Comitato cittadini per la Giustizia: ecco la nostra proposta di modifica della legge Vassalli
Cronache dai tribunali
Giuliano Vassalli |
06/02/2012 - 16.40
Il comitato “Cittadini per la Giustizia” si è da sempre fatto carico di
formulare proposte in tema di Responsabiltà civile dei magistrati. Lo
scopo delle modifiche alla legge Vassalli è quello di consentire la
soddisfazione relativa ad una esigenza già ampiamente registrata dalla
Sovranità Popolare nel referendum dell’8 Novembre 1987 in cui oltre
l’80% degli aventi diritto manifestò la volontà di correggere uno
squilibrio esistente in ordine all’argomento sensibile del risarcimento
del danno provocato dall’errore giudiziario. Il fine delle modifiche
agli artt. 279 e 291 del cpp è quello di vedere finalmente realizzata
una pariteticità effettiva e non virtuale tra accusa e difesa nel
processo penale in tema di provvedimenti inerenti la libertà personale
dei cittadini Italiani.
Uno dei problemi che angustia maggiormente il cittadino che entra in
contatto con l’apparato giudiziario in Italia è il riconoscimento del
giusto risarcimento del danno provocato dal magistrato che commette un
errore nell'esercizio delle sue funzioni. Il problema non è di scarso
rilievo poiché accade frequentemente, nei casi più gravi, che il
cittadino sia sottoposto alla privazione della libertà personale e
successivamente venga riconosciuto estraneo ai fatti contestati. Altresì
l’errore giudiziario, laddove non venisse accertato prima della
sentenza passata in giudicato, viene corretto dal procedimento di
revisione previsto dal nostro ordinamento. In questi casi, l’errore,
commesso dal giudicante, ad oggi è disciplinato dalla legge 117/88
conosciuta come legge Vassalli (dal nome del suo autore). Per sviluppare
correttamente gli approfondimenti sulle anomalie del nostro ordinamento
al riguardo, anomalie che producono danni devastanti nei confronti
dell’inerme cittadino da parte dell’amministrazione della giustizia, è
necessario esaminare la legislazione in vigore, sia dal punto di vista
storico che da quello normativo.
La legge Vassalli entra in vigore nel 1988 a seguito della
consultazione referendaria tenutasi in Italia nel novembre 1987 in cui
le forze politiche proponenti riuscirono ad ottenere un risultato mai
più raggiunto: oltre l’80% dei votanti rispose affermativamente alla
domanda di abrogazione delle norme in vigore in quel tempo per stabilire
una responsabilità civile dei giudici. A quella conclamata vittoria dei
si, il Parlamento rispose con una legge, la n° 177/88 appunto, che
decisamente si allontanava dalla decisione presa dagli Italiani nel
referendum. La legge Vassalli eludendo intenzionalmente la volontà
espressa dalla Sovranità Popolare, fece ricadere gli errori commessi dal
magistrato sullo Stato e non sui giudici chiamando addirittura a
risarcimento lo strato meno abbiente della cittadinanza Italiana.
Vediamo come. In questa analisi si deve partire dal principio
fondamentale enunciato dall’articolo 3 della nostra Costituzione:
l’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge nel senso che
tutti i cittadini rispondono alle leggi in ugual maniera e senza
distinzioni di sorta. In Italia questo enunciato non è più vero. I
cittadini in generale, e quelli che appartengono a tutte le categorie
professionali in particolare, rispondono personalmente sotto il profilo
penale e sotto il profilo civile con il loro patrimonio degli errori che
vengono commessi, nell’esercizio delle loro prestazioni d’opera, a
danno di altri cittadini. Ad es. il medico risponde di lesioni colpose
se sbaglia la diagnosi ed il paziente rimane invalido, il chirurgo
ugualmente se sbaglia l’intervento chirurgico e dall’errore il paziente
subisce menomazioni. Altresì il chirurgo risponde di omicidio colposo
se, durante o dopo l’intervento si riconduce al suo errore la causa
della morte. In questo caso è emblematica e di oggettivo interesse la
sentenza n. 20790 depositata il 28 settembre 2009 dalla terza sezione
civile della Corte di Cassazione che richiama i medici ad "adottare
tutte le precauzioni per impedire prevedibili complicazioni e di
adoperare tutta la scrupolosa attenzione che la particolarità del caso
richiede, secondo la prudenza e la diligenza esigibili dalla
specializzazione posseduta". Per l'inosservanza di tali obblighi il
medico "risponde anche per colpa lieve" come già sancito peraltro nella
sentenza n. 9085/2006.
Non si hanno dubbi che tali prescrizioni si estendano a tutte le
categorie professionali. In sostanza i professionisti, ma più
genericamente tutti i cittadini, rispondono personalmente dei danni
cagionati a terzi. Un principio questo ampiamente accettato e condiviso
in tutti gli ordinamenti degli Stati moderni. Il giudice, figura
professionale come le altre, cittadino come gli altri, reclutato
nell’amministrazione giudiziaria mediante concorso pubblico (non avendo
natura elettiva in Italia), viene invece tenuto al riparo dalle
conseguenze dell’errore a lui stesso riconducibile. Se emette un
provvedimento restrittivo della libertà o, comunque, un provvedimento
iniquo in tutte le sue accezioni che danneggia un cittadino che risulti
estraneo ai fatti contestati, il giudice non viene chiamato in giudizio a
rispondere del suo operato. Viene dispensato ex lege dall’obbligo di
responsabilità personale in aperto contrasto col principio enunciato
dall’art. 3 della Costituzione, sia sotto il profilo penale e sia sotto
il profilo civile ( risarcimento del danno ). Quindi se il giudice
pronuncia una sentenza errata egli gode della immunità/impunità che lo
esonera dall’obbligo di rispondere penalmente e civilmente dell’errore
commesso e dal danno cagionato nell'esercizio delle sue funzioni.
Secondo l’articolato Vassalli (legge n. 117/88), il giudice risponde
dell’errore giudiziario, limitatamente ai casi di privazione della
libertà personale, solo in caso di dolo o colpa grave, limitando il già
ristrettissimo ambito cui il danneggiato può chiedere soddisfazione del
danno patito. L’art. 2 della legge infatti elenca i casi che
costituiscono colpa grave. Essi sono: a) la grave violazione di legge
determinata da negligenza inescusabile; b) l’affermazione, determinata
da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è
incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento; c) la
negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui
esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento: d)
l’emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori
dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione.
Certamente i principi dettati dalla norma, in uno con l’interpretazione
datane dalla suprema corte, intendono salvaguardare il principio
costituzionale della libertà e della indipendenza della funzione
giurisdizionale; tuttavia la rarissima applicazione della legge, anche
in considerazione della presenza di una fase di delibazione di
ammissibilità, deve far riflettere su quella che si può chiaramente
definire come inaccessibilità di fatto alla tutela risarcitoria. Ciò
pure in presenza di numerosi e spesso eclatanti errori giudiziari che
hanno portato il Popolo Italiano a una progressiva ed ormai eclatante
perdita di fiducia nei confronti dell'amministrazione giudiziaria.
TESTO DELLE MODIFICHE
Art. 2. – viene sostituito in questi termini Responsabilità per dolo o
colpa 1.Chi ha subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento,
di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal
magistrato con dolo o colpa nell’esercizio delle sue funzioni ovvero per
diniego di giustizia agisce in via esclusiva contro il magistrato
responsabile per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche
di quelli non patrimoniali che derivino da qualsivoglia errore
giudiziale. 2.Nell’esercizio delle funzioni giudiziarie darà luogo a
responsabilità anche l’attività di interpretazione di norme di diritto e
quella di valutazione del fatto e delle prove.
Art. 3 Diniego di giustizia – viene sostituito nei seguenti termini
1.Costituisce diniego di giustizia il rifiuto, l’omissione o il ritardo
del magistrato nel compimento di atti del suo ufficio quando, trascorso
il termine di legge per il compimento dell’atto, la parte ha presentato
istanza per ottenere il provvedimento e sono decorsi inutilmente, senza
giustificato motivo, dieci giorni dalla data di deposito in cancelleria.
Se il termine non é previsto, debbono in ogni caso decorrere
inutilmente dieci giorni dalla data del deposito in cancelleria
dell’istanza volta ad ottenere il provvedimento. 2.Il termine di dieci
giorni non può essere prorogato e va considerato termine perentorio. Per
la redazione di sentenze di particolare complessità, il dirigente
dell’ufficio, con decreto motivato adottato prima della scadenza, può
aumentare fino ad altri sessanta giorni il termine di cui sopra.
3.Quando l’omissione o il ritardo senza giustificato motivo concernono
la libertà personale dell’imputato, il termine di cui al comma primo é
ridotto ad un giorno, improrogabile, a decorrere dal deposito
dell’istanza.
Art. 4 (nota) – viene sostituito nei seguenti termini Competenza e
termini 1.L’azione di risarcimento del danno contro il magistrato deve
essere esercitata dal danneggiato, dai sui familiari e da ogni altro
avente diritto. Competente é il tribunale del luogo ove ha sede la corte
d’appello del distretto di residenza del danneggiato o dell’avente
diritto. 2.L’azione di risarcimento del danno contro il magistrato può
essere esercitata osservando l’iter ordinario secondo le disposizioni di
legge vigenti in materia di risarcimento del danno patrimoniale e non.
L’azione può essere esercitata decorsi tre anni dalla data del fatto che
ha cagionato il danno se in tal termine non si é concluso il grado del
procedimento nell’ambito del quale il fatto stesso si é verificato.
3.Nei casi previsti dall’articolo 3 l’azione deve essere promossa entro
due anni dalla scadenza del termine entro il quale il magistrato avrebbe
dovuto provvedere sull’istanza. 4.In nessun caso il termine decorre nei
confronti della parte che, a causa del segreto istruttorio, non abbia
avuto conoscenza del fatto.
Art. 5. (nota) Ammissibilità della domanda – viene sostituito nei
seguenti termini 1.Il tribunale, sentite le parti, delibera in camera di
consiglio sull’ammissibilità della domanda di cui all’articolo 2. 2.A
tale fine il giudice istruttore, alla prima udienza, rimette le parti
dinanzi al collegio che é tenuto a provvedere entro tre giorni dal
provvedimento di rimessione del giudice istruttore. Comitato Cittadini
per la Giustizia Comitato Cittadini per la Giustizia 7 3.La domanda é
inammissibile quando risulta manifestamente infondata.
4.L’inammissibilità é dichiarata con decreto motivato, impugnabile con i
modi e le forme di cui all’articolo 739 del codice di procedura civile ,
innanzi alla corte d’appello che pronuncia anch’essa in camera di
consiglio con decreto motivato entro quindici giorni dalla proposizione
del reclamo. Contro il decreto di inammissibilità della corte d’appello
può essere proposto ricorso per cassazione, che deve essere notificato
all’altra parte entro trenta giorni dalla notificazione del decreto da
effettuarsi senza indugio a cura della cancelleria e comunque non oltre
dieci giorni. Il ricorso é depositato nella cancelleria della stessa
corte d’appello nei successivi dieci giorni e l’altra parte deve
costituirsi nei dieci giorni successivi depositando memoria e fascicolo
presso la cancelleria. La corte, dopo la costituzione delle parti o dopo
la scadenza dei termini per il deposito, trasmette gli atti senza
indugio e comunque non oltre dieci giorni alla corte di cassazione che
decide entro sessanta giorni dal ricevimento degli atti stessi. La corte
di cassazione, ove annulli il provvedimento di inammissibilità della
corte d’appello, dichiara ammissibile la domanda. Scaduto il
quarantesimo giorno la parte può presentare, rispettivamente al
tribunale o alla corte d’appello o, scaduto il sessantesimo giorno, alla
corte di cassazione, secondo le rispettive competenze, l’istanza di cui
all’articolo 3. 5.Il tribunale che dichiara ammissibile la domanda
dispone la prosecuzione del processo. La corte d’appello o la corte di
cassazione che in sede, di impugnazione dichiarano ammissibile la
domanda rimettono per la prosecuzione del processo gli atti ad altra
sezione del tribunale e, ove questa non sia costituita, al tribunale che
decide in composizione intieramente diversa. Nell’eventuale giudizio di
appello non possono far parte della corte i magistrati che abbiano
fatto parte del collegio che ha pronunziato l’inammissibilità. Se la
domanda é dichiarata ammissibile, il tribunale ordina la trasmissione di
copia degli atti ai titolari dell’azione disciplinare; per gli estranei
che partecipano all’esercizio di funzioni giudiziarie la copia degli
atti é trasmessa agli organi ai quali compete l’eventuale sospensione o
revoca della loro nomina.
Art. 6. (nota) – viene sostituito nei seguenti termini Intervento del
magistrato nel giudizio 1.Il magistrato il cui comportamento, atto o
provvedimento rileva in giudizio dovrà essere chiamato in causa e potrà
intervenire in ogni fase e grado del procedimento direttamente o
mediante l’assistenza di un legale ritualmente nominato. Al fine di
consentire l’eventuale intervento del magistrato, il presidente del
tribunale deve dargli comunicazione del procedimento almeno quindici
giorni prima della data fissata per la prima udienza. 2.La decisione
pronunciata nel giudizio promosso contro il magistrato fa stato nel
procedimento disciplinare.
Art. 7. Azione di rivalsa – Abrogato
Art. 8. Competenza per l’azione di rivalsa e misura della rivalsa – Abrogato
Art. 9. (nota) Azione disciplinare – viene sostituito nei seguenti
termini 1.Il procuratore generale presso la corte di cassazione per i
magistrati ordinari o il titolare dell’azione disciplinare negli altri
casi devono esercitare l’azione disciplinare nei confronti del
magistrato per i fatti che hanno dato causa all’azione di risarcimento,
salvo che non sia stata già proposta, entro due mesi dalla comunicazione
di cui al comma quinto dell’articolo 5 . Resta ferma la facoltà del
ministro di grazia e giustizia di cui al secondo comma dell’articolo 107
della Costituzione . 2.abrogato 3.abrogato
Art. 18. – viene sostituito nei seguenti termini Obbligo assicurativo
Entro cinque giorni dalla pubblicazione della presente legge nella
Gazzetta Ufficiale è fatto obbligo ai magistrati della Repubblica
Italiana di provvedere alla idonea copertura assicurativa contro gli
errori giudiziari che danno luogo alle richieste di risarcimento del
danno patrimoniale e non.
Fonte: Redazione
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