Dopo la decisione del Csm di trasferirla alla procura di Roma, la pm barese Desireè Digeronimo
reagisce smentendo tutte le accuse che le sono state rivolte dai sui
colleghi magistrati, attaccando il Csm e il governatore pugliese Vendola
e lasciando intendere di essere pronta ad impegnarsi in politica. Della
sua possibile candidatura a sindaco di Bari si sussurrava da tempo, ma
in una lettera aperta ai cittadini baresi, la pm ha deciso di venire
allo scoperto: ”vado via dalla mia città lasciando processi delicati e indagini in corso”, ”e se si creeranno le condizioni sarò felice di continuare a servire in altro ruolo i miei concittadini”.
La lunga
lettera è in gran parte dedicata a confutare le accuse ”totalmente
infondate” che le sono state rivolte da colleghi anche dinanzi al Csm e
che sono state alla base del procedimento per incompatibilità ambientale
aperto nei suoi confronti e archiviato dopo la sua richiesta di
trasferimento. La pratica era stata aperta dopo che 26 pm della procura
di Bari avevano sollecitato un intervento ritenendo irrituale l’esposto
che Digeronimo, assieme al collega Francesco Bretone, aveva presentato
contro il giudice barese Susanna De Felice, che nell’ottobre 2012 aveva
assolto il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola,
dall’accusa di abuso di ufficio. È al rilievo dei personaggi coinvolti
nelle inchieste sulla sanità pugliese che Digeronimo attribuisce
l’origine di tutti i veleni della procura.
”La mia incompatibilità ambientale
– spiega – nasce dall’incolpevole circostanza di essermi imbattuta in
un’indagine che avevo il dovere di approfondire e concludere; doveri che
mi imponevano di non voltare la testa, di non tenere le carte nei
cassetti”.
Si tratta
di indagini che hanno coinvolto, tra gli altri, il presidente della
Regione Puglia, Nichi Vendola (poi assolto), e l’ex assessore pugliese
alla Salute ed ex senatore del Pd Alberto Tedesco (attualmente sotto processo per un troncone d’indagine e prosciolto per un altro).
”Oggi – scrive – sono fiera di essere riuscita ad indossare con onore una toga’‘
mentre un ”’potente’, come lui stesso si è definito in recenti
interviste, Presidente di Regione, nell’agosto del 2009 in una lettera
aperta pubblicata su tutte le testate nazionali, pur dichiarando di
agire ‘per amore della verità’ chiedeva a gran voce la mia astensione
dall’indagine, mi tacciava di incompetenza, accusandomi genericamente di
intrattenere rapporti di parentela e amicizia incompatibili con il
ruolo”.
”Una ‘discesa in campo’ – ha dichiarato il governatore – da cui la politica non guadagnerà, la giustizia certamente sì.
Mille volte ho sospettato che il suo accanimento nei miei confronti
fosse motivato anzitutto da vanità, sebbene piuttosto crudele. Oggi
finalmente appare la verità. Dunque, era solo una lunga clandestina
campagna elettorale per una sorprendente ‘autocandidatura’ quella che
spingeva le azioni della dott.ssa Digeronimo”. L’ex pm barese cita
peraltro nella sua lettera aperta, per smentirle, una serie di ”false
affermazioni” fatte da alcuni protagonisti della vicenda. Smentisce
Vendola: ”non sono stata mai amica della collega De Felice”.
Poi la sorella del governatore, Patrizia: ”non ho mai chiesto favori a lei o al fratello”. E infine la collega pm Francesca Pirrelli, moglie del magistrato scrittore ed ex senatore Pd Gianrico Carofiglio:
”Non ho mai avuto rapporti conflittuali con giudici o avvocati del
distretto, nè con la maggior parte dei colleghi sostituti di Bari”.
Infine, ai colleghi che l’hanno ”condannata all’esilio”, ricorda Diogene
il cinico, anche lui condannato all’esilio dai Sinopi, che ”condannava
costoro a rimanere in Patria”.
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