sabato 9 febbraio 2019

CITTA' DI MEDINA, BIMBO DI 6 ANNI DECAPITATO DAVANTI ALLA MADRE PERCHE' APPARTENENTE ALLA RELIGIONE SBAGLIATA

BAMBINO DI 6 ANNI DECAPITATO DAVANTI ALLA MAMMA/ “Siete sciiti?”: la risposta lo condanna a morte

Bambino di 6 anni decapitato davanti alla mamma solo perché sciita: la domanda davanti al tempio e la risposta che lo ha condannato ad una morte orrenda.

Il bimbo sciita decapitato davanti alla mamma (foto da Twitter)
Morire per la religione “sbagliata”, finire decapitato davanti alla propria madre soltanto perché sciiti e non sunniti come la maggioranza della popolazione. Questo è quello che è accaduto a Medina ad un bambino di 6 anni secondo quanto riportato dal Mirror. Il quotidiano inglese sostiene che mamma e figlio siano stati avvicinati mentre erano in visita al tempio. Alcuni uomini hanno domandato ai due:”Siete sciiti?”. Affermativa la risposta, ma proprio questa sincerità nel dichiarare la propria fede è costata carissimo soprattutto al piccolo. Secondo la ricostruzione, infatti, la donna e il bimbo di 6 anni sono stati trascinati con la forza all’interno di una macchina da alcuni uomini. Era soltanto il preludio di una storia orribile ma esplicativa dei rapporti che intercorrono tra sunniti e sciiti, rami diversi della stessa religione, l’Islam.

BAMBINO DI 6 ANNI DECAPITATO DAVANTI ALLA MAMMA

Ha provato ad urlare e ad implorare pietà la mamma del bambino di 6 anni decapitato a Medina, in Arabia Saudita, soltanto perché appartenente alla corrente sciita dell’Islam anziché a quella sunnita dell’Islam (sotto le foto del piccolo diffuse dall’attivista Er. Asif Rasool). Le sue urla strazianti e le sue preghiere sono rimaste però inascoltate. Gli aggressori, infatti, dopo aver trascinato i due in auto, hanno colpito il bambino al collo con un bicchiere di vetro rotto, fino a quando non è stato decapitato dinanzi alla madre, che ha dovuto assistere inerme alla sua esecuzione. Come riportato da “Shia Rights Watch”, Ong impegnata nella difesa dei diritti degli sciiti nel mondo, fino a questo momento non c’è stata alcuna reazione della autorità saudite sull’accaduto, né dichiarazione di condanna. Secondo la comunità sciita quest’episodio è il frutto delle continue violazioni dei proprio diritti e della mancanza di protezione nei loro confronti da parte delle autorità in Arabia Saudita, un Paese composto per tre quarti della popolazione da sunniti.
Arabia Saudita: un uomo chiede ad una madre se è sciita, poi l'autista del taxi decapita il figlio di 6 anni.
"Quando incontri i miscredenti, colpisci il collo" (Corano 47: 4)
I sunniti considerano gli sciiti come miscredenti e li hanno attaccati frequentemente durante i 1400 anni di storia dell'Islam.
Ma non c'è motivo di preoccuparsi di questo: le autorità saudite affermano che il tassista è "malato di mente".
Probabilmente hanno colto (ed utilizzato di conseguenza) questa idea dalle autorità occidentali, che da anni hanno ripetutamente affermato che i jihadisti sono malati di mente.

Donna islamica con figlio Donna islamica con figlio
Redazione-Un bimbo di 6 anni sarebbe stato decapitato di fronte alla madre, tra le sue urla strazianti. La sua colpa? quella di appartenere al ramo sbagliato dell'Islam. Lo riporta il sito inglese del Mirror. I due sarebbero stati attaccati mentre erano in visita ad un tempio nella città di Medina.Secondo la ricostruzione dei fatti madre e figlio sono stati avvicinati mentre erano in visita al tempio. Gli hanno chiesto se fossero sciiti, e quando la madre ha risposto di sì i due sono stati presi e messi in una macchina. Il piccolo è stato poi strappatio via dalla madre e colpito al collo con un bicchiere di vetro rotto, finchè non è stato decapitato. La madre ha dovuto assistere, inerme, all'uccisione del figlio.Tre quarti della popolazione, in Arabia Saudita, appartiene al ramo sunnita della religione islamica. "Shia Rights Watch", Ong impegnata nella difesa dei diritti degli sciiti nel mondo, ha reso noto che finora non c'è stato nessuna reazione della autorità saudite sull'accaduto. La comunità sciita ha dichiarato che quest'episodio è il frutto delle continue violazioni dei diritti degli sciiti, e della mancanza di protezione nei loro confrontida parte delle autorità in Arabia Saudita.    

Fermato l'aggressore dell'agente di polizia

Fermato l’aggressore dell’agente di polizia
VIAREGGIO - È stato fermato stamattina, dalla Polizia di Stato, per tentato omicidio il marocchino che la sera del 6 febbraio scorso ha aggredito e ferito gravemente alla testa un poliziotto delle Volanti del Commissariato di Viareggio, impegnato in un servizio di contrasto allo spaccio nella Pineta di Ponente.
La sera dell’aggressione il marocchino, RAMI Mustapha di ventanni, irregolare sul territorio nazionale, privo di una fissa dimora e con precedenti penali, era a spacciare nella Pineta, con altri connazionali; sentendosi braccato lo straniero ha impugnato un corpo contundente, probabilmente una grossa pietra, e ha colpito il giovane poliziotto, appostato tra la vegetazione in servizio di osservazione discreta.
Condotto in ospedale con trauma cranico, forte emorragia e una grave frattura dell’osso frontale, l’operatore è stato dichiarato fuori pericolo solo da poche ore.
Dalla sera dell’aggressione è stata incessante e articolata l’attività investigativa dei poliziotti del Commissariato di Viareggio e della Squadra Mobile, unita all’intensificazione dei servizi di controllo del territorio.
L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Lucca, già poche ore dopo il fatto, aveva permesso di individuare il probabile responsabile in uno dei marocchini che spacciano nella Pineta di Ponente, noti agli uomini della Squadra Mobile e del Commissariato di Viareggio anche grazie ai numerosi controlli operati negli ultimi mesi e alla recente operazione di polizia giudiziaria, condotta nel dicembre scorso e conclusasi con l’arresto di 17 stranieri, tutti responsabili di spaccio aggravato, consumato anche in danno a minori e in prossimità di scuole.
Infatti, il 20 dicembre scorso Rami fu fermato ed identificato nella piazza di spaccio dagli uomini della Squadra Mobile; in quella occasione riuscì a disfarsi di 100 grammi di hashish che furono rinvenuti, tra fitta vegetazione, solo il giorno successivo anche grazie all’impiego delle unità cinofile di Firenze. Ancora prima, il 6 ottobre scorso, sempre RAMI era stato controllato nella stanza di un albergo di Viareggio; in quella occasione fu trovato, con altri connazionali, nella disponibilità di quasi due mila euro in contanti, probabilmente provento di spaccio.
Ieri sera, gli investigatori del Commissariato e della Squadra Mobile, acquisiti ulteriori elementi a carico di R.M. anche grazie alla sinergia investigativa con la Compagnia dei Carabinieri di Viareggio, individuata l’abitazione del marocchino, hanno avviato un discreto servizio di osservazione, concluso di stamattina con il fermo d’iniziativa, reso necessario dall’evidente pericolo di fuga trattandosi di un soggetto privo di fissa dimora, di legami famigliari ed interessi lavorativi nel territorio nazionale.
Rami Mustapha, clandestino sul territorio nazionale e senza fissa dimora, è stato tradotto in carcere in attesa dell’udienza di convalida che si terrà nei prossimi giorni al Tribunale di Lucca.
Le condizioni dell’Agente Fierro, attualmente ricoverato presso l’ospedale di Livorno, sono in miglioramento.

Bandiera francese all’Università di Torino, il rettore: “Vorrei vederne mille alle finestre”


Da questa mattina sul rettorato dell’Università degli Studi di Torino sventola il tricolore francese. Certo, una delle motivazioni è che dei docenti dell’università di Chambery sono in visita al nostro ateneo ma a pesare sulla scelta del rettore Gianmaria Ajani, che l’ha fatta issare, c’è anche la volontà di dare una risposta forte alla crisi diplomatica che si sta consumando in questi giorni tra Italia e Francia.
«Se dovessi fare un appello potrei dire che mi piacerebbe vedere Torino con mille bandiere francesi appese alle finestre - afferma il rettore -. La nostra Università presiede l’unione degli atenei Italiani e Francesi e in più ci sono docenti d’oltralpe in visita. La nostra, poi, è una città che storicamente è amica della Francia e ne condivide parte di storia e cultura. La bandiera in rettorato vuole essere anche un simbolo di vicinanza e rinnovato spirito europeo».

UNA CONSIDERAZIONE SUI MIGRANTI

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Quindi , riepilogando la faccenda dei profughi ....
Partono da casa perchè c'è una qualche guerra che conoscono solo loro, attraversano il deserto senza nulla appresso, arrivano in Libia dove vengono tutti catturati dai cattivi libici che li rinchiudono nei loro lager e li torturano per anni.
Ovviamente ci sono anche donne e bambini e anche loro hanno attraversato il deserto e sono stati torturati per anni.
Poi però scappano in migliaia, perchè ovviamente nel lager libico i torturatori si sono distratti.
Si sono distratti talmente tanto che i migliaia che scappano hanno con loro lo smartphone da 800 euro sempre carico, perchè la loro batteria si ricarica con il sole del deserto o forse con il ghibli che facendo girare una paletta eolica portatile produce una ricarica ecosostenibile.
Arrivano sulla spiaggia e, ovviamente, hanno in tasca quei 1500-2000 euro che gli esperti del PD dicono siano il prezzo da pagare agli scafisti. Li hanno perchè a casa loro avevano tutti 2000 euro da investire e perchè i torturatori libici si sono dimenticati di sequestrarli, impegnatissimi a vigilare affinchè donne e bambini non scappassero dalle loro amate torture che durano anni.
Comunque salgono tutti sul barcone e, sfiga delle sfighe, alcuni di loro, dopo aver scampato la guerra, attraversato il deserto, subito anni di torture nei lager libici, affogano in mare a cento metri dalla libia. Che sfiga.
Ecco che però arrivano in Italia, dove ci sono i razzisti e i fascisti che non li vogliono mantenere, ma per fortuna una luce in fondo al tunnel: arriva quello intelligente del PD che li guarda negli occhi e coglie le loro sofferenze.
La storia ha un lieto fine.
Ma davvero siete convinti di poter prendere tutti gli italiani per il culo?

venerdì 8 febbraio 2019

Assisi, marocchino molesta donna in stazione e si spoglia davanti ai carabinieri

Un 32enne marocchino, privo di documenti, ha molestato un’addetta delle pulizie nella stazione di Assisi e poi si è spogliato davanti ai carabinieri intervenuti dopo una segnalazione



Un immigrato marocchino di 32 anni, trovato senza documenti validi, è stato bloccato e denunciato dai carabinieri dell'aliquota Radiomobile della compagnia di Assisi per aver molestato un’addetta alle pulizie in servizio presso la stazione ferroviaria di Santa Maria degli Angeli e per creato scompiglio nello stesso scalo.
La violenza si è registrata alcune sere intorno alle 23. Lo straniero, completamente ubriaco, si è avvicinato alla donna che stava svolgendo il suo normale lavoro, iniziando ad infastidirla e a molestarla. In preda ai fumi dell’alcol, l’extracomunitario si era anche messo a gettare a terra i cestini della spazzatura.
La vittima, spaventata per il comportamento dell’immigrato, ha subito allertato i carabinieri che sono arrivati sul luogo in breve tempo. Alla vista degli uomini dell’Arma, il nordafricano ha cominciato a spogliarsi manifestando, allo stesso tempo, un atteggiamento particolarmente aggressivo.
Solo dopo diversi momenti di forte tensione, i militari sono riusciti a bloccare lo straniero. La situazione, così, è tornata alla normalità.
Il 32enne marocchino ha ricevuto una contravvenzione per ubriachezza molesta, una denuncia per danneggiamento aggravato e un’altra per violazione della normativa sull'immigrazione.



Libia, le carte di Hillary Clinton: "La Francia distrusse l'Italia"

La guerra che portò il caos in Libia venne scatenata dai francesi con l'avallo degli americani. L'obiettivo era uno solo: affermare la potenza transalpina ed eliminare ogni influenza italiana nel Maghreb



La guerra di Libia - un'altra - cent'anni dopo. Correva l'anno 2011, i dodici mesi che cambiarono il mondo ma sopratutto la storia d'Italia.
Eravamo ormai abituati a ricordarlo come l'anno della caduta del governo Berlusconi IV e dell'arrivo dell'ultra-europeista Mario Monti a Palazzo Chigi dopo mesi di attacchi politici e finanziari (non senza speculazioni assai poco trasparenti).
Tutti ricordiamo gli insopportabili risolini di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy al Consiglio Europeo del 23 ottobre 2011. Ebbene, ora su quei giorni cruciali potremmo apprendere qualcos'altro. Se possibile, qualcosa di ancora più inquietante.
Come ha rilevato Scenarieconomici, spulciando fra le mail dell'allora Segretario di Stato Usa Hillary Clinton si scopre che l'attacco internazionale che portò alla caduta del regime di Muhammar Gheddafi e all'uccisione del Colonnello venne lanciato solo ed esclusivamente per rispondere a precisi interessi geostrategici francesi, con l'avallo statunitense. A tutto detrimento degli interessi italiani.
Certo, sapevamo già che la guerra voluta da Sarkozy era un mezzo per estromettere il nostro Paese dal controllo del petrolio libico, ma vederlo scritto nero su bianco resta comunque impressionante.
E allora vediamo cosa contengono, quelle mail famigerate. Il 2 aprile del 2011 l'attuale candidata democratica alla Casa Bianca riceveva un messaggio dal suo consigliere per il Medio Oriente Sidney Bluementhal dai toni assai espliciti. Da quelle righe emerge infatti che il presidente francese dell'epoca, Sarkozy, ha finanziato e aiutato in ogni modo le fazioni anti gheddafiane con denaro, armi e addestratori, allo scopo di strappare più quote di produzione del petrolio in Libia e rafforzare la propria posizione tanto sul fronte politico esterno quanto su quello geostrategico globale.
Di più. A motivare definitivamente la decisione dell'Eliseo di entrare nel conflitto sarebbe stato il progetto del raìs di soppiantare il franco francese africano con una nuova divisa pan-africana, nell'ottica di un'ascesa della Libia come potenza regionale in grado di raccogliere intorno a sè un'alleanza regionale di Stati. Sostituendo così proprio la Francia, a suon di oro e di argento (Gheddafi ne avrebbe conservate poco meno di trecento tonnellate).
Le conseguenze dell'intervento sono storia nota, con la Libia precipitata in un'atroce guerra civile, l'Isis che spadroneggia sulle coste meridionali del Mediterraneo e un'ondata di migranti senza precedenti che si riversa sulle nostre coste. All'epoca l'Italia, all'oscuro di tutto, prese addirittura parte alla guerra contro Gheddafi, sia pure a malincuore.
Ora però è chiaro che quella manovra, insieme all'attacco speculativo portatoci dalla Germania, aveva un solo obiettivo: l'Italia. Che ancora oggi ne sconta le terribili conseguenze.

IL PARROCO:1.700 FOTO DI BIMBI N*DI SUL PC. LUI SI DIFENDE: “ERANO SOLTANTO PROVINI HARD



ROMA – Giustificazioni che non reggono ma Don Dino, al secolo Placido Greco, il sacerdote di Fiumicino accusato di sfruttamento della prostituzione minorile e pedopornogra, respinge le accuse.
Il parroco è stato beccato in flagranza di reato: custodiva la bellezza di 1700 foto pedopornografiche sul suo computer e gestiva un giro di baby gigolò alla Stazione Termini di Roma.
Come riportato dal Messaggero, Don Dino avrebbe detto che “si era sparsa la voce che sono bravo a scattare foto di nudi, Così diversi ragazzini mi hanno chiesto di realizzare dei book per sfondare nel cinema erotico. Mi sono prestato, credendo di aiutarli. Ma non mi sono mai spinto oltre, non ho mai sfiorato un bambino, mai preso dei soldi.
E intanto spunta un altro squallido particolare: sembra proprio che Don Dino abbia riscritto la Bibba in chiave erotica, con 12 bambini sostituiti agli apostoli.*
DON DINO, IL LEGALE: “FOTO HARD? NON SAPEVA FOSSERO MINORENNI” Sergio Ruperto, avvocato difensore di Padre Placido Greco alias Don Dino, sacerdote accusato di prostituzione minorile e pedopornografia, arrestato in flagranza di reato dagli agenti della Polfer di Roma Termini per la quantità di foto illegali custodite in un archivio del suo computer, è intervenuto questa mattina ai microfoni di Radio Cusano Campus, l’emittente dell’Università degli Studi Niccolò Cusano, nel corso del format ECG Regione, condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, per parlare della posizione del suo assistito.
«Sabato scorso – ha detto il legale – è stata fatta la convalida dell’arresto in carcere e lui si è difeso sostenendo che non sapesse nulla a proposito dell’adescamento dei giovanissimi e dicendo che andava alla Stazione Termini a cogliere il suo sacerdozio, per fare beneficenza e aiutare i barboni.
Per quanto riguarda le foto, lui ha sostenuto che la prima volta era andato da lui un ragazzino a pregarlo di fargli delle foto che gli servivano per partecipare a un film porno. Il ragazzo era minorenne, ma lui non lo sapeva. Ha detto che a quell’età, diciassette diciotto anni, è complicato capire se uno è minorenne.
Dopo è partito un passaparola tra i ragazzi e in tanti sono andati da lui a farsi fare queste foto».
A proposito della Bibbia a luci rosse che il sacerdote avrebbe scritto, l’avvocato di Don Dino dice a Radio Cusano Campus: «Non ha mai scritto una Bibbia, ha scritto alcune pagine a forma di romanzo. A luci rosse? Non lo so, scrivere era una sua passione. Ma il mio assistito nega fermamente di essere un pedofilo e sostiene di non aver mai avuto rapporti con minorenni dietro compenso».
L’avvocato di Padre Placido ha già presentato istanza di scarcerazione: «Ho già fatto in sede di convalida dell’arresto istanza di scarcerazione ma il gip l’ha respinta perché secondo lui c’era pericolo di reiterazione del reato. La presenterò di nuovo al tribunale della libertà, penso che gli arresti domiciliari possano essere sufficienti, non capisco l’applicazione di una misura così grave come la detenzione in carcere. Hanno trovato delle foto fatte con macchina digitale e altre immagini in una chiavetta usb. Immagini pedopornografiche va bene, ma questo non giustifica una misura così grave».
Un’ultima battuta su eventuali pentimenti del suo assistito: «Se ha intenzione di scusarsi con la chiesa e con i cattolici visto il suo ruolo di sacerdote? Per il momento non ne abbiamo parlato, magari poi approfondiremo anche questo».