È "incapace di intendere e di volere". È questa la motivazione con cui il gup del tribunale di Brescia ha assolto il 55enne marocchino Abderrhaim El Mouckhtari, che il 24 gennaio dello scorso anno ha uccisoa coltellate una terapista venticinquenne, Nadia Pulvirenti.
I fatti su cui il giudice per l'udienza preliminare ha deciso avvennero in una delle stanzedella Cascina Clarabella di Iseo, una cooperativa che si occupa del recupero di persone con problemi psichici. El Mouckhtari non trascorrerà tempo in carcere, ma per dieci anni dovrà soggiornare in un Rems (Residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza).
El Mouckhtari, in Italia da dieci anni e con precedenti per maltrattamenti, accoltellò la donna nel refettorio e lasciò poi il coltello lì, cercando di fuggire dalla struttura. Fu fermato dai carabinieri dopo poco, con i vestiti sporchi di sangue e in forte stato confusionale.
"Voglio parlare con Nadia per chiederle scusa", disse, non rendendosi conto di quanto avvenuto. Dopo un periodo al Canton Mombello, il carcere di Brescia, il 55enne è stato destinato al Rems di Castiglione delle Stiviere.
Addio a Nadia Pulvirenti, angelo degli ultimi: «Insegnaci a perdonare»
«Nadia ti chiediamo di insegnarci a perdonare». Sono le parole del fratello Andrea a racchiudere l’atroce dolore per la morte della giovane sorella ma allo stesso tempo a definire l’essenza di ciò che Nadia Pedersoli era in vita: una donna che aveva un grande amore verso il prossimo.





La lettera di addio scritta dal fratello della terapista uccisa da un suo paziente alla Cascina Clarabella di Iseo, provincia di Brescia, è stato il momento più toccante di una cerimonia funebre che ha visto l’intera comunità di Castegnato stringersi attorno alla famiglia Pulvirenti. Mamma Pia, papà Salvino e il fratello Andrea seduti sul primo banco si sono abbracciati per tutta la celebrazione quasi a formare una catena d’amore per lottare contro la sofferenza. Davanti a loro il feretro di Nadia sul quale era appoggia una sua sorridente e bellissima fotografia. Per un momento la sua presenza si è fatta più forte quando la cognata si è messa ad elencare con voce rotta i suoi gusti e le sue passioni.
A Nadia piaceva il giallo, giallo come il sole che portava quando entrava in una stanza «come quella volta che a Capodanno sei entrata con una parrucca blu in testa e ti sei messa a ballare». Nadia era quella delle faccette strane «ed è per questo motivo che non abbiamo fotografie ordinarie di te». L’abitudine di chiamare tutti con nomignoli divertenti: «per te i tuoi genitori erano Cip e Ciop». E ancora a Nadia piaceva andare a Zumba, a lezioni di inglese per migliorare il curriculum, fare torte, preparare «la tua spaziale marmellata di pomodori verdi» e aiutare gli altri a prendere le decisioni «con le tue interminabili liste dei pro e dei contro».
La commozione si è manifestata sugli occhi di tutti i presenti. Ciascuno ha dei ricordi con Nadia e ieri quei ricordi si sono caricati di ulteriore significato. Dall’altare della chiesa di San Giovanni Battista il sacerdote ha esortato a non ricordare Nadia attraverso il terribile filtro della morte ma di guardarla nella bellezza della vita. Come inquadrare però quanto è accaduto in un lunedì di gennaio dentro le quattro mura di una comunità per il disagio psichico di Iseo? Come fare a collocare il gesto di un paziente considerato da tutti innocuo ma che un giorno ha deciso con otto coltellate di spezzare la vita della sua terapista?.
«Ciò che è accaduto non lo si può inquadrare nella cronaca nera perché quest’ultima è espressione di buio e violenza e Nadia non apparteneva di certo a quel mondo. Allora forse lo si può mettere nel campo della fatalità? No perché in quel momento Nadia era lì perché aveva scelto di esserci» ha sottolineato il sacerdote. Allora come si può definire una persona che fa una scelta in nome dell’amore per l’uomo e ci lascia la vita si è interrogato. «Martire. Riconosciamo così chi fa una scelta di fiducia fino in fondo». Dopo poco nella chiesa riecheggia un’altra parola: pietà. «Nadia ci chiede di condividere le sue scelte che sono state fatte nel segno di una pietà nei confronti di chi soffre, nei confronti degli ultimi. Grazie a questa strada da lei indicataci possiamo sperare un giorno di rivedere la luce».
Appena dietro ai genitori Pia e Salvino, il fidanzato Gianluca piange anche lui la perdita di quella che fino ad una manciata di giorni prima credeva essere la compagna della vita. A sostenerlo anche il fratello di Nadia, Andrea, che «nonostante fossi io il fratello maggiore - ha ricordato - sei stata tu ad insegnarmi ad essere altruista e solare. Nadia sei stata per me un punto di riferimento e tu più di chiunque altro mi hai insegnato ad amare». Per dare colore ad una giornata fin troppo segnata da tinte buie, amici e conoscenti di Nadia hanno voluto lanciare in aria dei palloncini una volta usciti sul sagrato della chiesa. Per la comunità di Castegnato l’addio a Nadia non si è concluso ieri con la lenta processione al campo santo. Il 24 febbraio all’oratorio San Filippo Neri si terrà un momento di preghiera in sua memoria.
Chi ha una foto di questa merda umana me la invii
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