venerdì 30 marzo 2018

Attentato islamico a Pompei, strage evitata per un soffio, la lezione per il turismo



Attentato islamico a Pompei, strage evitata per un soffio, la lezione per il turismo


Attentato islamico in questi giorni a Pompei, strage evitata per un soffio. Un’auto lanciata contromano in pieno centro, a pochi metri dal Santuario mariano che richiama milioni di turisti l’anno, vicino agli Scavi archeologici superaffollati in questo periodo. L’attentatore, un algerino, è finito in carcere. Ma è un allarme da non sottovalutare, visto che i foreign fighters dell’Isis stanno prendendo posizione in Europa. Servono misure rigorose in vista della Pasqua.
Algerino si lancia con un’auto verso il Santuario di Pompei: «L’ho fatto nel nome di Allah»
Indagato per terrorismo, si è schiantato contro le barriere poste a difesa della chiesa. All’udienza ha recitato una litania in arabo. L’uomo ha 22 anni: espulso da Francia e dal questore di Cagliari, ma era ancora nel nostro Paese
di Titti Beneduce




Ha percorso contromano via Bartolo Longo affollata di pedoni, poi si è schiantato contro le fioriere di cemento sistemate per proteggere la basilica di Pompei da attacchi terroristici. Othman Jridi, algerino di 22 anni, approdato in Italia dopo essere stato espulso dalla Francia, espulso di nuovo dal questore di Cagliari ma sempre rimasto nel nostro Paese, è stato bloccato dai vigili urbani dopo una breve fuga. Il giudice monocratico di Torre Annunziata Fernanda Iannone — esperta di terrorismo internazionale ed autrice di una monografia sui foreign terrorist fighters — non solo ha convalidato il fermo, ma, accogliendo la richiesta del pm, ha anche disposto la custodia cautelare in carcere. Per i reati che gli venivano contestati (furto di un’auto e false dichiarazioni a pubblico ufficiale) l’algerino è stato processato con rito direttissimo: l’avvocato che lo assiste, Enrica Visconti, ha chiesto l’abbreviato e dunque, a fronte di una richiesta di quattro anni e un mese da parte del pm, Jridi è stato condannato a due anni e mezzo; una pena comunque molto severa rispetto alla lieve contestazione dell’accusa. Gli atti sono stati inviati al pool antiterrorismo della Procura di Napoli per i necessari approfondimenti.



«Estrema pericolosità»

L’imputato avrebbe potuto ottenere i domiciliari (la legge lo prevede per le condanne inferiori ai tre anni), ma il giudice ha deciso diversamente: troppi elementi depongono a suo sfavore. Innanzitutto, argomenta il magistrato, bisogna tener presente «l’estrema pericolosità della condotta tenuta dall’arrestato, che per le modalità (invasione di zona pedonale, piazza normalmente frequentata da centinaia di persone nonché da migliaia di pellegrini in giornate festive), il luogo (piazza antistante al santuario della Madonna di Pompei), la personalità (soggetto di nazionalità algerina, irregolare sul territorio italiano, espulso dal territorio francese), le condizioni psico fisiche della persona (che aveva assunto, per sua ammissione sostanze stupefacenti e psicotrope), che evocano episodi di attentati terroristici». Non solo: il giovane algerino, nel corso dell’udienza di convalida, ha asserito «di non essere in condizione di sapere perché avesse compiuto quel gesto se non per sentirsi più vicino ad Allah, il che gli sarebbe stato reso più facile dall’assunzione di un farmaco».








L’obiettivo

Inoltre «l’arrestato nel corso dell’udienza ha continuamente emesso suoni labiali e recitato una litania araba in nome di Allah»: «vi è il concreto ed attuale pericolo che l’imputato commetta altri delitti della specie di quello per cui si procede» e pertanto «è necessario applicare, non potendosi allo stato presumere che egli si asterrà dal delinquere in futuro, la misura della custodia cautelare in carcere, poiché, allo stato, unica misura idonea a fronteggiare le esigenze cautelari; tale misura appare anche proporzionata alla gravità dei fatti commessi ed alle sanzioni applicabili al caso di specie». Il giudice, dunque, sottolinea la presenza di elementi indicativi del profilo dellone wolf (drogato, in preghiera, esaltato, in zona religiosa, durante periodo di feste religiose) che ha percorso vari chilometri per raggiungere un obiettivo inequivocabile. Ma a farlo propendere per la detenzione in carcere è stato anche il fatto che, dopo avere mentito sulla sua identità ai carabinieri, subentrati nelle indagini ai vigili urbani, Jridi ha continuato a mentire sul suo indirizzo: ha fornito quello di un connazionale e, quando è arrivato sul posto accompagnato dai militari, gli ha sussurrato in arabo: «Dici che vivo qui, se no mi arrestano». Di elementi da approfondire, dunque, il pool antiterrorismo della Procura di Napoli ne ha in abbondanza.


Si è lanciato con la sua auto lo scorso 26 marzo in piazza Bartolo Longo. La sua corsa è stata interrotta dalle protezioni in cemento che proteggono l’ingresso nel piazzale antistante il Santuario di Pompei. Un algerino di 22 anni, Othman Jridi, già espulso dalla Francia, dopo essere stato arrestato, è finito ora nel mirino dell’antiterrorismo.




Nella giornata di ieri, presso il Tribunale di Torre Annunziata, è andata in scena l’udienza per la convalida del fermo (il giovane aveva rubato l’auto con la quale si era lanciato in piazza). In aula, al momento del processo, avrebbe recitato alcune preghiere in arabo e soprattutto alcune rivolte ad Allah. Per sua sfortuna, il giudice che doveva decidere sul suo futuro, Fernanda Iannone, era un’esperta di terrorismo internazionale (ha scritto anche alcuni libri sui foreign fighters) ed ha riconosciuto alcune di quelle litanie come “estremiste”. E’ stato processato con rito direttissimo subendo la condanna di due anni e quattro mesi. I fascicoli sul giovane sono stati inviati alla Procura di Napoli.
I collegamenti con i jihadisti

Othman Jridi è rinchiuso nel carcere di Poggioreale in attesa di ulteriori novità sul suo futuro. Fin dal momento dell’arresto, il giovane algerino ha dichiarato di non ricordare nulla avendo assunto diverse medicine e anche dell’alcool prima di compiere il gesto che avrebbe potuto provocare decine di morti. E’ questo il primo collegamento con i diversi foreign fighters: spesso prima degli attacchi fanno uso di sostanze stupefacenti per non provare emozioni durante i massacri.

Allo stesso tempo, la tecnica usata ricorda quella degli attentati di Nizza o Parigi. Un’auto, o un camion, a tutta velocità sui turisti e sui semplici cittadini. A confermare questa tesi è anche l’importanza del luogo: il Santuario di Pompei è un’icona della cristianità mondiale e da tempo è tenuto sotto osservazione dalle forze dell’ordine per possibili attacchi terroristici.




Ultimo punto, e non meno importante, riguarda invece le preghiere in arabo e il chiaro riferimento ad Allah. Sono diverse le ipotesi che quindi portano dritte ad un possibile affiliato dell’Isis nel territorio vesuviano. L’uomo risiedeva a San Giuseppe Vesuviano anche se non ha ancora indicato ai carabinieri l’indirizzo esatto.
Il tentativo di sviare le indagini

A complicare la sua posizione è anche la bugia che ha raccontato ai militari. Quest’ultimi, infatti, lo hanno accompagnato nella piccola cittadina del napoletano per poter essere condotti a casa sua ma il 22enne ha tentato di sviare le indagini. Li ha accompagnati nei pressi dell’abitazione di un marocchino, totalmente ignaro alla vicenda, che conosceva a stento. Othman Jridi ha provato a convincerlo in arabo (sicuro del fatto che non sarebbe stato compreso) di dire ai carabinieri che erano conviventi da tempo ma il giovane, per paura e per difendersi, ha raccontato tutto ai militari. Nonostante ciò, è stata portata a termine una perquisizione senza successo.
Un mistero

E’ un vero e proprio mistero quindi il caso di Othman Jridi. A Pompei intanto sale l’allerta anche dopo gli ultimi arresti in tutta Italia di questa settimana. In attesa di conoscere l’esatta verità sul giovane algerino, saranno incrementati i controlli nel comprensorio napoletano così come anche in molte altre città italiane.

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