
Otto
centri di accoglienza per richiedenti asilo a Prato e provincia nel
mirino della Procura. Tre misure cautelari sono state disposte a carico
dei legali rappresentanti che gestiscono le strutture. Si tratta di
Loretta Giuntoli, presidente del Consorzio Astir; di Alberto Pintus e di
Roberto Baldini, della cooperativa Humanitas. I tre devono rispondere
di frode nelle pubbliche forniture mentre per Giuntoli l’accusa è anche
di minaccia nei confronti di alcuni dipendenti per costringerli a non
offrire collaborazione alle indagini. Giuntoli è agli arresti
domiciliari per un periodo di 3 mesi, mentre per Pintus e Baldini la
misura cautelare consiste nell’interdizione dall’attività per 9 mesi.
L’inchiesta condotta dalla Digos e coordinata dai pubblici ministeri
Egidio Celano e Laura Canovai contesta le modalità di gestione delle
strutture: in particolare soltanto una parte delle risorse destinata
all’accoglienza, 33 euro a richiedente asilo al giorno, sarebbe stata
utilizzata per fornire servizi. Evidenziate carenze nella fornitura dei
pasti, nel servizio di lavanderia e di pulizia. Alcune strutture –
secondo la Procura – versavano in condizioni di profondo degrado, con
infestazione di blatte e topi. A far scattare le indagini, nei mesi
scorsi, sono stati alcuni vicini di casa di uno dei centri di
accoglienza, a Poggio a Caiano, che avevano segnalato carenze
strutturali e sporcizia. Da quel momento l’inchiesta della Procura ha
passato al setaccio le otto strutture gestite dalle cooperative
Verdemela, Humanitas e Asrtirforma, facenti capo al Consorzio Astir: due
a Poggio a Caiano, tre a Carmignano e tre a Prato, per un totale di un
centinaio di ospiti.
Sono stati acquisiti documenti, sentiti
collaboratori e alcuni ospiti della struttura. Questi ultimi hanno
raccontato che ricevevano cibo una sola volta al giorno e che erano
costretti a recuperare lenzuola nella spazzatura pur di coprirsi, o ad
accendere fuochi in giardino per cuocere cibi che si erano procurati
autonomamente. Nei centri di accoglienza, secondo l’accusa, si lesinava
anche sul vestiario e sulle pulizie: dell’igiene domestica, così come
della lavanderia, e se ne dovevano occupare gli ospiti, a cui veniva
data una tinozza e pochi altri strumenti per provvedere. Carenze sono
state riscontrate anche sulla documentazione amministrativa: il sospetto
degli inquirenti è che siano state dichiarate maggiori presenze
rispetto a quelle effettive, per incamerare più soldi dallo Stato. Soldi
che spesso venivano reimmessi nel circuito Astir, acquistando prodotti
alimentari da cooperative del consorzio o pagando affitti – a prezzi
ritenuti superiori a quelli di mercato – per l’uso di un immobile sempre
riconducibile al gruppo. L’ammontare della frode ipotizzata deve ancora
essere quantificato: la cooperativa Astirforma ad esempio, riceveva
complessivamente dallo Stato circa 27 mila euro al mese per
l’accoglienza di richiedenti asilo in due diverse strutture; secondo la
Procura una buona metà di questa somma non era utilizzata per i servizi
resi agli ospiti.
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