MIO AVV.HA DEPOSITATO ALLA CORTE D'APPELLO LE GRAVISSIME NOTE AUTORIZZATE,CI SONO NOMI E COGNOMI DEI AVV.INFEDELI,LEGGIMI,GRAZIE
da Milica Fatima Cupic (Note) il Giovedì 4 ottobre 2012 alle ore 7.46
STUDIO LEGALE
Avv. Giorgio Olmi
Via Madonna di Fatima, 28 - 00147 ROMA
(Le note del mio avv. G. Olmi sono state accolte dalla Corte D'appello, la esecuzione la Corte non ha bloccato e mi hanno butata fuori da CASA MIA,!! QUERELA/E PER DOCUMENTI FALSI DI DIVORZIO, "DIVISIONE DEI BENI" CHE HA PRESENTATO IL ora mio ex marito VITO MARCHETTI GENERALE DELL'ESERCITO, E SUO Avv. DE TOMMASO GIUSEPPE, (DUE TERRIBILI CRIMINALI) TUTTO E IN CORSSO, vivo un inferno,!!).
Tel/fax 06-5126679 - cell. 330-582230
E-mail: olgiorgio@tiscali.it
P.e.c.: avvgiorgioolmi@pcert.postecert.it
CORTE DI APPELLO DI ROMA
NOTE AUTORIZZATE
Sez. IV civile C.I. Dott. Mariani R.G. 340/12 PER
la sig.ra CUPIC Milica nata a Visnjicevo (Jugoslavia) il 12 marzo 19.. e residente in Ciampino (RM) alla via... n. (C.F. CPCMLC..........), rappresentata e difesa dall’Avv. Giorgio Olmi, elettivamente domiciliata presso lo Studio dello stesso Avv. Olmi (C.F. LMOGRG64D16G479C; fax e p.e.c. come in intestazione) alla via Madonna di Fatima, 28 a (00147) Roma come da procura speciale in calce al presente atto
APPELLANTE CONTRO il sig. MARCHETTI Vito rappresentato e difeso dagli Avv.ti Fabio e Domenico C......
APPELLATO
Si costituisce con il presente atto l’Avv. Giorgio Olmi che prende atto della revoca del precedente Difensore Avv. Del Re da parte dell’appellante facendo proprie tutte le domande, eccezioni e deduzioni dallo stesso espletate. Facendo quindi seguito all'autorizzazione data all’udienza del 26 maggio 2012 da codesta Corte di Appello di redigere note autorizzate finalizzate alla procedibilità del presente giudizio il presente Avvocato Difensore formula in nome e per conto della sig.ra Milica Cupic - che sottoscrive personalmente insieme al procuratore assumendosi personalmente ed integralmente la responsabilità delle sue gravi denunce e censure pur presentate nella dovuta forma e sostanza giuridica dal suo procuratore - osservazioni sul prosieguo del procedimento di appello a completamento ed integrazione di quanto esposto nel relativo atto di citazione ed a confutazione di quanto esposto nella comparsa di risposta avversaria.
Si osserva che in merito alla procedibilità del presente giudizio di appello - ed a confutazione di quanto dichiarato a pag. 2 della comparsa di risposta avversaria - si fa notare che la sentenza notificata presso la cancelleria del Tribunale di Albano il 14 ottobre 2011 e destinata alla sig.ra "Cupic Milica... presso l'Avv. Roberta Nuccio" non può avere determinato il più rapido passaggio in giudicato della sentenza stessa come previsto dagli artt. 325 e 326 c.p.c. per il semplice fatto che la copia notificata non è 'uso l’appello' bensì si tratta di una copia munita di formula esecutiva e come tale inidonea ad azionare il termine breve per il passaggio in giudicato, con la conseguenza che l'atto di citazione in appello è stato correttamente notificato nel termine lungo e quindi il presente giudizio deve essere ritenuto salvo.
In tema di violazione dei termini ex artt. 325 e 326 c.p.c. - anche volendo entrare nel merito di quanto affermato dalla controparte alla stessa pag. 2 della comparsa di risposta - bisogna osservare che la stessa Cassazione in tempi recenti ha espresso massime importanti per sostenere l’imprescindibile elemento della volontà della parte sostanziale in un processo - e nel presente la chiara volontà della sig.ra Cupic è di volere appellare la sentenza del Tribunale di Albano - anche se l’inerzia del difensore ha prodotto risultati divergenti dal volere dell’assistito, fino al limite estremo della decadenza dai termini processuali.
Si parta dalla Cass. pen., Sez. VI, sentenza 10 settembre 2009 n. 35149 nella quale si sostiene che “deve ritenersi integrante il caso fortuito o forza maggiore l’ipotesi in cui il comportamento omissivo del difensore di fiducia, non attivatosi contrariamente alle aspettative dell’imputato per proporre impugnazione, sia dovuto ad una situazione di imprevedibile ignoranza della legge processuale penale, ne deriva la legittimità ed il conseguente accoglimento della richiesta di restituzione in termini per la presentazione dei motivi di appello ex art. 175 c.p.p”: la sentenza fa riferimento all’art. 175 c.p.p. - che ha una portata generale in quanto è inserito nel Titolo VI (intitolato ai ‘termini’) del Libro II (intitolato agli ‘atti’) del c.p.p. e quindi è propedeutico per materia alla generalità delle procedure disciplinate dai libri successivi - che prevede i concetti di ‘caso fortuito’ e di ‘forza maggiore’ come cause di totale giustificazione per la parte privata che - pur volendo appellare - si sia vista decadere i termini di gravame a causa della condotta omissiva del difensore.
Nel caso in esame è evidente ed implicita l’inerzia del procuratore e l’odierna appellante, nonostante le ripetute sollecitazioni che la stessa sig.ra Cupic dichiara essere state fatte al fine di verificare presso la cancelleria del Tribunale di Albano se ci fosse stata la notifica, mette in rilievo di avere avuto una discussione con lo stesso Avv. Nuccio che - come afferma la stessa parte sostanziale - disconobbe nel febbraio 2011 addirittura il suo ruolo processuale in una sentenza che in effetti è vero che non tiene minimamente conto delle precisazioni fatte dallo stesso avvocato nella comparsa conclusionale ma soltanto dell’attività processuale svolta dal precedente Difensore ovvero l’Avvocato Cosmo Basso già revocato da oltre un anno; ma è altrettanto vero che comunque era stata emessa nei confronti della sig.ra Cupic il cui difensore era comunque responsabile di provvedere quantomeno all’accertamento della notifica: l’Avv. Nuccio aveva quindi il preciso dovere innanzitutto di verificare l’arrivo in cancelleria di un’eventuale notifica della sentenza e quindi di avvertire l’assistita e di mettere il proprio magistero professionale al servizio della parte per la redazione dell’atto di appello, e naturalmente l’attuale appellante si riserva di agire nei confronti del nominato difensore in ogni Competente Sede per il risarcimento di tutti i danni qualora il presente appello sia dichiarato inammissibile.
Chiariti i fatti e tornando quindi all’esame della giurisprudenza, non si deve dimenticare a tal proposito che una disposizione molto simile a quella contenuta nell’art. 175 c.p.p. richiamato dalla sentenza n. 35149 del 2009 è contenuta nel secondo comma del’art. 153 c.p.p. – inserita nel Capo II (intitolato ‘dei termini’) del Titolo VI del Libro I del c.p.c. che è altrettanto propedeutico a tutti i riti civili e relative procedure (compreso l’appello) disciplinati nei successivi libri, e che quindi ha una portata generale.
La richiamata sentenza del resto fa esplicito riferimento alla Corte europea dei diritti dell’uomo quando afferma che “secondo la giurisprudenza CEDU, il giudice nazionale ha il dovere di restaurare i diritti processuali fondamentali dell’imputato quando le carenze difensive siano manifeste e siano segnalate alla sua attenzione (v. sentenze 09.04.1984, Goddi c. Italia; 24.11.1983, Imbroscia c. Svizzera; 27.04.2006, Sannino c. Italia; 18.01.2007, Hany c. Italia)”.
La volontà della parte sostanziale quindi è fondamentale e prevale certamente sull’inerzia o sull’omissione del difensore tecnico in tema di appello ed assume una fondamentale valenza giuridica anche nell’ambito della procedura civile, ed in quest’ottica si è mossa anche la Cass.civ., Sez. III, sentenza 13 gennaio 2005 n. 561 che afferma: “ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione di cui all'art. 325 cod. proc. civ., la notificazione della sentenza - che va fatta al procuratore costituito, ai sensi dell'art.170 stesso codice - deve essere compiuta al domicilio eletto dalla parte (e non presso la cancelleria del luogo ove ha sede l'autorità giudiziaria presso la quale il giudizio si è svolto) tutte le volte in cui compaia, in calce alla procura ed alla contestuale elezione di domicilio, la sottoscrizione del difensore: nella scelta tra un'interpretazione letterale ed una logica delle norme funzionali alla verificazione della validità della notifica "de qua" (in particolare, l'art.82 primo comma R.D. 22 gennaio 1934, n.87), difatti, va prescelta l'ermeneusi di tipo logico, che ricostruisca la vicenda della firma del difensore in calce agli atti suddetti come funzionale non alla sola autentica della firma, bensì a far proprio l'intero contenuto dell'atto, apparendo più rispettosa della volontà (della parte e) dello stesso difensore la scelta di attribuirgli anche il fine di far propria, con l'autentica dell'altrui firma, l'elezione di domicilio contenuta nell'atto da lui sottoscritto. In tal senso depongono, da un canto, il complessivo quadro normativo che l'ordinamento precessualcivilistico offre "in parte qua" (la parte che conferisce la procura "ad litem" non è tenuta ad eleggere domicilio nè presso il procuratore nè presso altri; l'elezione di domicilio ha natura recettizia; vigono le norme di cui agli artt.170, 285, 330 cod. proc. civ.; la procura consiste nella designazione del soggetto cui spettano nel processo i poteri previsti dalla legge, ma svolge altresì la funzione di manifestare l'incarico alla controparte e all'ufficio anche ai fini dell'art.170 stesso codice), dall'altro, la norma di cui all'art.1367 cod. civ., applicabile anche agli atti unilaterali (norma in forza della quale l'atto deve interpretarsi nel senso che possa produrre effetti, anziché nel senso, opposto, che non possa produrne alcuno, di talché limitare l'efficacia dell'elezione di domicilio alla sola parte significa privare l'atto di qualsiasi effetto in un sistema in cui, dopo la costituzione in giudizio, tutte le notificazioni e tutte le comunicazioni hanno come legittimo destinatario il procuratore costituito)”.
E’ esattamente avvenuto questo il 27 ottobre 2010 quando il procuratore dell’odierna appellante Cupic - ovvero l’Avv. Roberta Nuccio - depositò in cancelleria presso la sezione di Albano Laziale del Tribunale di Velletri la sua comparsa conclusionale contenente a margine (sottoscritto dalla parte sostanziale ed anche dal procuratore) la procura e l’elezione di domicilio presso lo Studio di Piazza Mazzini, 27 a Roma, con la conseguenza che secondo la suprema corte è invalida la notifica in cancelleria.
Come si evince vi sono quindi molteplici elementi procedurali validi a sostegno dell’ammissibilità dell’appello che viene presentato a codesta Corte, e ve ne sono ancora di più per proseguirlo, dato il danno gravissimo e irreversibile che deriverebbe all’appellante da un eventuale dichiarazione di inammissibilità della procedura.
Si osserva infatti in merito a quanto richiesto alle pagg. 10 e 11 dell'atto di citazione in appello - ovvero la immediata sospensiva dell'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado – che “gravi e fondati motivi” come richiesti dall'art. 283 c.p.c. sono certamente configurabili nelle condizioni di vita e di salute dell'attuale attrice evidenziati nell'atto con i documenti di prova allegati, ma il motivo che deve ben maggiormente far riflettere codesta Corte d'Appello consiste nell’espressa censura di falsità che la sig.ra Cupic denuncia in questa sede in relazione a quattro documenti allegati sia nella causa che ha portato alla sentenza della Sede distaccata di Albano del Tribunale di Velletri qui appellata sia nella causa che ha portato alla sentenza di divorzio le cui decisioni hanno costituito l’antecedente logico e giuridico della decisione qui censurata: innanzitutto, come si legge alle pagine 6 e seguenti dell'atto di citazione, la sig.ra Cupic muove la censura di falso contro l'atto contenuto nel registro di matrimonio del Comune di Roma n. 00553, parte 2, serie C 10 (all. 1 del presente procedimento), atto la cui sottoscrizione - secondo l’autorevole giudizio del consulente grafologo ing. Gozzi - non può essere attribuito alla sig.ra Milica Cupic, e questo solo atto basterebbe sia per la prosecuzione del presente giudizio ma anche per dichiarare la sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado per tutte le ovvie e gravissime conseguenze patrimoniali negative quando, come è chiara intenzione della sig.ra Cupic dimostrare, verrà dimostrata in sede giudiziaria la falsità del documento e, come è altrettanto chiara intenzione della stessa parte, verrà smascherato l’ autore o gli autori.
Altro motivo di indubbia gravità - questa volta squisitamente tecnico e procedurale - è che la notifica in forma esecutiva sopra menzionata, inidonea per l’accelerazione dei termini di appello, è stata fatta presso la cancelleria e non alla parte personalmente come espressamente impone senza deroghe il primo comma dell’art. 479 c.p.c. come presupposto insieme alla notifica del precetto dell’inizio dell’esecuzione forzata, con la conseguenza che la sig.ra Cupic è costretta ora a subire un’esecuzione forzata su una notifica del titolo esecutivo proposta in palese violazione del rito.
Del resto il presente Appello giunge alla fine di un calvario giudiziario ed esistenziale che la sig.ra Cupic così riassume: dopo tre anni di fidanzamento e tre di convivenza con il Gen. Vito Marchetti nell'anno 1971 nasce la prima figlia Sonia (morta a soli sei anni in seguito ai maltrattamenti che - accusa la Cupic - Marchetti le infliggeva come del resto a tutta famiglia, fatti da lei denunciati in altra Sede) nel 1972 signora Cupic anticipa del denaro per l’acquisto della casa di Ciampino che è oggetto della sentenza di Albano qui impugnata, ma non avendo ancora la cittadinanza italiana socio della cooperativa sarà esclusivamente il Marchetti come prevedeva la normativa di allora. Nel 1974 ci sarà il matrimonio che - denuncia la Cupic - fu costellato da mille soprusi, maltrattamenti morali e fisici, umiliazioni di ogni genere, infedeltà coniugali di ogni natura finchè nel 1995 appena i due figli superstiti diventarono maggiorenni - continua la Cupic – si giunse alla separazione consensuale che concedeva in uso esclusivo la casa familiare di Ciampino (per cui è stato incardinato il giudizio di Albano e quindi il presente) alla stessa Milica Cupic.
Nel 1995 - continua nella sua accorata denuncia la sig.ra Cupic - il figlio Stefano era militare a Pisa mentre la figlia era lascia letteralmente in mezzo alla strada per volontà del marito separato nonostante gli impegni presi in tribunale e neanche nei successivi anni ha provveduto - sostiene l’appellante - in tal senso nonostante non fossero economicamente indipendenti, ed è per questo che la stessa sig.ra Cupic afferma di aver provveduto da sola al loro mantenimento con immensi sacrifici: a tal proposito la stessa parte mette in rilievo che non è vero quanto affermato dalla controparte della causa di divorzio, cioè che figli avrebbero vissuto con il padre dopo la separazione.
Nel 1998 il figlio della Cupic ebbe un terribile incidente stradale con sedici interventi chirurgici ed un calvario sanitario durato anni e con spese fortissime per cui - continua affermando la parte – l’odierna appellante si indebitò senza che il padre contribuisse minimamente, continuando lei anche a mantenere la figlia.
Appena separata - continua la sig.ra Cupic – lei traslocò nella casa di Ciampino e nel 2003 chiese il divorzio soprattutto per uno scopo economico (secondo gli accordi di separazione infatti le venivano riconosciuti 500 euro, giudicati totalmente insufficienti per vivere dignitosamente anche in considerazione dei debiti contratti per l’infortunio del figlio nonostante – insiste la parte – la totale assenza e negligenza economica del marito separato nei confronti dei figli) ed è per questo che si rivolse all’Avv. Boschi mentre contemporaneamente il Marchetti chiedeva l’annullamento del matrimonio religioso di fronte al Tribunale ecclesiastico, (la sig-ra CUPIC vince la causa alla S.Rota). L’Avv. Boschi instaurava il giudizio dinanzi al Tribunale di Roma - il quale però rinunciava all’incarico in quanto, secondo la Cupic, venne fatto oggetto di minacce ed intimidazioni - lasciando la difesa della causa di divorzio all’Avv. Greganti la quale però, continua nelle sue dichiarazioni l’odierna attrice, veniva contattata dal Generale Alessandro Pompegnani in relazione ad un esposto che la Cupic aveva inoltrato allo Stato Maggiore dell’Esercito nei confronti del Marchetti ed in seguito - secondo la parte – anche lei fatta oggetto di minacce anonime che l’odierna appellante ritiene abbiano influito pesantemente nel suo diritto di difesa per aver consentito che i documenti di cui si tratterà in seguito alle lettere b), c) e d) delle presenti note (ovvero l’estratto del conto corrente, il prospetto di anticipo della pensione e l’atto di assegnazione di immobile) passassero senza censure ed eccezioni attraverso la causa di divorzio e costituissero anzi la base probatoria per la relativa sentenza, nonostante la stessa Cupic ne denunciasse la falsità alla Guardia di Finanza nel gennaio 2006 e che verranno comunque impugnati in sede civile con querela di falso.
Riceveva quindi il mandato nella causa di divorzio, in sostituzione dell’Avv. Greganti, l’Avv. Cosmo Basso, ed anche in tale fase non mancarono i problemi in quanto sparì tutta la produzione sia di atti che di documenti precedenti all’ingresso processuale di tale Difensore, come lo stesso Avv. Basso non mancò di segnalare al Tribunale con nota datata 14 febbraio 2006.
Infine, sulla base della sentenza di divorzio - per l’emissione della quale sono stati utilizzati documenti che, si ripete, l’attuale parte appellante denuncia sin da ora come falsi e che verranno fatti oggetto di apposita querela - veniva incardinata la causa R.G. 40419/07 che ha condotto all’emanazione della sentenza qui impugnata nella quale fu prodotto l’atto di matrimonio che, come è stato e sarà sotto ulteriormente evidenziato, viene sin da ora impugnato con querela di falso.
In questa sede quindi, proprio a voler rafforzare la necessità di procedere con il giudizio d’Appello, si evidenziano tutti i documenti che la sig.ra Cupic intende sottoporre alla querela di falso ovvero:
a) atto contenuto nel registro di matrimonio del Comune di Roma n. 00553, parte 2, serie C 10 come già evidenziato nell’atto introduttivo del presente giudizio e per i motivi sopra esposti;
b) estratto del conto corrente allegato al punto due della nota depositata nel luglio del 2005 nella causa incardinata presso il Tribunale civile di Roma (R.G. 45154/03, Giudice Dott.ssa Cruciani) avente oggetto lo scioglimento del matrimonio tra Cupic e Marchetti, la cui sentenza è stata determinante per l'emissione della menzionata sentenza del Tribunale di Albano qui appellata. Al menzionato punto due è allegato un dichiarato estratto di conto corrente dell'anno 2004 (mentre quello del 2003 è chiaramente una documentazione di provenienza certa della banca, l'altro è composto di due pagine di provenienza incerta, sulla cui prima vi è indicato il numero di conto corrente e porta la data del 23 marzo 2003 mentre sulla cui seconda, che dovrebbe essere consecutiva, non vi è alcuna indicazione di conto corrente ed è datata 16 marzo 2005) per cui la sig.ra Cupic denuncia sin da ora la falsità di tale documento. Il 23 gennaio 2006 ritenendo inficiato da palese falsità tale documento l’appellante sporgeva esposto presso il Comando regionale Lazio della Guardia di finanza;
c) prospetto amministrativo di anticipo pensione del marzo e giugno 2004 di cui al punto sette della nota menzionata alla precedente lettera b) del quale la sig.ra Cupic denuncia la falsità in quanto è completamente assente ogni riferimento personale, cioè non risultano in alcuna maniera i dati del soggetto al quale la pensione si riferirebbe. Il 23 gennaio 2006 ritenendo inficiato da palese falsità tale documento l’appellante sporgeva esposto presso il Comando regionale Lazio della Guardia di finanza;
d) atto di assegnazione di immobile di cui al punto nove della nota menzionata alla precedente lettera b) della quale non è possibile comprenderne la provenienza ma è senz’altro, secondo la sig.ra Cupic, un documento falso in quanto la stessa parte dichiara di aver ricevuto dalla Conservatoria copia autentica dello stesso atto che non corrisponde al documento allegato nella causa dove vi sono tracce di timbri non corrispondenti a quelli della copia estratta dal registro, mancano le firme e l'atto di registrazione, completamente diverso da quello estratto, è parziale: il 23 gennaio 2006 ritenendo inficiato da palese falsità tale documento l’appellante sporgeva esposto presso il Comando regionale Lazio della Guardia di finanza.
Per tutti questi motivi questa Difesa ritiene che il presente giudizio di appello venga dichiarato ammissibile prima e proseguito poi, con l’eventuale sospensione per la proposizione di un’unica querela di falso avente ad oggetto i quattro documenti di cui alle lettere a), b), c) e d) delle presenti note autorizzate al competente Tribunale e con sospensione dell’esecutività della sentenza del Tribunale di Albano impugnata davanti a codesta Corte d’Appello di Roma.
Roma, 12 settembre 2012
(Avv. Giorgio Olmi)
Avv. Giorgio Olmi
Via Madonna di Fatima, 28 - 00147 ROMA
(Le note del mio avv. G. Olmi sono state accolte dalla Corte D'appello, la esecuzione la Corte non ha bloccato e mi hanno butata fuori da CASA MIA,!! QUERELA/E PER DOCUMENTI FALSI DI DIVORZIO, "DIVISIONE DEI BENI" CHE HA PRESENTATO IL ora mio ex marito VITO MARCHETTI GENERALE DELL'ESERCITO, E SUO Avv. DE TOMMASO GIUSEPPE, (DUE TERRIBILI CRIMINALI) TUTTO E IN CORSSO, vivo un inferno,!!).
Tel/fax 06-5126679 - cell. 330-582230
E-mail: olgiorgio@tiscali.it
P.e.c.: avvgiorgioolmi@pcert.postecert.it
CORTE DI APPELLO DI ROMA
NOTE AUTORIZZATE
Sez. IV civile C.I. Dott. Mariani R.G. 340/12 PER
la sig.ra CUPIC Milica nata a Visnjicevo (Jugoslavia) il 12 marzo 19.. e residente in Ciampino (RM) alla via... n. (C.F. CPCMLC..........), rappresentata e difesa dall’Avv. Giorgio Olmi, elettivamente domiciliata presso lo Studio dello stesso Avv. Olmi (C.F. LMOGRG64D16G479C; fax e p.e.c. come in intestazione) alla via Madonna di Fatima, 28 a (00147) Roma come da procura speciale in calce al presente atto
APPELLANTE CONTRO il sig. MARCHETTI Vito rappresentato e difeso dagli Avv.ti Fabio e Domenico C......
APPELLATO
Si costituisce con il presente atto l’Avv. Giorgio Olmi che prende atto della revoca del precedente Difensore Avv. Del Re da parte dell’appellante facendo proprie tutte le domande, eccezioni e deduzioni dallo stesso espletate. Facendo quindi seguito all'autorizzazione data all’udienza del 26 maggio 2012 da codesta Corte di Appello di redigere note autorizzate finalizzate alla procedibilità del presente giudizio il presente Avvocato Difensore formula in nome e per conto della sig.ra Milica Cupic - che sottoscrive personalmente insieme al procuratore assumendosi personalmente ed integralmente la responsabilità delle sue gravi denunce e censure pur presentate nella dovuta forma e sostanza giuridica dal suo procuratore - osservazioni sul prosieguo del procedimento di appello a completamento ed integrazione di quanto esposto nel relativo atto di citazione ed a confutazione di quanto esposto nella comparsa di risposta avversaria.
Si osserva che in merito alla procedibilità del presente giudizio di appello - ed a confutazione di quanto dichiarato a pag. 2 della comparsa di risposta avversaria - si fa notare che la sentenza notificata presso la cancelleria del Tribunale di Albano il 14 ottobre 2011 e destinata alla sig.ra "Cupic Milica... presso l'Avv. Roberta Nuccio" non può avere determinato il più rapido passaggio in giudicato della sentenza stessa come previsto dagli artt. 325 e 326 c.p.c. per il semplice fatto che la copia notificata non è 'uso l’appello' bensì si tratta di una copia munita di formula esecutiva e come tale inidonea ad azionare il termine breve per il passaggio in giudicato, con la conseguenza che l'atto di citazione in appello è stato correttamente notificato nel termine lungo e quindi il presente giudizio deve essere ritenuto salvo.
In tema di violazione dei termini ex artt. 325 e 326 c.p.c. - anche volendo entrare nel merito di quanto affermato dalla controparte alla stessa pag. 2 della comparsa di risposta - bisogna osservare che la stessa Cassazione in tempi recenti ha espresso massime importanti per sostenere l’imprescindibile elemento della volontà della parte sostanziale in un processo - e nel presente la chiara volontà della sig.ra Cupic è di volere appellare la sentenza del Tribunale di Albano - anche se l’inerzia del difensore ha prodotto risultati divergenti dal volere dell’assistito, fino al limite estremo della decadenza dai termini processuali.
Si parta dalla Cass. pen., Sez. VI, sentenza 10 settembre 2009 n. 35149 nella quale si sostiene che “deve ritenersi integrante il caso fortuito o forza maggiore l’ipotesi in cui il comportamento omissivo del difensore di fiducia, non attivatosi contrariamente alle aspettative dell’imputato per proporre impugnazione, sia dovuto ad una situazione di imprevedibile ignoranza della legge processuale penale, ne deriva la legittimità ed il conseguente accoglimento della richiesta di restituzione in termini per la presentazione dei motivi di appello ex art. 175 c.p.p”: la sentenza fa riferimento all’art. 175 c.p.p. - che ha una portata generale in quanto è inserito nel Titolo VI (intitolato ai ‘termini’) del Libro II (intitolato agli ‘atti’) del c.p.p. e quindi è propedeutico per materia alla generalità delle procedure disciplinate dai libri successivi - che prevede i concetti di ‘caso fortuito’ e di ‘forza maggiore’ come cause di totale giustificazione per la parte privata che - pur volendo appellare - si sia vista decadere i termini di gravame a causa della condotta omissiva del difensore.
Nel caso in esame è evidente ed implicita l’inerzia del procuratore e l’odierna appellante, nonostante le ripetute sollecitazioni che la stessa sig.ra Cupic dichiara essere state fatte al fine di verificare presso la cancelleria del Tribunale di Albano se ci fosse stata la notifica, mette in rilievo di avere avuto una discussione con lo stesso Avv. Nuccio che - come afferma la stessa parte sostanziale - disconobbe nel febbraio 2011 addirittura il suo ruolo processuale in una sentenza che in effetti è vero che non tiene minimamente conto delle precisazioni fatte dallo stesso avvocato nella comparsa conclusionale ma soltanto dell’attività processuale svolta dal precedente Difensore ovvero l’Avvocato Cosmo Basso già revocato da oltre un anno; ma è altrettanto vero che comunque era stata emessa nei confronti della sig.ra Cupic il cui difensore era comunque responsabile di provvedere quantomeno all’accertamento della notifica: l’Avv. Nuccio aveva quindi il preciso dovere innanzitutto di verificare l’arrivo in cancelleria di un’eventuale notifica della sentenza e quindi di avvertire l’assistita e di mettere il proprio magistero professionale al servizio della parte per la redazione dell’atto di appello, e naturalmente l’attuale appellante si riserva di agire nei confronti del nominato difensore in ogni Competente Sede per il risarcimento di tutti i danni qualora il presente appello sia dichiarato inammissibile.
Chiariti i fatti e tornando quindi all’esame della giurisprudenza, non si deve dimenticare a tal proposito che una disposizione molto simile a quella contenuta nell’art. 175 c.p.p. richiamato dalla sentenza n. 35149 del 2009 è contenuta nel secondo comma del’art. 153 c.p.p. – inserita nel Capo II (intitolato ‘dei termini’) del Titolo VI del Libro I del c.p.c. che è altrettanto propedeutico a tutti i riti civili e relative procedure (compreso l’appello) disciplinati nei successivi libri, e che quindi ha una portata generale.
La richiamata sentenza del resto fa esplicito riferimento alla Corte europea dei diritti dell’uomo quando afferma che “secondo la giurisprudenza CEDU, il giudice nazionale ha il dovere di restaurare i diritti processuali fondamentali dell’imputato quando le carenze difensive siano manifeste e siano segnalate alla sua attenzione (v. sentenze 09.04.1984, Goddi c. Italia; 24.11.1983, Imbroscia c. Svizzera; 27.04.2006, Sannino c. Italia; 18.01.2007, Hany c. Italia)”.
La volontà della parte sostanziale quindi è fondamentale e prevale certamente sull’inerzia o sull’omissione del difensore tecnico in tema di appello ed assume una fondamentale valenza giuridica anche nell’ambito della procedura civile, ed in quest’ottica si è mossa anche la Cass.civ., Sez. III, sentenza 13 gennaio 2005 n. 561 che afferma: “ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione di cui all'art. 325 cod. proc. civ., la notificazione della sentenza - che va fatta al procuratore costituito, ai sensi dell'art.170 stesso codice - deve essere compiuta al domicilio eletto dalla parte (e non presso la cancelleria del luogo ove ha sede l'autorità giudiziaria presso la quale il giudizio si è svolto) tutte le volte in cui compaia, in calce alla procura ed alla contestuale elezione di domicilio, la sottoscrizione del difensore: nella scelta tra un'interpretazione letterale ed una logica delle norme funzionali alla verificazione della validità della notifica "de qua" (in particolare, l'art.82 primo comma R.D. 22 gennaio 1934, n.87), difatti, va prescelta l'ermeneusi di tipo logico, che ricostruisca la vicenda della firma del difensore in calce agli atti suddetti come funzionale non alla sola autentica della firma, bensì a far proprio l'intero contenuto dell'atto, apparendo più rispettosa della volontà (della parte e) dello stesso difensore la scelta di attribuirgli anche il fine di far propria, con l'autentica dell'altrui firma, l'elezione di domicilio contenuta nell'atto da lui sottoscritto. In tal senso depongono, da un canto, il complessivo quadro normativo che l'ordinamento precessualcivilistico offre "in parte qua" (la parte che conferisce la procura "ad litem" non è tenuta ad eleggere domicilio nè presso il procuratore nè presso altri; l'elezione di domicilio ha natura recettizia; vigono le norme di cui agli artt.170, 285, 330 cod. proc. civ.; la procura consiste nella designazione del soggetto cui spettano nel processo i poteri previsti dalla legge, ma svolge altresì la funzione di manifestare l'incarico alla controparte e all'ufficio anche ai fini dell'art.170 stesso codice), dall'altro, la norma di cui all'art.1367 cod. civ., applicabile anche agli atti unilaterali (norma in forza della quale l'atto deve interpretarsi nel senso che possa produrre effetti, anziché nel senso, opposto, che non possa produrne alcuno, di talché limitare l'efficacia dell'elezione di domicilio alla sola parte significa privare l'atto di qualsiasi effetto in un sistema in cui, dopo la costituzione in giudizio, tutte le notificazioni e tutte le comunicazioni hanno come legittimo destinatario il procuratore costituito)”.
E’ esattamente avvenuto questo il 27 ottobre 2010 quando il procuratore dell’odierna appellante Cupic - ovvero l’Avv. Roberta Nuccio - depositò in cancelleria presso la sezione di Albano Laziale del Tribunale di Velletri la sua comparsa conclusionale contenente a margine (sottoscritto dalla parte sostanziale ed anche dal procuratore) la procura e l’elezione di domicilio presso lo Studio di Piazza Mazzini, 27 a Roma, con la conseguenza che secondo la suprema corte è invalida la notifica in cancelleria.
Come si evince vi sono quindi molteplici elementi procedurali validi a sostegno dell’ammissibilità dell’appello che viene presentato a codesta Corte, e ve ne sono ancora di più per proseguirlo, dato il danno gravissimo e irreversibile che deriverebbe all’appellante da un eventuale dichiarazione di inammissibilità della procedura.
Si osserva infatti in merito a quanto richiesto alle pagg. 10 e 11 dell'atto di citazione in appello - ovvero la immediata sospensiva dell'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado – che “gravi e fondati motivi” come richiesti dall'art. 283 c.p.c. sono certamente configurabili nelle condizioni di vita e di salute dell'attuale attrice evidenziati nell'atto con i documenti di prova allegati, ma il motivo che deve ben maggiormente far riflettere codesta Corte d'Appello consiste nell’espressa censura di falsità che la sig.ra Cupic denuncia in questa sede in relazione a quattro documenti allegati sia nella causa che ha portato alla sentenza della Sede distaccata di Albano del Tribunale di Velletri qui appellata sia nella causa che ha portato alla sentenza di divorzio le cui decisioni hanno costituito l’antecedente logico e giuridico della decisione qui censurata: innanzitutto, come si legge alle pagine 6 e seguenti dell'atto di citazione, la sig.ra Cupic muove la censura di falso contro l'atto contenuto nel registro di matrimonio del Comune di Roma n. 00553, parte 2, serie C 10 (all. 1 del presente procedimento), atto la cui sottoscrizione - secondo l’autorevole giudizio del consulente grafologo ing. Gozzi - non può essere attribuito alla sig.ra Milica Cupic, e questo solo atto basterebbe sia per la prosecuzione del presente giudizio ma anche per dichiarare la sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado per tutte le ovvie e gravissime conseguenze patrimoniali negative quando, come è chiara intenzione della sig.ra Cupic dimostrare, verrà dimostrata in sede giudiziaria la falsità del documento e, come è altrettanto chiara intenzione della stessa parte, verrà smascherato l’ autore o gli autori.
Altro motivo di indubbia gravità - questa volta squisitamente tecnico e procedurale - è che la notifica in forma esecutiva sopra menzionata, inidonea per l’accelerazione dei termini di appello, è stata fatta presso la cancelleria e non alla parte personalmente come espressamente impone senza deroghe il primo comma dell’art. 479 c.p.c. come presupposto insieme alla notifica del precetto dell’inizio dell’esecuzione forzata, con la conseguenza che la sig.ra Cupic è costretta ora a subire un’esecuzione forzata su una notifica del titolo esecutivo proposta in palese violazione del rito.
Del resto il presente Appello giunge alla fine di un calvario giudiziario ed esistenziale che la sig.ra Cupic così riassume: dopo tre anni di fidanzamento e tre di convivenza con il Gen. Vito Marchetti nell'anno 1971 nasce la prima figlia Sonia (morta a soli sei anni in seguito ai maltrattamenti che - accusa la Cupic - Marchetti le infliggeva come del resto a tutta famiglia, fatti da lei denunciati in altra Sede) nel 1972 signora Cupic anticipa del denaro per l’acquisto della casa di Ciampino che è oggetto della sentenza di Albano qui impugnata, ma non avendo ancora la cittadinanza italiana socio della cooperativa sarà esclusivamente il Marchetti come prevedeva la normativa di allora. Nel 1974 ci sarà il matrimonio che - denuncia la Cupic - fu costellato da mille soprusi, maltrattamenti morali e fisici, umiliazioni di ogni genere, infedeltà coniugali di ogni natura finchè nel 1995 appena i due figli superstiti diventarono maggiorenni - continua la Cupic – si giunse alla separazione consensuale che concedeva in uso esclusivo la casa familiare di Ciampino (per cui è stato incardinato il giudizio di Albano e quindi il presente) alla stessa Milica Cupic.
Nel 1995 - continua nella sua accorata denuncia la sig.ra Cupic - il figlio Stefano era militare a Pisa mentre la figlia era lascia letteralmente in mezzo alla strada per volontà del marito separato nonostante gli impegni presi in tribunale e neanche nei successivi anni ha provveduto - sostiene l’appellante - in tal senso nonostante non fossero economicamente indipendenti, ed è per questo che la stessa sig.ra Cupic afferma di aver provveduto da sola al loro mantenimento con immensi sacrifici: a tal proposito la stessa parte mette in rilievo che non è vero quanto affermato dalla controparte della causa di divorzio, cioè che figli avrebbero vissuto con il padre dopo la separazione.
Nel 1998 il figlio della Cupic ebbe un terribile incidente stradale con sedici interventi chirurgici ed un calvario sanitario durato anni e con spese fortissime per cui - continua affermando la parte – l’odierna appellante si indebitò senza che il padre contribuisse minimamente, continuando lei anche a mantenere la figlia.
Appena separata - continua la sig.ra Cupic – lei traslocò nella casa di Ciampino e nel 2003 chiese il divorzio soprattutto per uno scopo economico (secondo gli accordi di separazione infatti le venivano riconosciuti 500 euro, giudicati totalmente insufficienti per vivere dignitosamente anche in considerazione dei debiti contratti per l’infortunio del figlio nonostante – insiste la parte – la totale assenza e negligenza economica del marito separato nei confronti dei figli) ed è per questo che si rivolse all’Avv. Boschi mentre contemporaneamente il Marchetti chiedeva l’annullamento del matrimonio religioso di fronte al Tribunale ecclesiastico, (la sig-ra CUPIC vince la causa alla S.Rota). L’Avv. Boschi instaurava il giudizio dinanzi al Tribunale di Roma - il quale però rinunciava all’incarico in quanto, secondo la Cupic, venne fatto oggetto di minacce ed intimidazioni - lasciando la difesa della causa di divorzio all’Avv. Greganti la quale però, continua nelle sue dichiarazioni l’odierna attrice, veniva contattata dal Generale Alessandro Pompegnani in relazione ad un esposto che la Cupic aveva inoltrato allo Stato Maggiore dell’Esercito nei confronti del Marchetti ed in seguito - secondo la parte – anche lei fatta oggetto di minacce anonime che l’odierna appellante ritiene abbiano influito pesantemente nel suo diritto di difesa per aver consentito che i documenti di cui si tratterà in seguito alle lettere b), c) e d) delle presenti note (ovvero l’estratto del conto corrente, il prospetto di anticipo della pensione e l’atto di assegnazione di immobile) passassero senza censure ed eccezioni attraverso la causa di divorzio e costituissero anzi la base probatoria per la relativa sentenza, nonostante la stessa Cupic ne denunciasse la falsità alla Guardia di Finanza nel gennaio 2006 e che verranno comunque impugnati in sede civile con querela di falso.
Riceveva quindi il mandato nella causa di divorzio, in sostituzione dell’Avv. Greganti, l’Avv. Cosmo Basso, ed anche in tale fase non mancarono i problemi in quanto sparì tutta la produzione sia di atti che di documenti precedenti all’ingresso processuale di tale Difensore, come lo stesso Avv. Basso non mancò di segnalare al Tribunale con nota datata 14 febbraio 2006.
Infine, sulla base della sentenza di divorzio - per l’emissione della quale sono stati utilizzati documenti che, si ripete, l’attuale parte appellante denuncia sin da ora come falsi e che verranno fatti oggetto di apposita querela - veniva incardinata la causa R.G. 40419/07 che ha condotto all’emanazione della sentenza qui impugnata nella quale fu prodotto l’atto di matrimonio che, come è stato e sarà sotto ulteriormente evidenziato, viene sin da ora impugnato con querela di falso.
In questa sede quindi, proprio a voler rafforzare la necessità di procedere con il giudizio d’Appello, si evidenziano tutti i documenti che la sig.ra Cupic intende sottoporre alla querela di falso ovvero:
a) atto contenuto nel registro di matrimonio del Comune di Roma n. 00553, parte 2, serie C 10 come già evidenziato nell’atto introduttivo del presente giudizio e per i motivi sopra esposti;
b) estratto del conto corrente allegato al punto due della nota depositata nel luglio del 2005 nella causa incardinata presso il Tribunale civile di Roma (R.G. 45154/03, Giudice Dott.ssa Cruciani) avente oggetto lo scioglimento del matrimonio tra Cupic e Marchetti, la cui sentenza è stata determinante per l'emissione della menzionata sentenza del Tribunale di Albano qui appellata. Al menzionato punto due è allegato un dichiarato estratto di conto corrente dell'anno 2004 (mentre quello del 2003 è chiaramente una documentazione di provenienza certa della banca, l'altro è composto di due pagine di provenienza incerta, sulla cui prima vi è indicato il numero di conto corrente e porta la data del 23 marzo 2003 mentre sulla cui seconda, che dovrebbe essere consecutiva, non vi è alcuna indicazione di conto corrente ed è datata 16 marzo 2005) per cui la sig.ra Cupic denuncia sin da ora la falsità di tale documento. Il 23 gennaio 2006 ritenendo inficiato da palese falsità tale documento l’appellante sporgeva esposto presso il Comando regionale Lazio della Guardia di finanza;
c) prospetto amministrativo di anticipo pensione del marzo e giugno 2004 di cui al punto sette della nota menzionata alla precedente lettera b) del quale la sig.ra Cupic denuncia la falsità in quanto è completamente assente ogni riferimento personale, cioè non risultano in alcuna maniera i dati del soggetto al quale la pensione si riferirebbe. Il 23 gennaio 2006 ritenendo inficiato da palese falsità tale documento l’appellante sporgeva esposto presso il Comando regionale Lazio della Guardia di finanza;
d) atto di assegnazione di immobile di cui al punto nove della nota menzionata alla precedente lettera b) della quale non è possibile comprenderne la provenienza ma è senz’altro, secondo la sig.ra Cupic, un documento falso in quanto la stessa parte dichiara di aver ricevuto dalla Conservatoria copia autentica dello stesso atto che non corrisponde al documento allegato nella causa dove vi sono tracce di timbri non corrispondenti a quelli della copia estratta dal registro, mancano le firme e l'atto di registrazione, completamente diverso da quello estratto, è parziale: il 23 gennaio 2006 ritenendo inficiato da palese falsità tale documento l’appellante sporgeva esposto presso il Comando regionale Lazio della Guardia di finanza.
Per tutti questi motivi questa Difesa ritiene che il presente giudizio di appello venga dichiarato ammissibile prima e proseguito poi, con l’eventuale sospensione per la proposizione di un’unica querela di falso avente ad oggetto i quattro documenti di cui alle lettere a), b), c) e d) delle presenti note autorizzate al competente Tribunale e con sospensione dell’esecutività della sentenza del Tribunale di Albano impugnata davanti a codesta Corte d’Appello di Roma.
Roma, 12 settembre 2012
(Avv. Giorgio Olmi)
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