La guerra meteorologica in pillole
Il sito dedicato alla meteorologia, afferente all’Università partenopea “Federico II”, si segnala per la sua strenua opposizione alle conclusioni dell’I.P.C.C., il comitato pseudo-scientifico secondo cui il presunto riscaldamento globale sarebbe causato dall’aumento di CO2 in atmosfera. Pur nell’ambito di un orientamento vicino all’ortodossia, qua e là il portale in oggetto pubblica informazioni che si discostano dalla vulgata per fare qualche timido accenno alla guerra climatica. Di seguito una di queste notizie che, alla luce di quanto occorso di recente in Sardegna, assumomo una sinistra attualità.
Il primo atto di guerra meteorologica fu compiuto dagli Statunitensi, durante la Seconda guerra mondiale, quando furono bombardate le città tedesche di Amburgo e Dresda: in seguito agli incendi provocati dalle bombe al fosforo, le intense correnti ascensionali di aria rovente determinarono un fortissimo afflusso di venti dalle zone limitrofe. I venti, che toccarono la velocità di 200 chilometri all’ora, ebbero effetti rovinosi.
Durante il conflitto in Indocina, le forze statunitensi con l’operazione “Popeye”, per mezzo di oltre 2500 missioni, inseminarono le nubi con ioduro d’argento al fine di incrementare le piogge nelle zone attraversate dalle piste su cui transitavano i rifornimenti ai Vietcong.
Secondo Ohmura, direttore dell’Istituto di ricerca climatologica di Zurigo, la guerra meteorologica potrebbe articolarsi con scenari di volta in volta differenti.
• Deflagrazioni nella stratosfera di ordigni contenenti biossido di carbonio e metano in grado di produrre una coltre di particelle finissime con il fine di oscurare il Sole e di raffreddare intere aeree sottostanti.
• Armi laser indirizzate sul deserto per surriscaldare l’aria e provocare devastanti tempeste di sabbia. [1]
• Esplosioni di miscele speciali (anche ordigni nucleari, n.d.r.) sotto la superficie del mare per cagionare un maremoto con onde alte fino trenta metri.
• Armi a microonde per creare un fittissimo pulviscolo ed una cortina (elettromagnetica n.dr.) tali da mettere fuori uso le apparecchiature elettroniche.
Fonte: La guerra meteorologica
[1] Un’équipe di ricercatori europei, coordinati dal fisico tedesco Rohwetter della Libera Università di Berlino, ha pubblicato sulla rivista scientifica “Nature photonics” di maggio 2010 un lavoro sui raggi laser per fini di modifica meteorologica. I raggi che colpiscono le nuvole dal basso sono in grado di stimolare la caduta della pioggia in modo molto più efficace dell’inseminazione delle nubi con aerei che spargono ioduro d’argento. L'esperimento è stato condotto prima in laboratorio. In una stanza con un'umidità vicina al livello di saturazione è stato usato un laser di grande potenza, una sorta di cannone energetico in grado di colpire ed eccitare le molecole di gas presenti nell'aria: si sono così creati nuclei di condensazione sui quali si sono subito addensate piccole gocce di acqua, visibili anche ad occhio nudo. L’esperimento è stato poi ripetuto direttamente nel cielo sopra Berlino, in una giornata nuvolosa. Anche in questo caso sono state ben visibili tracce di condensazione lungo tutto il percorso del raggio laser, ma le goccioline di pioggia così ottenute sono state troppo piccole per scatenare un vero e proprio acquazzone.
Fonte della nota: Tra le nuvole cannoni laser ed acquazzoni
Le nubi che non ci sono più
Per una maggiore comprensione dei fenomeni legati alla guerra ambientale in corso, abbiamo realizzato l'Atlante dei cieli chimici.
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