venerdì 1 febbraio 2019

Minorenni bruciarono vivo un clochard per noia: non faranno neanche un giorno di carcere


Clochard carbonizzato vivo a Santa Maria di Zevio, servizi sociali ai ragazzi. Il 13 dicembre 2017 due minorenni avevano dato fuoco alla Bravo in cui viveva Ahmed Fdil “per noia”, come aveva dichiarato il più piccolo dei due, allora tredicenne. Con il 17enne, i due avevano lanciato all’interno della vettura dove viveva l’uomo alcuni pezzi di carta incendiati, un gesto che fece prender fuoco alla “casa” del senzatetto. Oggi il tribunale dei minori di Venezia ha stabilito una sospensione della pena che farà sì che, se il tredicenne non era imputabile, il 17enne continuerà ad essere affidato ai servizi sociali per i prossimi tre anni. Se il comportamento del giovane sarà ineccepibile, allora la pena sarà estinta. La scelta del giudice non ha incontrato i favori del nipote della vittima, che in aula si è scagliato contro lo stesso giudice chiedendosi quanto allora valesse la vita dello zio. Un comportamento che l’ha fatto finire fuori dall’aula del tribunale. “E’ una situazione difficile, il mio cliente viene da un Paese in cui non ci sono questi sconti di pena. Prendo atto dell’ordinanza di sospensione, perché non si tratta di una sentenza, che però non condivido per il tipo di reato”. Sono queste le parole con cui l’avvocato di Ahmed Fdil, Alessandra Bocchi, ha commentato la decisione di non mandare in carcere i due ragazzi che il 13 dicembre 2017 avevano provocato la morte del clochard con il lancio di alcuni petardi nell’auto dove viveva l’uomo. Per l’avvocato, incaricato dal nipote della vittima Salah Fdil, la situazione non può essere risolta così: “Si tratta di omicidio aggravato in concorso, con minorata difesa dato che Ahmed non poteva difendersi trovandosi all’interno dell’auto in cui viveva. Un reato che non si può scontare con il volontariato, come la ginnastica o la psicoterapia. Il ragazzo ha 17 anni, ne fa 18, ma si deve anche comprendere il disvalore sociale dell’azione”. Bocchi ritiene che la pena non sia commisurata all’effetto sortito dall’azione dei due ragazzi: “Come dice il professor Crepet, la pena dovrebbe esser scontata in un reparto di grandi ustionati, stiamo parlando di devianza minorile. E’ un messaggio gravissimo perché la presa in carico ai servizi sociali dopo aver appreso il tipo di lesione non è commisurata. Stiamo parlando di una morte provocata con una sofferenza unica, infinita, che non abbiamo la possibilità di comprendere. Ahmed ha tentato di uscire, ma era bloccato. E’ morto carbonizzato vivo, aveva le vie aeree pulite, si tratta di una morte tremenda, in cui servizi sociali e volontariato vanno bene fino a un certo punto. Questo è un messaggio non commisurato al reato che hanno commesso”. Da ultimo, il commento dell’avvocato è stato anche su come abbia preso la notizia il nipote del clochard: “Malissimo. Ha chiesto al giudice quanto valesse la vita dello zio. Il giudice gli ha chiesto di farselo spiegare dal suo avvocato e la risposta è stata la richiesta di giustizia e non di vendetta. Una situazione imbarazzante, anche quando Salah ha definito tutto questo un circo, prima di uscire spontaneamente dall’aula”.

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