POVERA DAISY, HANNO
VOLUTO TRASFORMARLA IN ICONA (SENZA CHE CE NE FOSSE IL MOTIVO) E ORA
ESCE FUORI CHE IL PADRE È STATO CONDANNATO PERCHÉ APPARTENEVA ALLA MAFIA
NIGERIANA E SFRUTTAVA PROSTITUTE. ANCHE LA MADRE SAREBBE STATA
ARRESTATA IN UNA RETATA - L'ATLETA OVVIAMENTE NON C'ENTRA NULLA, MA
QUANDO DIVENTI UN PERSONAGGIO PUBBLICO (TUO MALGRADO) I GIORNALI
PARLERANNO ANCHE DEI TUOI PARENTI
1. DAISY OSAKUE, PRESA LA "BANDA DELL'UOVO": UNO DEI TRE FIGLIO DI CONSIGLIERE PD
Chiara Sarra per ''il Giornale''
Come
già sospettato dagli inquirenti, dietro l'aggressione a colpi di uova
nei confronti di Daisy Osakue e di altre quattro persone a Moncalieri
(Torino) non c'era un movente razziale, ma la bravata di alcuni ragazzi.
E, anzi, uno di loro è figlio di un consigliere del Partito democratico
Sono
stati identificati infatti tre giovani italiani, residenti a Vinovo, La
Loggia e Moncalieri, che hanno ammesso di aver agito per goliardia. I
tre - che hanno utilizzato per le "scorribande" la Fiat Doblò nera
intestata al padre di uno di loro - sono stati denunciati per lesioni e
omissione di soccorso.
daisy
I
carabinieri erano sulle loro tracce da giorni, fin da quando - la sera
del 25 luglio - tre donne, tra cui Brunella Gambino, furono aggredite
nello stesso modo e dalla stessa auto all'uscita da un ristorante.
Allora la vicenda era stata segnalata, ma le vittime non avevano avuto
gravi conseguenze. A differenza di Daisy, discobola della Nazionale, che
è rimasta ferita a un occhio e che rischia di non poter partecipare ai
prossimi Europei.
Ascoltando
le testimonianze di altre persone colpite dalle uova (almeno sette i
casi in due mesi) e analizzando i filmati delle telecamere di sicurezza
della cittadina, gli inquirenti sono riusciti a risalire al proprietario
dell'auto, residente a Vinovo. Si tratterebbe - secondo il Corriere -
di Roberto De Pascali, consigliere Pd del Comune di Vinovo ed ex
candidato sindaco. "Pare che uno dei “lanciatori” sia figlio di un
consigliere comunale PD!", ha ironizzato Matteo Salvini su Facebook,
Questa
mattina i carabinieri hanno rintracciato la vettura - ancora sporca di
uova sulla fiancata destra - e hanno scoperto che veniva usata
soprattutto dal figlio 19enne dell'intestatario. Che ha confessato di
essere il responsabile insieme a due coetanei dei lanci. Secondo gli
inquirenti, i tre agivano per mera goliardia, colpendo a caso chi
capitava a tiro.
2. IL PAPÀ DI DAISY MINACCIA: "NOI VIA DALL'ITALIA" MA ORA SPUNTANO DUE ARRESTI E UNA CONDANNA
Laura Tecce per ''il Giornale''
«Daisy
è nata in Italia, come i suoi fratelli di 14 e 8 anni. Da adesso in poi
farò attenzione che non tornino a casa dopo le 20. Siamo arrivati dalla
Nigeria 24 anni fa, è capitato di essere vittime di episodi razzisti
verbali, ma non ci faccio caso. Le persone parlano, non bisogna darci
troppo peso».
Così
Iredia Osakue, il papà di Daisy, la giovane atleta della Nazionale
italiana di atletica leggera colpita dal lancio di uova a Moncalieri.
Addirittura ha dichiarato che vorrebbe «andarsene dall'Italia»,
nonostante le indagini che hanno portato all'identificazione degli
aggressori, come è stato più volte sottolineato dagli inquirenti, hanno
del tutto escluso l'aggravante razzista invocata dalla stessa ragazza e
dal padre nelle interviste a stampa e tv in quanto dello stesso tipo di
violenza sono state vittime anche tre signore non di colore all'uscita
del ristorante e un pensionato che ha visto imbrattato il muro esterno
della propria abitazione.
Ciò
che invece emerge da una sentenza di primo grado del 9 ottobre 2007,
emessa dal gup Cristina Palmesino al termine di un processo con il rito
abbreviato, è che Iredia Osakue è stato condannato a 5 anni e 4 mesi per
associazione a delinquere di stampo mafioso, tentata rapina e spaccio
di droga. L'uomo sarebbe stato a capo di un'organizzazione, chiamata
«Eiye», che ha base in Nigeria ma molte ramificazioni in Europa. Al
centro del processo la lotta con l'organizzazione rivale «Black Axe» con
cui si contendeva il controllo del Torinese. Al gruppo venivano
attribuiti diversi reati: truffa, intimidazioni, tentati omicidi,
lesioni, estorsioni ed esercitava la violenza fisica «con armi bianche e
da sparo», con «frustate attraverso lo strumento africano detto
kobu-kobu al fine di costringere connazionali ad affiliarsi o di punire
chi sgarrava».
In
un articolo di Repubblica datato 2002 si parla di una retata dei
carabinieri di Moncalieri in cui furono arrestati per «sfruttamento
della prostituzione Odion Obadeyi, 28, Lovely Albert, 30 anni, il
convivente di quest'ultima, Iredia Osakue, 29 anni, tutti e tre
clandestini, e Silvano Gallo, 50 anni, di Nichelino, che aveva formato
una gang specializzata nello sfruttamento di decine di prostitute di
colore il cui ingresso clandestino in Italia era favorito da un phone
center di San Salvario».
I
carabinieri di Moncalieri confermano che l'uomo arrestato per
sfruttamento della prostituzione nel 2002 è lo stesso Iredia Osakue,
padre della discobola azzurra Daisy, e Lovely Albert, altro non sarebbe
che la madre della giovane, che oggi avrebbe cambiato nome in Magdeline.
Oggi l'uomo è il titolare di un centro pratiche per immigrati, la Daad
Agency di Moncalieri, che gestisce dai permessi di soggiorno ai
ricongiungimenti familiari, nonché mediatore culturale in una
cooperativa che gestisce l'accoglienza, la cooperativa sociale Sanitalia
service che gestisce 15 strutture in Piemonte.
E
i vigili urbani di Torino avrebbero riarrestato, nel 2006, un Iredia
Osakue per una vicenda legata alla tratta delle ragazze nigeriane.
DAISY OSAKUE 1
3. IL PADRE DI DAISY OSAKUE ERA UN CAPO DELLA MAFIA NIGERIANA
Francesco Borgonovo per ''la Verità''
Nell'
intervista che ha rilasciato qualche giorno fa alla Stampa, Iredia
Osakue - padre di Daisy, campionessa di lancio del disco ferita a un
occhio da un uovo a Moncalieri - appariva amareggiato e anche piuttosto
critico. «A me sembra che gli episodi inquietanti in Italia aumentino»,
ha detto. «Nell' ultimo anno. Si urla, la politica usa toni che
fomentano: le parole sono frecce.
Questo
episodio mette i brividi, se continua così non so se potremo restare
qui». Iredia sembrava avercela, in particolare, con l' attuale governo.
Secondo
lui, l' Italia non è un Paese razzista. «È un Paese che mi ha aiutato e
sono grato», ha spiegato, «solo che ora sta lasciando spazio ai
razzisti. La colpa è a volte anche nostra. Noi extracomunitari dobbiamo
capire che è importante imparare l' italiano subito, studiare bene.
All' inizio mi sembrava impossibile ma sapere la lingua ti tiene più lontano dai guai».
Daisy Osakue
Che
avesse un passato complicato, a quanto pare, era noto ai cronisti
torinesi. Sulla Stampa, Giulia Zonca ha scritto che «Osakue fa il
mediatore culturale al centro accoglienza di Asti, da ragazzo sognava di
diventare ispettore privato, in Nigeria ha studiato criminologia, nel
1995 è emigrato in Italia, ha avuto i suoi problemi e cambiato strada».
Questo
passato si è ripresentato ieri, con tutta la sua carica drammatica.
Dopo le dichiarazioni di Daisy Osakue sul razzismo e dopo le
affermazioni di Iredia sull' addio all' Italia, qualcuno ha recuperato
un articoletto di Repubblica datato 2002 da cui emerge una brutta
storia.
Il 17 gennaio del 2002, si legge nel
pezzo, «a Moncalieri i militari hanno arrestato due maman nigeriane,
Odion Obadeyi, 28 e Lovely Albert, 30 anni, il convivente di quest'
ultima, Iredia Osakue, 29 anni, tutti e tre clandestini e Silvano Gallo,
50 anni, di Nichelino che aveva formato una gang specializzata nello
sfruttamento di decine di prostitute di colore il cui ingresso
clandestino in Italia era favorito da un phone center di San Salvario».
Insomma,
il padre di Daisy è stato arrestato per sfruttamento della
prostituzione assieme alla sua convivente. Costei potrebbe in effetti
essere Magdalyne Albert, madre della giovane atleta, la quale - stando
al suo profilo Facebook - vive a Verona. La Albert era una «maman», cioè
una delle donne che si occupano di organizzare il commercio delle
ragazze avviate alla prostituzione.
Daisy Osakue
Le
vicende giudiziarie di Iredia Osakue, però, non finiscono qui. Il suo
nome ricompare nelle carte di un mega processo contro la mafia nigeriana
che si è tenuto a Torino nell' ottobre del 2007. Stiamo parlando di uno
dei primi grandi procedimenti contro il crimine organizzato di origine
africana presente nel nostro Paese. Gli imputati erano 20, tutti
nigeriani.
Nella
sentenza emessa dal gup Cristina Palmesino, si legge che Osakue è stato
condannato «a una pena totale di anni 8 di reclusione» che, per effetto
del rito abbreviato, sono diventati «anni 5 mesi 4 di reclusione». Dalle
carte, si evince che Osakue ricopriva il ruolo di «capo coordinatore di
Torino» di una gigantesca organizzazione nigeriana. Si tratta di «un'
associazione di tipo mafioso denominata Eiye, facente parte del più
ampio sodalizio radicato in Nigeria e diffuso in diversi Stati europei
ed extraeuropei finalizzato alla commissione di un numero indeterminato
di delitti contro il patrimonio attraverso la commissione di truffe
mediante la prospettazione di contraffazione monetaria e contro la
persona, opponendosi e scontrandosi con gruppi rivali variamente
denominati per assumere e mantenere il predominio nell' ambito della
comunità nigeriana».
Questa
organizzazione faceva «ricorso all' esercizio di violenza sia fisica
che mediante l' uso di armi bianche e da sparo» e si contrapponeva a un
altro gruppo mafioso, sempre nigeriano, ovvero quella specie di setta
chiamata Black Axe. Gli scontri fra le due fazioni mafiose, spiegava il
giudice, «si sono sostanziati in aggressioni fisiche, con minacce,
percosse, lesioni anche conseguenti a frustate con lo strumento africano
detto Kobu Kobu e ustioni provocate con ferri da stiro roventi
appoggiati sulla nuda pelle, tentati omicidi».
Il processo del 2007 in cui fu coinvolto Osakue contribuì a far esplodere la questione «mafia nigeriana» in Italia.
Qualche
anno dopo, nel 2010, a Torino si tenne un altro grosso procedimento,
che portò a condanne per 36 stranieri, per un totale di quasi 400 anni
di carcere. Davanti al giudice erano finiti i «soldati» degli Eiye e
della Black Axe, molti dei quali reclutati in patria, a Benin City, e
poi emigrati in Italia, dove hanno continuato a farsi la guerra.
Ma
torniamo a Iredia Osakue. Negli atti del processo il suo nome compare a
ripetizione. Si spiega che egli era «una figura di spicco dell'
organizzazione Eiye in Italia, con collegamenti con i capi delle
organizzazioni nigeriane». Già nel 2005 era stato sentito dai
carabinieri, dai quali si presentò spontaneamente «per rendere
dichiarazioni in relazione al tentato omicidio commesso ai danni di
Omojevwe, in cui risultava indagato il fratello di Osakue, Oniawu Salu
Magnus appartenente ai Black Axe». Inizialmente, Iredia aveva negato di
far parte dell' organizzazione mafiosa, poi cambiò versione.
Daisy Osakue
Nel
2007, spiegò agli inquirenti di essere un membro degli Eiye. «Noah
Idemudia», disse Osakue, «alla fine del 2003 mi ha chiesto di diventare
suo vice. Debbo precisare che Idemudia era un ebaka (capo) già in
Nigeria presso la sua Università di Epoma. Anch' io ero membro degli
Eiye in Nigeria e avevo conosciuto Idemudia nel 2001 quando era tornato
in Nigeria».
Alla
fine del processo, Osakue viene ritenuto colpevole di associazione
mafiosa, detenzione e cessione di cocaina, tentata rapina. È recidivo,
ma fornisce informazioni sul gruppo di cui fa parte, e forse anche per
questo la condanna non è spaventosa. Stando alle carte, è stato
interdetto «in perpetuo dai pubblici uffici» e ha passato un anno in
libertà vigilata.
Ieri abbiamo contattato Iredia per chiedergli la sua versione dei fatti e per capire se abbia affrontato altri procedimenti.
Ci
ha risposto e ha promesso che avrebbe spiegato tutto, poi ha smesso di
rispondere al telefono. Nessuna dichiarazione nemmeno dall' avvocato
che, all' epoca, seguì il suo processo.
A
quanto sembra, Osakue ha cambiato vita. Risulta che lavori come
mediatore culturale per la cooperativa Sanitalia service e che gestisca
una sua attività, la Daad agency con sede a Torino, la quale si occupa
di servizi per gli immigrati nigeriani. Il passato fatto di
clandestinità, sfruttamento della prostituzione, droga e scontri armati
sembra lontano. E per questo, Iredia deve dire grazie all' Italia, il
Paese che lo ha accolto e gli ha dato una nuova vita. Alla faccia del
razzismo.
Nessun commento:
Posta un commento