La scorciatoia, drastica, fatta trapelare nelle scorse settimane da fonti del Ministero dell’Interno per aggirare il sistema, è quella di non immettere più i dati nel sistema Eurodac (la banca dati di identificazione europea). “Così si scardinerebbe il sistema stesso – sarebbe il ragionamento di Salvini – La polizia continuerebbe a identificare chi sbarca, ma non condividerebbe con gli altri stati membri le informazioni”. Una sbalorditiva strategia da ‘furbetti’ che effettivamente permetterebbe di eludere il sistema di Dublino, per quanto in modo scorretto e illecito, che tuttavia non brilla neppure per originalità, essendo la linea ‘storica’ seguita dall’Italia fino al 2015, quando – esattamente per questa ragione – Roma è stata sanzionata e ha rimediato il blocco della frontiera francese.
Se i politici nostrani sono soliti indignarsi per il fatto di “essere lasciati soli” dall’Europa, all’estero fanno notare come, se da una parte Dublino impone ai paesi di approdo l’accoglienza dei migranti fino al riconoscimento della protezione internazionale, dal 2014 a oggi lo Stato ha incassato oltre 200 milioni dalla Commissione per far fronte a queste spese, senza alcun controllo sulle modalità di gestione dei finanziamenti, a cui si aggiungono i 653,7 milioni di euro assegnati nell’ambito del Fondo Asilo (AMIF) e del Fondo sicurezza interna (ISF). Sempre grazie all’emergenza migranti”, dal 2015, l’Italia ottiene uno sconto di 5 miliardi sui vincoli di bilancio posti dal Fiscal Compact. Insomma nessuno Stato, a livello europeo, sembrerebbe soddisfatto dell’attuale gestione delle frontiere interne, e proprio per questo è difficile comprendere (se non in termini di inseguimento del consenso elettorale a breve termine) chi possa avvantaggiarsi dalle provocazioni e dal muro contro muro proprio in questa fase in cui tutti dovrebbero avere interesse a sedersi intorno a un tavolo per superare il regolamento di Dublino.
Ventimiglia, la denuncia di Oxfam: "La polizia francese taglia le scarpe ai bambini migranti"
Ragazzini di 12 anni cui
vengono tagliate le suole o viene rubata la Sim del telefonino. Detenuti
in celle senza cibo e coperte. Costretti a tornare in Italia a piedi, o
caricati sui treni falsificando la loro età e le loro dichiarazioni
sulla volontà di restare Oltralpe. Nel rapporto "Se questa è Europa" le
testimonianze sugli abusi alla frontiera italo-francese
I bambini fatti passare per maggiorenni
Un allarme che parte dalle testimonianze dei tanti migranti che ogni giorno cercano di attraversare la frontiera: uno su 4 è un minore che cerca di raggiungere familiari o conoscenti in Francia, Inghilterra, Svezia o Germania, cui spesso vengono negati di fatto la protezione e il diritto di chiedere asilo. Il rapporto spiega che la prassi della polizia francese prevede, prima ancora del respingimento in Italia, il fermo dei minori, in violazione delle norme francesi ed europee. E inoltre, di frequente, la loro registrazione come maggiorenni, la falsificazione delle loro dichiarazioni sulla volontà di tornare indietro, la detenzione senza cibo o coperte e senza possibilità di parlare con un tutore legale.
Le scarpe tagliate e il furto della Sim
Molti i ragazzi che raccontano di aver subito abusi verbali o fisici: dal taglio delle suole delle scarpe al furto di carte Sim. Tanti vengono costretti a tornare a Ventimiglia a piedi, lungo una strada senza marciapiede, e con qualunque condizione atmosferica: una giovane donna eritrea è stata costretta a farlo sotto il sole cocente, con in braccio il suo bambino di 40 giorni. In Italia poi, continua il rapporto, restano gravi carenze nella tutela dei diritti dei minori nei centri di accoglienza: molti non vengono iscritti a scuola, o non vengono informati sulla possibilità di richiedere asilo o di ricongiungersi ai familiari in altri Paesi europei.
Alla frontiera più di mille al mese
Stando al rapporto, da gennaio ad aprile 2018 sono stati 4.231 i migranti adulti e minorenni passati da Ventimiglia (16.500 da agosto 2017). Provenivano perlopiù da Eritrea, Afghanistan e Sudan, in particolare dal Darfur. Un numero destinato a crescere con l'arrivo dell'estate. Al momento però l'unica struttura di accoglienza è al campo Roja, con 444 posti: qui a fare da deterrente sono l'obbligo di farsi identificare con le impronte digitali e la massiccia presenza di polizia. L'altro campo informale sul Roja, senza bagni e acqua potabile, è stato sgomberato di recente. Col risultato che i migranti più vulnerabili, tra cui molti bambini, continuano a dormire all'aperto.
"Ora un centro per donne e bambini"
Di fronte all'emergenza le tre associazioni chiedono alle autorità locali e al governo italiano di trovare subito gli spazi adeguati per realizzare un centro per i minori non accompagnati in transito e uno per le donne con e senza figli. "La situazione a Ventimiglia - dice Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne dei programmi in Italia di Oxfam - è lo specchio di un'Europa che sta tradendo i propri valori fondanti di solidarietà, non rispettando le norme nazionali ed europee alla base dell'idea stessa di Unione".
Un sistema di asilo europeo
"Per questo - continua Bacciotti - chiediamo al governo francese di intervenire per far cessare immediatamente gli abusi e i respingimenti illegali dei minori. E a quello italiano di attivarsi perché ciò avvenga, sospendendo i trasferimenti forzati verso i centri del Sud Italia". L'appello si rivolge anche all'Unione europea perché assicuri "procedure efficienti di ricongiungimento familiare e potenzi i meccanismi di ricollocamento tra i paesi Ue, assicurando la condivisione dell'accoglienza, anche attraverso la revisione del Trattato di Dublino e la creazione di un sistema di asilo europeo".
Oxfam, Diaconia Valdese e Asgi, con l'unità mobile del progetto Open Europe, da settembre hanno soccorso circa 750 migranti arrivati a Ventimiglia, il 20% minori soli, distribuendo kit d'emergenza ai tanti costretti a vivere sul greto del fiume. E fornendo assistenza legale e informazioni sui servizi locali e sui rischi di attraversare la frontiera.
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