lunedì 11 giugno 2018

Welcome refugees.Violentata da un clandestino: le ruba la bici, lei lo insegue e cade in trappola. Preso

Drammatico episodio ai Cappuccini ai danni di una ragazza trentenne: il giorno dopo lo denuncia e fornisce ai carabinieri tutti i dettagli. E' un marocchino.....




Arezzo, 11 giugno 2018 - Via Curina è una strada tranquilla, alle spalle del supermercato Pam dei Cappuccini: zona ariosa e benestante, incastonata fra un’area residenziale degli anni ’60 ( i Cappuccini appunto) e il nuovo quartiere del Pantano. A guardare il verde in cui sono immerse le case (alcune ancora in costruzione) e il parco sul lato della strada, tutto verrebbe da pensare meno che quello è il teatro di un altro sconcertante caso di violenza sessuale, il secondo in una decina di giorni, ma stavolta lo stupratore (presunto) non è il marito, come a Cortona, bensì un clandestino di origine marocchina, giovane ma già con un suo passato alle spalle, fatto di precedenti per piccolo spaccio e altri reati.

I carabinieri sono andati a prenderlo sabato, con un mandato di fermo del Pm di turno Julia Maggiore, al termine di un’indagine breve e di successo, anche per il coraggio della vittima nell’indicare il suo aguzzino. I fatti però sono di giovedì sera, fra il lusco e il brusco, come si dice ad Arezzo, quando insomma stava già calando il buio. Protagonista involontaria una trentenne aretina, che gli inquirenti definiscono tranquilla, una insomma che non va a infilare la mano nel vespaio per imprudenza.

Comincia tutto quando lui le porta via la bicicletta. Poi, a lei che lo insegue, la sfida: vieni a riprendertela. La ragazza non si fa pregare e cerca di recuperare quello che è suo. Non sa, non può sapere, che le ganasce della trappola le si stanno richiudendo addosso. Il marocchino usa la bici come esca finchè non arrivano entrambi in un punto appartato, nel quale lui fa di conto di poter sfogare i suoi comodi.

E’ a quel punto che salta addosso alla giovane e la stupra. I particolari che trapelano si fermano qui. Non si sa, dunque, se lei abbia urlato, se abbia scalciato o peggio per cercare di difendersi. Ma anche se ha abbozzato un tentativo di reazione, anche se non è rimasta vittima del meccanismo psicologico della sorpresa che ti paralizza, il tutto si perde nel silenzio del luogo appartato che lui ha scelto per l’agguato. La giovane non denuncia subito. E’ sotto choc, lascia passare la notte prima di recarsi la mattina dopo al comando provinciale dei carabinieri.

Qui le lasciano appena cominciare il suo racconto e quando capiscono di cosa si tratta le consigliano subito di andare in ospedale, al San Donato, per avviare la procedura del codice rosa, quello che tutela i soggetti deboli vittime di violenze, in questo caso di violenza sessuale. Basta qualche ora perchè dai medici arrivi la conferma di quanto dice la giovane: c’è stato un rapporto sessuale e non è stato consensuale, i segni obiettivi indicano uno stupro.

A questo punto le indagini del nucleo operativo della compagnia di Arezzo dei carabinieri sono già in moto. Lei, per quanto provata dall’accaduto, è brava nel fornire gli elementi, compreso il nome, che consentono di dare un volto all’aggressore. A quel punto la parola passa al Pm Julia Maggiore, che decide di procedere con il provvedimento di fermo. Gli uomini dell’Arma lo eseguono sabato, per il clandestino si aprono le porte della galera.

Già oggi potrebbe svolgersi l’udienza di convalida dinanzi al Gip. Il resto è fatto di un percorso già visto in tante occasioni: lei che cristallizza la sua versione davanti a un giudice, o in incidente probatorio o nel processo vero e proprio, lui che rischia grosso. Ancora non si sa come si difende. Ammetterà lo stupro o racconterà la solita storia di lei che ci stava? Comunque sia, un altro caso destinato a rinfocolare le polemiche sui clandestini che alimentano il microcrimine o, peggio, le violenze sulle donne.



Le ruba la bici, poi la violenta: la furia del clandestino sulla 30enne


Un clandestino marocchino ruba la bicicletta a una 30enne. La giovane lo insegue e cade in trappola: lo stupro brutale
"Se rivuoi indietro la bicicletta, vieni a riprendertela". È scattata così la trappola del marocchino, un clandestino con una sfilza di precedenti penali col vizio dello spaccio e delle violenze.



La sua furia, giovedì sera, si è abbattuta su una trentenne aretina che è stata brutalmente stuprata mentre stava tornando a casa con la bicicletta. Una violenza sessuale selvaggia che l'ha portata a rinchiudersi in una gabbia d'orrore per una notte intera. Il giorno dopo, poi, la giovane ha trovato il coraggio di andare in ospedale e denunciare il balordo africano.

Il provvedimento di fermo, come racconta la Nazione, è stata firmato dal pm di turno Julia Maggiore. Lo stupratore marocchino lo hanno beccato anche grazie alla descrizione fornita dalla vittima che, dopo essersi presentata in ospedale dove hanno accertato i segni della violenza sessuale, ha trovato la forza per rivolgersi alle forze dell'ordine e denunciare l'immigrato. I fatti risalgono a giovedì sera. La trentenne so trovava in via Curina, una stradina che scorre dietro a uno dei più grandi supermercati di Arezzo. Non è un quartiere degradato, ma una zona benestante. Ed è lì che la giovane si imbatte nel marocchino che riesce a strapparla via la bicicletta su cui stava pedalando.
"Se la rivuoi indietro - le dice - vieni a riprenderla". A quel punto la ragazza gli corre dietro, fino a infilarsi in un luogo isolato della città. Il balordo le è saltato addosso e l'ha stuprata senza pietà. L'indomani la giovane è corsa al comando provinciale dei carabinieri per denunciare lo stupratore che, dopo poche ore, è stato identificato. Sabato è quindi scatto l'arresto.

2 commenti:

  1. quando vengono arrivano piangenti e hanno wifi, hotel , cagano, mangiano, tutto a spese nostre e poi cominciano . cibo no bono, Africa meglio, italiani razzista ... e poi chiedono e aprono mecche abusive , spacciano ,stuprano, delinquono,macellano ragazzine, sfondano uteri, rapinano e poi vogliono imporre il loro dio sanguinario non riuscendo a capire che hanno fallito e distrutto il loro paese e vogliono portare la stessa distruzione anche da noi

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  2. Buongiorno amici. Ecco il futuro che ci attende se gli italiani non si riapproprieranno dell’Italia concependola come la propria casa da difendere, salvaguardare e far rispettare. Abbiamo i nuovi barbari dentro casa nostra che operano in modo arbitrario, arrogante e violento. Si sentono legittimati a farsi giustizia da sé per un crimine perpetrato da uno squilibrato. Che va perseguito e sanzionato secondo la legge. Ma i nuovi barbari si comportano come se l’Italia fosse una terra di nessuno da trasformare in una terra di conquista. Al loro passaggio le forze dell’ordine arretrano e i cittadini scappano impauriti. Eppure loro sono una infima minoranza e noi siamo la maggioranza dentro casa nostra. La nostra sconfitta è innanzitutto interiore perché siamo morti dentro. Dobbiamo risorgere interiormente recuperando la certezza e l’orgoglio di chi siamo, riscattando l’Italia come la nostra casa comune, esigendo da tutti il rispetto delle leggi dello Stato, l’ottemperanza delle regole su cui si fonda la civile convivenza, la condivisione dei valori che sostanziano la nostra civiltà. Impegniamoci per affermare il nostro legittimo bene, facciamolo per garantire ai nostri figli e ai nostri nipoti il diritto inalienabile alla vita, dignità e libertà, mobilitiamoci per far trionfare il nostro inalienabile diritto ad essere pienamente noi stessi dentro casa nostra. Andiamo avanti. Insieme ce la faremo.

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