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mercoledì 10 luglio 2019
Saviano ladro
SCORTATO DA 12 ANNI PER UN TESTO COPIATO DAI GIORNALI DI CRONACA
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna allo scrittore Roberto Saviano, per aver copiato articoli del quotidiano “Cronache di Napoli” nella stesura di “Gomorra”. Saviano è colpevole di plagio, la Suprema Corte ha rigettato tutti i motivi del ricorso, rinviando alla Corte d’Appello soltanto la riquantificazione del risarcimento che era stato stabilito in 80 mila Euro complessivi, adesso devono essere, come detto, ricalcolati d'interessi.
Reggio Emilia: Toga Rossa scarcera musulmano #pedofilo. La gente scende in strada
Erano circa 300 le persone che, giovedì 24 sera, hanno manifestato davanti al Tribunale di Reggio Emilia contro la decisione del Gip, Giovanni Ghini di scarcerare, dopo l’udienza di convalida, un 21enne richiedente asilo pedofilo reo confesso indagato per violenza sessuale su un tredicenne disabile. L’iniziativa, organizzata dall’associazione La Caramella Buona, ha visto la partecipazione di alcuni parenti della giovane vittima degli abusi, un ragazzo di 13 anni.
“Siamo qui perché la sentenza è ingiusta”, ha detto il presidente di La Caramella Buona, Roberto Mirabile; “vogliamo una giustizia con la G maiuscola”. In mezz’ora d’intervento il presidente della onlus ha ribadito che i pedofili devono stare in galera, “bisogna buttare la chiave, perché non c’è cura che funzioni; la discrezionalità dei giudici su questa materia è un fatto negativo. Solidarietà alle forze dell’ordine che si vedono vanificare i frutti del loro sforzo quotidiano”. Mirabile ha inoltre respinto con forza l’idea che la manifestazione sia stata indetta anche perché l’indagato è uno straniero. “Saremmo qua anche se fosse un italiano, un bianco, un nero, un giallo, un extraterrestre”.
Sempre giovedì l’avvocato del 21enne pakistano ha reso nota la disponibilità del proprio assistito di tornare agli arresti domiciliari.
martedì 9 luglio 2019
Parma, rituali e pestaggi per obbligare le donne a prostituirsi: 9 arresti. Alle vittime promettevano lavoro in Italia
di F. Q. | 9 Luglio 2019
A contraddistinguere le due associazioni sono le violenze continue, ripetute e efferate a cui sottoponevano le giovani da far prostituire in strada. Per esempio i “rituali juju”, tipici della cultura Edo presente nell’Africa occidentale, che prevedono la minaccia di sofferenze atroci e dolore fisico, per costringere le ragazze – in questa aura di stregoneria – a obbedire alla propria “madame” e a lavorare gratuitamente come schiave del sesso.
Tutto partiva dalla Nigeria: le bande criminali avvicinavano le ragazze con una promessa di lavoro in Italia, organizzavano il loro viaggio verso l’Europa, anche attraverso i campi in Libia (di cui uno a Tripoli) ma una volta in Emilia le riducevano in schiavitù, costringendole alla prostituzione, in strada o in abitazioni controllate nelle due città emiliane. I ricavi finivano tutto ai protettori (denaro o carte di credito prepagate).
Le testimonianze: “La promessa di un lavoro, il maxidebito”
L’indagine, come detto, è iniziata quando tre anni fa una vittima ha deciso di raccontare tutto e denunciare i carnefici alla polizia dopo essere stata picchiata a sangue da due aguzzini connazionali. Aveva riferito di essere stata raggirata quando si trovava ancora a Lagos, la capitale della Nigeria: le avevano promesso di aiutarla ad arrivare in Italia per terminare gli studi e trovare un buon lavoro. Le avevano procurato tutti i documenti, il passaporto e il visto d’ingresso ed era arrivata all’aeroporto di Bologna. Italia però non aveva trovato nulla di quanto le era stato promesso: il passaporto le era stato immediatamente ritirato da uno degli indagati ed era iniziato un inferno. Era stata costretta a prostituirsi per pagare il debito di 45mila euro che secondo i suoi aguzzini aveva contratto con l’organizzazione per pagare il suo viaggio in Italia ed era stata minacciata: se non si fosse piegata alle imposizioni avrebbero ucciso i suoi genitori rimasti in Nigeria.
Un secondo caso era stato scoperto all’inizio del 2017. In quel caso una donna era stata convinta a intraprendere il viaggio attraverso la Libia e Lampedusa con l’obiettivo di un lavoro come cameriera. In questo caso la vittima era arrivata in Italia approdando con un barcone a Lampedusa, assieme ad altre 300 persone e poi trasferita in un centro di accoglienza a Verona, dove aveva scoperto l’inganno. Anche per lei immediato ritiro del passaporto e un debito di 40mila euro da pagare lavorando sulla strada tra Parma e Vicenza.
di Vincenzo Bisbiglia | 9 Luglio 2019
A stretto giro dalla pubblicazione del video, è arrivata una comunicazione ufficiale di Cotral Spa: “Il comportamento dell’autista che ha malmenato un passeggero nel tentativo di farlo scendere dal bus è inaccettabile e l’azienda ha già attivato l’iter disciplinare previsto in queste circostanze. Cotral respinge con forza ogni forma di violenza, anche perché da una prima ricostruzione e dei fatti e dalle immagini del video apparso in rete si evince chiaramente che l’autista non si trovasse in alcuna situazione di pericolo“
http://www.mediaoneonline.it/wp/2019/07/09/ragazzo-di-bagheria-picchiato-violentemente-ad-etnaland-naso-rotto-e-lividi-al-volto-colpito-anche-con-pietre/?fbclid=IwAR0bze4aWu4LPkt1GlB36RUf5JsSDipHHj8HnRHS_P1KK-Vj34VlTGxE9U4
Aggiunto il Webmaster
il 9 Luglio 2019
“Ieri pomeriggio mio figlio si trovava a Etnaland, quando un ragazzo ha rubato le ciabatte a mio nipote. Gli amici di mio figlio si sono accorti di chi le aveva prese e così sono andati a farsele ridare. Ma a un certo punto una decina di questi ragazzi ha iniziato a inveire contro di loro, procurando a mio figlio la rottura del naso, dello zigomo, problemi con mandibola, varie tumefazioni in faccia e colpendolo anche con pietre.
Tutto questo senza che nessuno intervenisse. Nessuna guardia della
struttura, nessun servizio di telecamere interne, insomma una vergogna
totale. Sono intervenuti i carabinieri e non potuto fare altro che accompagnarli al pronto soccorso dove mio figlio sarà a breve operato”.
È questo il messaggio di denuncia pubblicato dal padre del ragazzo aggredito ieri, sul tardo pomeriggio, all’interno del famoso parco divertimenti di Belpasso, nel Catanese.
Bruttissima disavventura per un giovane di Bagheria.
Il ragazzo, C.T. ieri pomeriggio è stato pestato a sangue in un parco giochi acquatico a Catania.Secondo una prima ricostruzione dei fatti, un ragazzo avrebbe rubava le ciabatte al figlio.
I genitori si sono accorti chi li aveva presi e sono andati a chiedere spiegazioni e riprenderle.
Sarebbero volate parole grosse e dalle parole si è passati ai fatti.
Una decina di persone avrebbe accerchiato il giovane bagherese, picchiandolo e procurandogli la rottura del naso, dello zigomo, problemi con mandibola e varie tumefazioni in faccia, colpendolo anche con pietre.
Pare che al pestaggio abbiano assistito altre persone che non sarebbero intervenute.
I familiari hanno denunciato l’accaduto, sottolineando che ad un certo punto sono anche intervenuti i carabinieri che hanno accompagnato il malcapitato al Pronto Soccorso.
Il giovane dovrà essere sottoposto ad un intervento.
È questo il messaggio di denuncia pubblicato dal padre del ragazzo aggredito ieri, sul tardo pomeriggio, all’interno del famoso parco divertimenti di Belpasso, nel Catanese.
Bruttissima disavventura per un giovane di Bagheria.
Il ragazzo, C.T. ieri pomeriggio è stato pestato a sangue in un parco giochi acquatico a Catania.Secondo una prima ricostruzione dei fatti, un ragazzo avrebbe rubava le ciabatte al figlio.
I genitori si sono accorti chi li aveva presi e sono andati a chiedere spiegazioni e riprenderle.
Sarebbero volate parole grosse e dalle parole si è passati ai fatti.
Una decina di persone avrebbe accerchiato il giovane bagherese, picchiandolo e procurandogli la rottura del naso, dello zigomo, problemi con mandibola e varie tumefazioni in faccia, colpendolo anche con pietre.
Pare che al pestaggio abbiano assistito altre persone che non sarebbero intervenute.
I familiari hanno denunciato l’accaduto, sottolineando che ad un certo punto sono anche intervenuti i carabinieri che hanno accompagnato il malcapitato al Pronto Soccorso.
Il giovane dovrà essere sottoposto ad un intervento.
Pugno al bimbo di 9 anni: ivoriana scatena una rissa
La
donna si era innervosita per il rumore che il bambino ed i suoi amici
stavano facendo nel cortile interno dello stabile: col supporto di due
ghanesi, l'africana ha aggredito i genitori del piccolo intervenuti in
sua difesa, mandandoli al pronto soccorso
La
donna si era innervosita per il rumore che il bambino ed i suoi amici
stavano facendo nel cortile interno dello stabile: col supporto di due
ghanesi, l'africana ha aggredito i genitori del piccolo intervenuti in
sua difesa, mandandoli al pronto soccorso
Federico Garau
- Lun, 08/07/2019 - 16:41
Sferra un pugno ad un bambino che gioca nel cortile dello stabile in cui vive, a causa dello sconsiderato gesto di una donna ivoriana scoppia una violente lite nel complesso abitativo di via Roma a Carmignano di Brenta (Padova).
L'episodio a cui si fa riferimento si è verificato durante il pomeriggio dello scorso venerdì, intorno alle 18.
La donna si sarebbe innervosita a causa del rumore prodotto dal piccolo, che stava giocando con una pistola finta insieme ad alcuni amici. Il bimbo è stato ripreso dalla 32enne africana la quale, in uno scatto d'ira, lo ha poi colpito con un pugno in faccia.
Il trambusto ha attirato l'attenzione dei vicini, compresi i genitori romeni del piccolo, vale a dire un uomo di 33 anni ed una donna di 39, che sono intervenuti scagliandosi contro l'ivoriana. Alla vista dei due, quest'ultima è scattata verso di loro e li ha aggrediti, ricevendo il pronto aiuto del compagno, un 37enne ghanese, e di un suo connazionale di 51 anni.
Nella colluttazione, durante la quale i romeni hanno avutio la peggio, il bambino è stato spinto con violenza contro un muro.
La donna si sarebbe innervosita a causa del rumore prodotto dal piccolo, che stava giocando con una pistola finta insieme ad alcuni amici. Il bimbo è stato ripreso dalla 32enne africana la quale, in uno scatto d'ira, lo ha poi colpito con un pugno in faccia.
Il trambusto ha attirato l'attenzione dei vicini, compresi i genitori romeni del piccolo, vale a dire un uomo di 33 anni ed una donna di 39, che sono intervenuti scagliandosi contro l'ivoriana. Alla vista dei due, quest'ultima è scattata verso di loro e li ha aggrediti, ricevendo il pronto aiuto del compagno, un 37enne ghanese, e di un suo connazionale di 51 anni.
Nella colluttazione, durante la quale i romeni hanno avutio la peggio, il bambino è stato spinto con violenza contro un muro.
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L'ivoriana M.G.F., il compagno ghanmese K.M. ed il connazionale di quest'ultimo K.M., sono stati ristretti agli arresti domiciliari.
denunce vs CAROLA
Riportiamo la denuncia presentata alla Procura della Repubblica di Caltanissetta contro il Gip di Agrigento, Alessandra VELLA
Di Ornella Mariani
ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA di CALTANISSETTA
La sottoscritta MARIANI FORNI Ornella, nata a xxxx il xxxx e residente in Benevento alla via xxx,
PREMESSO
che l’ordinanza di scarcerazione di Carola Rackete, Comandante della
nave o.n.g. Sea Watch 3, emessa dal GIP della Procura della Repubblica
di Agrigento Alessandra VELLA, appare basata su presupposti
giuridicamente errati;che gli Immigrati da Costei imbarcati non erano Naufraghi, ma Soggetti con destinazione predefinita;
che il reato di resistenza e violenza da Ella opposto a nave da guerra italiana avrebbe potuto degenerare in un drammatico evento in danno di Servitori dello Stato;
che il Segretario di Stato olandese per le migrazioni Ankie Groekers- Knol, prendendone le distanze, ha riconosciuto i gravissimi delitti commessi dalla Rackete;
che non può essere sfuggito al GIP:
a) l’intenzionalità della Rackete nel restare quattordici giorni in mare pur nella consapevolezza di potere, nello stesso arco temporale, raggiungere porti tunisini, algerini, marocchini, portoghesi, spagnoli, francesi, maltesi, albanesi, egiziani, croati etc.;
b) la sua determinazione a compiere un’azione politica estranea all’esercizio di un diritto e distante dall’onere di un dovere e ad arrecare un violento e deliberato insulto alle Autorità italiane ed ai Finanzieri, la cui vita metteva a repentaglio con manovra intenzionale di stampo criminale, rivelandosi socialmente pericolosa: l’ordine di accensione dei motori laterali, mirava a schiacciare la motovedetta della G.d.F. e la scriminante di cui all’art.51 appare uno scardinamento delle norme attraverso false premesse in Fatto e in Diritto. La Rackete non stava effettuando la millantata operazione di salvataggio, ma aveva prelevato i Migranti a bordo della Sea Watch 3 senza che alcuna emergenza lo esigesse, così mancando lo stato di necessità e le ipotesi di pericolo o di Forza Maggiore richiamate dall’art. 54 C.P.,
DENUNCIA
il GIP Alessandra Vella, la cui decisione offende gli interessi; i sentimenti ed i valori dello Stato italiano,
per ”Delitto contro la personalità dello stato” poiché la sua attività,
svilendo ed esautorando le Forze dell’Ordine impegnate in loco, ha
violato l’art. 241 CP nel quale è scritto: “… chiunque compia atti
diretti o idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di
esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare
l’indipendenza o l’unità dello Stato, è punito con la reclusione non
inferiore a dodici anni. La pena è aggravata se il fatto è commesso con
violazione dei doveri inerenti l’esercizio di funzioni pubbliche “ e per
quanti altri reati l’A.G. adita ravviserà.La Scrivente chiede, infine, all’A.G. di verificare se risponda al vero il compiacimento espresso dalla Vella sul Social FB per il denaro raccolto a favore della Sea Watch 3 e se Ella stessa abbia contribuito con versamenti personali, in aperta violazione dell’art. 36 comma 1, lettera C del C.P.P.: “IL Giudice ha l’obbligo di astenersi se ha dato consigli….”.
Con ogni riserva di richiesta di danni in ogni sede, quale Cittadina e Contribuente, la Sottoscritta, che trasmette copia del seguente atto anche al C.S.M. per le opportune valutazioni, chiede di essere informata dell’esito della presente denuncia ai sensi dell’art. 406 c.p.p. nel caso in cui il P.M. avanzi formale richiesta di proroga delle indagini preliminari. Chiede altresì di essere informata nel caso in cui, ai sensi dell’art. 408 c.p.p. il P.M presenti richiesta di archiviazione.
Benevento 05/07/2019
Sea Watch, denunciati parlamentari che hanno fiancheggiato la Rackete
CRONACA, NEWS lunedì, 1, luglio, 2019 CondividiRiportiamo la denuncia presentata alla Procura della Repubblica contro i parlamentari che sono saliti a bordo della nave della Ong Sea Watch ed hanno fiancheggiato e sostenuto la capitana tedesca Carola Rackete.
La sottoscritta MARIANI FORNI Ornella, nata a XXX il XXXX e residente in XXX alla via XXX n.8, col presente atto intende sottoporre al vaglio di Codesta Eccellentissima Procura della Repubblica gravissimi atti criminosi che, verificatisi fra il giorno 29 ed il giorno 30 scorsi. nelle acque italiane e circostanziati anche dai Media internazionali, a meno di una sostanziale modifica dell’Ordinamento giuridico sfuggita anche al Parlamento, renderebbero la obbligatorietà dell’azione penale d’ufficio anche nei confronti di Quanti ed a qualsiasi titolo abbiano sostenuto; fiancheggiato e condiviso le attività di tal Carola Rackete, sottoposta a misure cautelari.
Tanto PREMESSO
- certa che non sfuggano alla Procura adita elementi costituenti notitia criminis ed ai quali non può opporsi né il silenzio né la sottovalutazione giudiziaria;
- certa che in uno Stato di Diritto sia perseguibile qualsiasi Cittadino colpevole di reati, indipendentemente dalla funzione che ricopra, e che in nessun caso valga la omissione di atti dovuti;
- certa che Codesta Procura a suo tempo ha contestato al Ministro dell’Interno p.t. il reato di sequestro di Persona, benché non sfuggisse che il di lui operato fosse responsabilmente animato da Ragion di Stato: dall’interesse nazionale, alla sicurezza del territorio e alla difesa dei confini;
- certa che con grande discredito della dignità nazionale e del Governo in carica un gruppo di Parlamentari e Sodali, svilendo il senso ed il ruolo delle Istituzioni in carica, abbiano solidarizzato con la Rackete ponendo in essere una condotta antistatuale forse debordante anche nell’Alto Tradimento dei valori costituzionali;
- certa che sono mancate, nella condotta di Costoro le pur millantate ragioni umanitarie, disattese peraltro per giorni e giorni dalla stessa Rackete, la quale ha volontariamente sfidato e sprezzato l’Autorità costituita, fino a disattenderne gli ordini,
la sottoscritta CHIEDE a Codesta Procura
- se non si configurino nelle attività e nelle iniziative dei Deputati Graziano del Rio, Matteo Orfini, Davide Faraone, Riccardo Magi, Nicola Fratoianni e di Quanti Altri con Essi i reati di Associazione finalizzata alla istigazione a delinquere, il favoreggiamento della immigrazione clandestina e la complicità nei delitti commessi dalla Rackete;
- se a carico dei Suddetti non sia ravvisabile l’abuso di potere che ne aggrava le responsabilità giudiziarie e morali ove, con ogni evidenza, Essi si sono avvalsi del ruolo istituzionale nel condividere le attività criminali della Rackete;
- se a Costoro sia imputabile il concorso in tutti i reati già ascritti alla Rackete, responsabile di un atto di guerra e/o di pirateria marittima,
e DENUNCIA
i Deputati Graziano del Rio, Matteo Orfini, Davide Faraone, Nicola Fratoianni, Riccardo Magi e Quanti Altri con Essi
per tutte le ipotesi di reato che Codesta Procura vorrà valutare,
ravvisando nella loro condotta anche l’esposizione al pericolo della
vita dei membri della Guardia di Finanza e la violazione dell’ordine di
una Nave da Guerra Nazionale e delle norme sancite dal Codice di
Navigazione internazionale arrecando, infine, all’immagine dell’Italia,
del suo Establishment e del suo Popolo un indecoroso danno ed un
censurabile esempio di disobbedienza.Non sfugga, infine, alla Procura adìta che per il loro ruolo istituzionale (dal quale dovrebbero decadere) e per le circostanze di fatto, la condotta da Essi tenuta appare astrattamente idonea a determinare il rischio concreto della commissione di altri reati lesivi degli interessi e della credibilità nazionale.
Con ogni riserva di richiesta di danni in ogni sede, quale Cittadina e Contribuente, la Sottoscritta chiede di essere informata dell’esito della presente denuncia ai sensi dell’art. 406 c.p.p. nel caso in cui il P.M. avanzi formale richiesta di proroga delle indagini preliminari.
Chiede altresì di essere informata nel caso in cui, ai sensi dell’art. 408 c.p.p. il P.M presenti richiesta di archiviazione.
Benevento 01/07/2019
Il gip non ha convalidato l'arresto in quanto ha ritenuto che la motovedetta della Guardia di Finanza non fosse qualificabile come nave da guerra, poiché operava all'interno delle acque territoriali. A sostegno della propria decisione il Giudice citava una vecchia Sentenza della Corte Costituzionale, la numero 35 del 2000, che affermava che le unità navali di quel corpo armato sono considerate navi da guerra solo quando operano fuori dalle acque territoriali ovvero in porti esteri ove non vi sia un’autorità consolare".
Eppure qualcosa - secondo il legale - non torna: "La Sentenza citata dal Giudice non dice, però, questo. Dice, semmai, che i mezzi nautici della guardia di finanza, al pari di quelli della Marina Militare, sono mezzi militari e a riprova di ciò afferma, tra le altre cose, che quando operano fuori delle acque territoriali ovvero in porti esteri ove non vi sia un'autorità consolare, le sue unità navaliesercitano le funzioni di polizia proprie delle navi da guerra. Ma non escludeda nessuna parte che esse svolgano la medesima funzione anche quando operano in acque territoriali". La natura di nave da guerra delle motovedette della Guardia di Finanza è confermata, inoltre, da alcune pronunce della Suprema Corte di Cassazione, che il Giudice di Agrigento ha del tutto omesso di valutare. "Mi riferisco, in particolare, alla Sentenza numero 31403 del 14 giugno 2006, che riguarda un caso di speronamento di un'imbarcazione della Guardia di Finanza da parte di una barca privata che nel corso di un'operazione di controllo sulla pesca abusiva di molluschi non si era fermata all'alt".
Non solo, Ferrante cita anche la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay del 1982, che definisce "nave da guerra una nave che appartenga alle Forze Armate di uno Stato, che porti i segni distintivi esteriori delle navi militari della sua nazionalità e sia posta sotto il comando di un Ufficiale di Marina al servizio dello stato e iscritto nell'apposito ruolo degli Ufficiali o in documento equipollente, il cui equipaggio sia sottoposto alle regole della disciplina militare". Insomma, tutte le fonti normative e giurisprudenziali confermano la natura di nave da guerra delle motovedette della Guardia di Finanza. Le delucidazioni dell'avvocato non finiscono qui. Nel mirino anche la "scelta del porto sicuro": "Nella sua Ordinanza la Convenzione S.A.R. di Amburgo del 1979 dispone che la nave che effettua un salvataggio debba richiedere al paese competente per l'area S.A.R. l’assegnazione di un porto sicuro. Quindi, tale scelta non è lasciata alla libera valutazione e alle conoscenze personali del capitano di una nave, bensì è riservata dall'autorità marittima dello stato responsabile per l'area di ricerca e salvataggio nella quale è avvenuto il soccorso". "È inammissibile - conclude Ferrante su Livesicilia - che un soggetto privato, che opera per conto di una O.N.G., sindachi l'indicazione fornitagli dal governo legittimo di uno stato sovrano che ha aderito ad una Convenzione tra stati
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