nel tempo quelli del PD. Oggi dopo gli scandali del CSM, dopo che personaggi come Zingaretti e la Kyenge qualche giorno fa sono finiti indagati per Ischia; dopo l'enorme scandalo che li sta travolgendo per le vergognose attività connesse al PD sui bambini strappati alle famiglie in Val D'Enza, e poi e poi ancora, perché non si finisce mai di scoprire il marcio che li contraddistingue....gli italiani hanno imparato a riconoscerli e oggi sanno puntare il dito sui veri nemici di questa Italia. I veri nemici di questa nostra patria sono loro!
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Quando i rubli di Mosca finivano ai comunisti italiani
POLITICA
(Fotogramma)
Pubblicato il: 11/07/2019 10:46
Nelle ore calde delle notizie e degli audio sui presunti finanziamenti di Putin alla Lega,
riemergono altri finanziamenti da Mosca per l’Italia. E riguardano
quelli al partito Comunista che per mezzo secolo ha beneficiato di un fiume di rubli infinito.
Ne ha fatto cenno anche Veltroni in una intervista a Tortorella. Ma
soprattutto ne fanno cenno numerosi atti in commissione Stragi e in
Commissione Mitrokhin.Di cosa parliamo? Dal secondo dopoguerra, da Mosca, sono partiti finanziamenti per i principali partiti comunisti d'occidente. Soldi che dovevano servire a sostenere la lotta per il comunismo fatta nei paesi Nato, con lo scopo di creare una spina nel fianco del blocco occidentale. Un flusso di denaro, che per quanto riguarda l'Italia, trova numeri e dati nelle rivelazioni del dossier Mitrokhin, dossier considerato affidabile da tutte le agenzie di intelligence occidentali, a cominciare da quella britannica che gestì la defezione dell'ufficiale sovietico Vasilij Mitrokhin, un ex archivista del Kgb nel palazzo della Lubjanka.
Secondo quanto trascritto dall'archivista sovietico, negli anni tra 1970 e il 1977, fu ininterrotto il flusso di denaro da Mosca a Botteghe oscure. Nel '71 furono versati 1.600.000 dollari; nel '72 5,2 milioni; nel '74 9 milioni di dollari; per il '76 6,5 milioni, infine, nel 1977, 1 milione. Un flusso che sembra almeno rallentare, in concomitanza con le posizioni 'eretiche' di Enrico Berlinguer, in linea di rottura con il Pcus.
Soldi, secondo il dossier Mitrokhin, finirono pure al Psiup tra gli anni 1969 e 1972, per poi esaurirsi. Fino al 1988 sono documentati inoltre fondi al Partito comunista francese di Georges Marchais. In quell'anno arrivarono a Parigi tre milioni di dollari, messi sul tavolo da Gorbaciov, per le elezioni del 1988. Ma i finanziamenti cominciarono ai tempi del Fronte Popolare, nel 1936, un flusso ininterrotto per oltre 50 anni.
Italia, Norvegia, Australia e Paesi Bassi, ma anche Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Qatar e Oman. Sono alcuni dei Paesi che hanno finanziato nel corso degli anni la Fondazione Clinton, che ha tolto il divieto, che era stato imposto per alcuni anni, di ricevere donazioni da governi stranieri. A scriverlo è il Wall Street Journal, che così svela che l’Italia ha finanziato la campagna elettorale di un presidente straniero, e che presidente!
La fondazione aveva deciso di non ricevere più soldi dall’estero nel 2009, dopo che Hillary Clinton era diventata segretario di Stato, con l’elezione alla Casa Bianca di Barack Obama. L’ex presidente Bill Clinton, che guida la fondazione, era stato di fatto costretto a seguire l’indicazione dell’amministrazione, dopo aver dovuto anche rivelare i nomi dei finanziatori.
L’amministrazione Obama, oltre a caldeggiare la trasparenza, era naturalmente preoccupata dalle possibili conseguenze: ricevere fondi da governi stranieri per la propria fondazione quando si rappresenta il Paese all’estero, per Hillary Clinton, non sarebbe stato privo di implicazioni politiche.
Hillary Clinton, una volta lasciato l’incarico governativo, due anni fa, si è dedicata alla fondazione, rinominata Bill, Hillary & Chelsea Clinton Foundation.
La lista dei finanziatori è consultabile ora sul sito della fondazione.
Nel 2014, otto Paesi hanno versato il loro contributo, tra cui il Canada, attraverso un’agenzia federale che promuove la costruzione del controverso oleodotto Keystone XL, che dovrebbe trasportare negli Stati Uniti il petrolio estratto dalle sabbie bituminose dell’Alberta; l’agenzia ha versato tra i 250.000 e i 500.000 dollari (sul sito non è consultabile l’ammontare esatto delle donazioni, divise semplicemente per fasce).
In tutto, dalla sua nascita nel 2001, la fondazione ha ottenuto 48 milioni di dollari da governi stranieri.
L’Italia, con il ministero dell’Ambiente, ha versato tra i 100.000 e i 250.000 dollari; tra le altre realtà italiane che negli anni hanno finanziato la fondazione, ci sono il Monte dei Paschi, Autogrill, De Agostini, Enel, Lottomatica e Pirelli.
Pazzesco, ma vero. Ora il governo deve spiegare. E pretendere rimborsi dei soldi pubblici regalati a Clinton!
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